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Bari, miele al neonato che rischia di morire per botulismo infantile: salvato dai medici

Neonato di sei mesi ricoverato d’urgenza al Giovanni XXIII di Bari per sospetto botulismo infantile dopo ingestione di miele.
Immagine creata a scopo dimostrativo - NewsGroup AI

Un neonato di sei mesi è stato ricoverato d’urgenza all’ospedale pediatrico Giovanni XXIII di Bari con un quadro clinico compatibile con botulismo infantile, dopo l’ingestione di una piccola quantità di miele somministrata in ambito domestico. Il piccolo, giunto in pronto soccorso con sintomi progressivi di ipotonia, difficoltà nell’alimentazione e riduzione dei riflessi, è stato immediatamente preso in carico da un’équipe multidisciplinare che ha attivato i protocolli di gestione per sospetto botulismo, disponendo gli accertamenti diagnostici e le misure di supporto respiratorio necessarie in un contesto di emergenza. La rapidità dell’intervento ha consentito di stabilizzare le funzioni vitali, monitorare l’evoluzione del quadro neuromuscolare e avviare la terapia di supporto nell’attesa della conferma laboratoristica, secondo le linee operative previste per una patologia rara ma potenzialmente letale in età pediatrica.

Il caso, che richiama una delle raccomandazioni più consolidate della pediatria preventiva, riporta all’attenzione pubblica la controindicazione assoluta alla somministrazione di miele ai bambini di età inferiore ai dodici mesi, in ragione del rischio di esposizione alle spore di Clostridium botulinum, capaci di colonizzare l’intestino immaturo dei lattanti e produrre in situ la neurotossina responsabile della paralisi flaccida. A differenza delle forme alimentari classiche, in cui la tossina è già presente nell’alimento contaminato, il botulismo infantile si sviluppa dopo l’ingestione di spore che germinano nel lume intestinale, con un’incubazione variabile e un esordio subdolo, spesso con stipsi, letargia, ipotonia del tronco e degli arti, pianto flebile, scarsa suzione e, nei quadri più severi, insufficienza respiratoria che impone il ricorso alla ventilazione assistita. In tali condizioni, la finestra temporale delle prime ore riveste un’importanza cruciale per ridurre complicanze e tempi di degenza, come dimostrato dalla presa in carico tempestiva garantita dai sanitari del presidio barese.

L’ospedale Giovanni XXIII, riferimento regionale per le emergenze pediatriche complesse, ha attuato un percorso diagnostico-terapeutico che, in presenza di un sospetto clinico fondato e di un’anamnesi compatibile con l’esposizione a miele, prevede la raccolta di campioni biologici per la ricerca della tossina e delle spore, il supporto nutrizionale, la sorveglianza respiratoria in area ad alta intensità di cura e, quando indicato, la somministrazione di immunoglobuline antitossina specifiche per l’età pediatrica, considerate lo standard di cura per ridurre la durata della malattia e l’intensità della debolezza muscolare. Nel caso in esame, secondo quanto si apprende in ambienti sanitari, il coordinamento tra pronto soccorso, terapia intensiva pediatrica e microbiologia ha consentito di organizzare in modo rapido l’iter di conferma e la strategia terapeutica, con un progressivo miglioramento del quadro clinico nelle ore successive al ricovero e il mantenimento di parametri vitali stabili.

La letteratura scientifica riconosce nel miele la principale fonte alimentare associata ai casi di botulismo infantile, sebbene l’incidenza complessiva sia bassa e la patologia resti rara nei Paesi europei. La vulnerabilità dei lattanti è legata alla flora intestinale non pienamente sviluppata e a un pH più favorevole alla germinazione delle spore, condizioni che si modificano con la crescita, rendendo l’esposizione molto meno rischiosa dopo il compimento del primo anno. Pur trattandosi di un evento infrequente, le conseguenze possono essere gravi e comportare degenze prolungate, necessità di ventilazione meccanica e riabilitazione neuromotoria, motivo per cui le società scientifiche di pediatria e igiene degli alimenti ribadiscono da anni l’indicazione di evitare qualunque quantità di miele in età inferiore ai dodici mesi, indipendentemente dalla provenienza del prodotto, dalla modalità di conservazione o dai presunti benefici tradizionalmente attribuiti a questo alimento.

