Una controversia mediatica ha investito il programma televisivo Belve Crime dopo le pesanti accuse mosse da Fabrizio Corona nei confronti della conduttrice Francesca Fagnani e della Rai. L’ex re dei paparazzi ha sostenuto che Massimo Bossetti, il muratore condannato all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio, avrebbe ricevuto un compenso economico consistente per la sua partecipazione all’intervista trasmessa nello spin-off del celebre programma di Rai Due.
Le dichiarazioni di Corona, diffuse attraverso il suo podcast “Falsissimo”, hanno scatenato immediate reazioni da parte della produzione e della conduttrice, che hanno respinto categoricamente ogni accusa di pagamento. La vicenda ha riacceso il dibattito sui limiti etici del giornalismo televisivo quando si occupa di casi di cronaca nera particolarmente sensibili e mediaticamente rilevanti.
Le accuse di Fabrizio Corona
Nell’ultima puntata del suo formato digitale, Corona ha attaccato frontalmente la trasmissione Belve Crime, definendola “la cosa peggiore della televisione italiana degli ultimi trentacinque anni”. L’ex fotografo ha accusato la Rai di aver “demostrizzato” Bossetti, trasformandolo da detenuto condannato per omicidio in una sorta di personaggio televisivo. Secondo Corona, la produzione avrebbe corrisposto a Bossetti “una cifra a quattro zeri” per ottenere la sua disponibilità all’intervista esclusiva.
Le fonti di Corona includerebbero testimonianze di detenuti del carcere di Bollate, dove Bossetti sconta la sua pena, che inizialmente avevano parlato di una somma di 140.000 euro. Tuttavia, lo stesso Corona ha parzialmente ridimensionato questa cifra, pur mantenendo la convinzione che si tratti comunque di “una grandissima cifra, sicuramente a quattro zeri”. L’ex paparazzo ha inoltre sollevato interrogativi sulla legittimità etica dell’operazione, chiedendosi se sia giusto che il servizio pubblico televisivo paghi un condannato per l’ergastolo per un’apparizione televisiva.
La replica di Francesca Fagnani
La conduttrice di Belve ha risposto immediatamente alle accuse attraverso i suoi canali social, utilizzando una formula di smentita netta e categorica. “Non è assolutamente vero”, ha scritto Fagnani su X (ex Twitter), replicando a un utente che le chiedeva di smentire le dichiarazioni di Corona. La giornalista ha voluto chiarire definitivamente la propria posizione, negando qualsiasi forma di compenso economico nei confronti dell’intervistato.
Secondo quanto emerso da una conversazione telefonica tra Corona e Fagnani, registrata e trasmessa durante il podcast dell’ex paparazzo, la conduttrice ha difeso il proprio operato professionale sostenendo che l’intervista abbia rappresentato una forma di “risarcimento morale” per i genitori di Yara Gambirasio. Fagnani ha spiegato di aver studiato approfonditamente le carte processuali e di essere riuscita a far emergere, attraverso le sue domande incalzanti, gli aspetti più controversi della personalità di Bossetti.
La posizione ufficiale di Fremantle
La società di produzione Fremantle, che collabora con la Rai per la realizzazione di Belve Crime, ha emesso una nota ufficiale per respingere completamente le accuse di Corona. “In merito alle esternazioni del signor Fabrizio Corona, si precisa che Fremantle non ha elargito alcun compenso al signor Massimo Bossetti per la sua partecipazione al programma Belve”, si legge nel comunicato aziendale.
La società ha inoltre annunciato la propria intenzione di adire le vie legali per tutelare la reputazione dell’azienda e della giornalista Francesca Fagnani. “Fremantle si riserva di agire nelle opportune sedi legali per tutelare la verità e la reputazione dell’azienda e della giornalista”, conclude la nota ufficiale. Belve Crime è prodotto dalla Rai-Direzione Intrattenimento Prime Time in collaborazione con Fremantle Italia, che ha assunto un ruolo di primo piano nella difesa dell’operato professionale della trasmissione.
