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Non è più come una volta, la verità sulla Neve che scompare in Italia e dove resiste

Mentre gran parte del Paese non vede più fiocchi bianchi, alcune località italiane vivono ancora veri inverni. I dati raccontano una realtà che sorprende.

Negli ultimi dieci anni, la distribuzione della neve in Italia ha subito variazioni significative, segnando una netta diminuzione degli episodi nevosi alle basse quote e un progressivo cambiamento anche nelle aree montane. L’analisi dei dati provenienti da reti nivometriche AINEVA e ARPA regionali relative al periodo 2015–2024 evidenzia un trend di riduzione del manto nevoso, sia in termini di frequenza sia di durata, in quasi tutte le regioni italiane. Tuttavia, persistono aree dove la neve continua a rappresentare un elemento caratterizzante del clima locale, soprattutto nelle Alpi centro-orientali.

Tra le località più innevate del decennio spiccano Sella Nevea e Tarvisio, entrambe in Friuli Venezia Giulia. Queste stazioni, poste ai piedi delle Alpi Giulie, risultano le più esposte alle correnti umide da nord-est, capaci di generare precipitazioni abbondanti anche in stagioni caratterizzate da una generale scarsità di neve. In molte annate del periodo considerato, Sella Nevea ha superato cumulati stagionali di 400–500 centimetri di neve fresca, mantenendo così il primato nazionale. Tarvisio segue a breve distanza, con stagioni che ancora oggi possono registrare episodi intensi, specie durante le irruzioni fredde da est.

Nelle Alpi centrali e occidentali, località come Breuil-Cervinia, Livigno, Madesimo e Santa Caterina Valfurva continuano a distinguersi per quantitativi notevoli di neve, seppur con maggiore variabilità tra una stagione e l’altra. Le Dolomiti conservano un ruolo di rilievo con Arabba e Cortina d’Ampezzo, dove la combinazione di quota, esposizione e frequenti ritorni perturbati garantisce ancora accumuli stagionali superiori ai due metri. Anche Limone Piemonte, nelle Alpi Marittime, conferma la sua tradizionale abbondanza nevosa, alternando stagioni eccezionali ad altre più avare. Nel complesso, il decennio 2015–2024 mostra come le aree alpine oltre i 1.200 metri continuino a ricevere quantità significative di neve, ma con una crescente irregolarità e una tendenza generale a stagioni più brevi e concentrate.

Il quadro cambia radicalmente se si osservano le città di pianura e bassa collina. I dati climatologici e i rapporti annuali delle ARPA mostrano una riduzione sensibile delle giornate con nevicata in gran parte della Pianura Padana. Brescia, un tempo soggetta a eventi nevosi anche consistenti, ha registrato negli ultimi dieci anni solo pochi episodi degni di nota. La stessa tendenza si riscontra a Milano, Cremona e Mantova, dove la frequenza di neve al suolo è ormai inferiore a uno o due eventi significativi per stagione. Al contrario, la pianura friulana e veneta mantiene una maggiore propensione alle nevicate: città come Udine, Pordenone, Treviso e Vicenza registrano ancora diversi episodi ogni inverno, grazie all’influenza delle correnti fredde orientali e all’effetto di sbarramento orografico delle Prealpi. In Emilia-Romagna, località come Piacenza e Parma mostrano una discreta tenuta in termini di ricorrenza, specialmente nei casi di rientro freddo da nord-est, mentre Ferrara e Forlì hanno conservato una modesta frequenza di eventi, pur in netto calo rispetto ai decenni precedenti.

Nel complesso, la tendenza climatica del decennio 2015–2024 delinea un’Italia dove la neve è diventata più rara in pianura e più irregolare anche in montagna. Il riscaldamento medio osservato, unito a un innalzamento costante dello zero termico, ha ridotto le occasioni di precipitazione nevosa sotto i 1.000 metri, trasformando molti degli eventi un tempo invernali in piogge a carattere misto. I dati ARPA e AINEVA mostrano inoltre una diminuzione della durata media del manto nevoso anche alle alte quote, segnale coerente con l’aumento delle temperature e la maggiore frequenza di episodi di fusione precoce.

L’Italia del 2024 non è più quella delle grandi nevicate diffuse degli anni Ottanta o Novanta. Oggi la neve rimane un fenomeno prevalentemente alpino, concentrato in aree limitate e dipendente da specifiche configurazioni atmosferiche. Se le Alpi orientali continuano a garantire accumuli importanti, la pianura padana e i versanti appenninici mostrano ormai un clima invernale sempre più mite e discontinuo. Gli ultimi dieci anni segnano dunque un cambio di paradigma: la neve non è scomparsa, ma è diventata un evento più raro, localizzato e imprevedibile, un indicatore tangibile di un clima in trasformazione. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!