Nel contesto operativo ospedaliero, la diagnosi differenziale impone di escludere altre cause di ipotonia e difficoltà alimentare nel lattante, come patologie neuromuscolari congenite, infezioni del sistema nervoso centrale, intossicazioni da altri agenti e disordini metabolici. L’anamnesi di recente somministrazione di miele, anche in piccole dosi e talvolta come rimedio casalingo per sedare la tosse o come dolcificante nelle prime pappe, rappresenta un elemento fortemente orientante, mentre l’obiettività neurologica con deficit dei nervi cranici, ptosi palpebrale, difficoltà di suzione e deglutizione, associata a ipotonia generalizzata, rafforza l’ipotesi clinica. L’avvio di un monitoraggio continuo, con possibilità di intervento respiratorio, costituisce la misura prudenziale più importante nelle prime fasi, in attesa del riscontro laboratoristico, che può richiedere tempi non compatibili con la gestione della fase acuta.

La vicenda di Bari evidenzia il ruolo della comunicazione sanitaria nel prevenire eventi evitabili attraverso messaggi chiari e coerenti indirizzati a famiglie e caregiver, soprattutto nei primi mesi di vita del bambino. Nonostante le raccomandazioni siano consolidate e facilmente reperibili sui canali istituzionali, la persistenza di pratiche domestiche basate su consuetudini o suggerimenti informali può generare esposizioni non necessarie. La chiarezza delle indicazioni, la loro ripetizione in occasione delle visite pediatriche programmate e il coinvolgimento dei consultori e dei punti nascita risultano elementi determinanti per ridurre ulteriormente il numero di casi, con un beneficio evidente in termini di salute pubblica e di riduzione del carico assistenziale sulle strutture di emergenza.

Il percorso clinico del neonato ricoverato a Bari, secondo quanto emerge dalle informazioni disponibili, segue l’evoluzione attesa nei quadri trattati precocemente, con graduale ripresa del tono muscolare e miglioramento dell’efficacia della suzione, sotto stretta osservazione per la prevenzione di ricadute e per l’identificazione tempestiva di eventuali complicanze. In simili casi, una volta superata la fase critica, il follow-up comprende valutazioni neurologiche e nutrizionali programmate, finalizzate a documentare il recupero funzionale, ottimizzare l’apporto calorico nelle settimane successive alla dimissione e monitorare l’eventuale necessità di supporti riabilitativi mirati. La prognosi dipende dall’ampiezza dell’interessamento neuromotorio e dalla rapidità della presa in carico, ma gli esiti favorevoli sono più probabili quando l’assistenza intensiva viene attivata in tempi contenuti, come avvenuto nel contesto barese.

Le autorità sanitarie richiamano inoltre l’attenzione sull’importanza della tracciabilità dei prodotti e della corretta informazione in etichetta, pur precisando che, anche in presenza di indicazioni chiare, la responsabilità ultima della somministrazione resta in ambito domestico. Il miele, alimento sicuro per bambini più grandi e adulti, non può essere considerato innocuo nel primo anno di vita, e nessuna tecnica casalinga di diluizione o riscaldamento garantisce l’inattivazione delle spore. La prevenzione, in questo ambito, coincide con l’astensione totale dall’offerta di miele ai lattanti e con l’adozione di misure igieniche generali nella preparazione degli alimenti, compresi gli omogeneizzati e le pappe, evitando contaminazioni crociate e conservazioni improprie che potrebbero favorire la moltiplicazione batterica di altri patogeni.

In parallelo, i clinici sottolineano come la gestione del sospetto botulismo infantile richieda una rete organizzativa efficiente, capace di assicurare la disponibilità di immunoglobuline specifiche, l’accesso a laboratori di riferimento per la conferma diagnostica e la condivisione di protocolli aggiornati tra pronto soccorso, pediatria, terapia intensiva e servizi territoriali. L’esperienza maturata in queste circostanze consente di affinare i percorsi interni e di diffondere consapevolezza anche oltre l’ambito ospedaliero, promuovendo comportamenti informati nelle famiglie e nei caregiver e contribuendo a ridurre la probabilità di nuovi casi.

L’episodio barese, conclusosi con il salvataggio del piccolo paziente grazie alla prontezza e alla coordinazione dei professionisti del Giovanni XXIII, riporta dunque al centro del dibattito una misura di prevenzione semplice e non negoziabile nel primo anno di vita: evitare la somministrazione di miele in ogni forma e quantità. L’aderenza a tale indicazione, unita alla tempestività nel riconoscimento dei segnali di allarme e all’accesso rapido alle cure specialistiche, rappresenta la strategia più efficace per ridurre al minimo l’impatto clinico e sociale di una patologia rara ma insidiosa, che può essere contrastata con successo attraverso una corretta informazione e una rigorosa applicazione dei protocolli assistenziali. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!