Il caso Bossetti e l’intervista controversa
Massimo Bossetti, muratore cinquantaquattrenne di Mapello, è detenuto presso il carcere di Bollate dove sconta la condanna all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio, la tredicenne scomparsa il 26 novembre 2010 e ritrovata morta tre mesi dopo in un campo di Chignolo d’Isola. La condanna definitiva è arrivata nel 2018 con la conferma della Corte di Cassazione, che ha riconosciuto Bossetti come “Ignoto 1”, il proprietario del DNA rinvenuto sugli indumenti intimi della vittima.
L’intervista, trasmessa il 10 giugno 2025 su Rai Due, ha rappresentato la prima puntata dello spin-off Belve Crime, dedicato ai casi di cronaca nera più discussi. Durante il colloquio, Bossetti ha continuato a proclamare la propria innocenza, sostenendo di essere vittima di un errore giudiziario e di “sopravvivere all’ingiustizia” che è costretto a vivere quotidianamente. Il detenuto ha inoltre rivendicato il diritto di ripetere l’esame del DNA, dichiarando di non aver mai visto personalmente l’esito scientifico delle analisi.
La controversia ha sollevato interrogativi più ampi sul ruolo del giornalismo televisivo nel trattamento dei casi di cronaca nera. Claudio Salvagni, avvocato difensore di Bossetti, ha espresso il proprio disappunto per quello che considera “uno show” piuttosto che un approfondimento giornalistico serio. “Quello che è stato fatto è uno show, e di questo mi dispiaccio. L’ho anche scritto alla Fagnani, che aveva chiesto la mia opinione”, ha dichiarato il legale.
Secondo Salvagni, la conduttrice “non ha capito chi aveva di fronte, e come sfruttare questa opportunità” per realizzare un vero giornalismo di approfondimento. Le critiche si sono estese anche al formato stesso del programma, accusato di aver “decontestualizzato” l’ambiente carcerario attraverso l’uso di tecnologie scenografiche, trasformando un detenuto condannato per omicidio in una sorta di personaggio televisivo.
La polemica ha coinvolto anche altre personalità del mondo dello spettacolo e del giornalismo. Selvaggia Lucarelli, nota opinionista, ha espresso critiche simili a quelle di Corona nei confronti dell’approccio adottato da Belve Crime, suggerendo che il confine tra informazione e intrattenimento si stia progressivamente assottigliando. Queste osservazioni hanno alimentato un dibattito più ampio sull’etica del giornalismo televisivo contemporaneo.
Corona ha inoltre rivelato di aver registrato parte di una conversazione telefonica con Fagnani, nella quale la conduttrice avrebbe ammesso di aver inizialmente nutrito “un 20% di dubbi” sulla colpevolezza di Bossetti dopo aver visto la serie Netflix dedicata al caso, ma di aver poi maturato una convinzione più salda studiando le carte processuali. Secondo Corona, questo approccio pregiudizievole avrebbe compromesso l’obiettività giornalistica dell’intervista.
La minaccia di azioni legali da parte di Fremantle rappresenta un’escalation significativa della controversia, trasformando quello che inizialmente era un dibattito mediatico in una potenziale battaglia giudiziaria. La società di produzione ha chiarito la propria intenzione di “tutelare la verità e la reputazione dell’azienda e della giornalista Francesca Fagnani” attraverso le opportune sedi legali.
La vicenda evidenzia le tensioni crescenti tra le diverse interpretazioni del ruolo del servizio pubblico televisivo nel trattamento di casi di cronaca nera particolarmente sensibili. Mentre Corona ha sollevato interrogativi sulla legittimità etica di coinvolgere detenuti condannati per crimini gravi in produzioni televisive, la produzione di Belve Crime ha difeso il proprio operato come esempio di giornalismo di approfondimento. La controversia continua a svilupparsi, con potenziali implicazioni per il futuro del programma e per i rapporti tra i protagonisti della vicenda.