La Procura di Milano ha chiesto l’amministrazione giudiziaria per Tod’s spa, il colosso della pelletteria e calzature guidato da Diego e Andrea Della Valle, per presunta agevolazione colposa dello sfruttamento lavorativo nella propria catena di fornitura. La richiesta del pubblico ministero Paolo Storari si inserisce nella più ampia inchiesta milanese sul caporalato nei settori dell’alta moda e del lusso, che ha già colpito altri marchi prestigiosi come Loro Piana, Armani Operations, Manufactures Dior e Valentino Bags Lab.
Secondo le contestazioni formulate dalla Procura, Tod’s avrebbe violato l’articolo 34 del codice antimafia per “carenze organizzative” e “mancati controlli” che agevolano “colposamente” appaltatori e subappaltatori gravemente indiziati di caporalato. L’accusa non riguarda una condotta diretta di sfruttamento, ma piuttosto una presunta negligenza nel vigilare sui propri fornitori lungo una catena produttiva che attraversa diversi livelli di subappalto.
Le indagini condotte dai carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Milano hanno ricostruito un sistema di sfruttamento che coinvolge opifici gestiti da imprenditori di origine cinese, sia nell’area milanese che nelle Marche. Nei laboratori marchigiani “Wang Junii” a Monte San Giusto (Macerata) e “Lucy srls” a Torre San Patrizio (Fermo), fornitore e subfornitore di Tod’s dove venivano lavorate tomaie e altri componenti per calzature, gli ispettori hanno riscontrato che i lavoratori venivano retribuiti a cottimo, con paghe orarie nette comprese tra 2,75 e poco più di tre euro, ben al di sotto della metà dei dieci euro previsti dal contratto nazionale di categoria.
Anche nell’area milanese sono emersi episodi di sfruttamento nelle fabbriche “Zen confezioni srl” a Baranzate e “Li Quingdong”, dove venivano realizzate le divise aziendali per i dipendenti dei punti vendita Tod’s. In questo caso specifico, tuttavia, la Corte d’Appello di Milano ha escluso responsabilità dirette per l’azienda marchigiana, considerando Tod’s come un “cliente” che richiede una fornitura di prodotti e non come un’impresa che realizza direttamente prodotti destinati al mercato.
La questione dell’amministrazione giudiziaria per Tod’s è complicata da un problema di competenza territoriale. Il Tribunale di Milano aveva inizialmente respinto la richiesta della Procura stabilendo che la competenza spettasse alle autorità giudiziarie marchigiane, dato che la società ha sede legale a Sant’Elpidio a Mare (Fermo) e che la maggior parte dei casi di presunto sfruttamento si sono verificati nel territorio marchigiano. La Corte d’Appello di Milano ha successivamente confermato questa posizione, pur riconoscendo l’esistenza di evidenze per procedere.
La Cassazione è chiamata a decidere il 19 novembre quale autorità giudiziaria sia competente a valutare il caso. La richiesta della Procura milanese di impugnare la decisione sulla competenza territoriale dimostra la determinazione dei magistrati a procedere con l’inchiesta, considerando centrale il ruolo di Milano come hub delle indagini sul caporalato nell’alta moda italiana.
Tod’s ha confermato di aver ricevuto la notifica dell’udienza del 19 novembre, ma ha dichiarato di non essere a conoscenza di ulteriori dettagli sul merito delle contestazioni. L’azienda ha ribadito attraverso una nota ufficiale: “Tod’s rispetta la normativa vigente, compresa quella sul lavoro, e vengono effettuati controlli costanti sui laboratori che selezioniamo e utilizziamo, i quali sottoscrivono accordi, prima di iniziare a lavorare con il nostro gruppo, che garantiscono la qualità dell’ambiente di lavoro dei loro dipendenti e il rispetto dei contratti nazionali di lavoro”.
L’inchiesta su Tod’s rappresenta il sesto caso di richiesta di amministrazione giudiziaria per un marchio del lusso dall’inizio del 2024. Il fenomeno evidenzia come il sistema produttivo dell’alta moda italiana sia caratterizzato da complesse catene di subappalto che spesso rendono difficile il controllo delle condizioni di lavoro nei livelli più bassi della filiera. Per i magistrati milanesi, questa situazione configura una forma di “agevolazione colposa” dello sfruttamento lavorativo, che giustifica l’intervento delle misure di prevenzione antimafia.
Il caso Tod’s si inserisce in un contesto più ampio di ristrutturazione dell’industria della moda, dove la pressione sui costi ha portato molte aziende a esternalizzare la produzione attraverso catene di appalto sempre più articolate. Secondo le indagini, questo sistema permette alle aziende committenti di mantenere elevati margini di profitto trasferendo i rischi e la responsabilità sui livelli inferiori della catena produttiva, spesso caratterizzati da condizioni di lavoro precarie e salari sotto la soglia minima contrattuale.
L’eventuale applicazione dell’amministrazione giudiziaria comporterebbe la nomina di un amministratore giudiziario che affiancherebbe il management aziendale per un periodo determinato, con l’obiettivo di bonificare la catena di fornitura e implementare sistemi di controllo più efficaci. La misura non implica necessariamente l’interruzione dell’attività produttiva, ma richiede l’adozione di protocolli stringenti per garantire il rispetto delle norme sul lavoro lungo tutta la filiera.
Il patron di Tod’s Diego Della Valle ha più volte sottolineato l’importanza di difendere la reputazione del made in Italy, affermando in recenti interviste che “quando un marchio è importante e ha una reputazione forte, non vale la pena cercare piccole scorciatoie che dal punto di vista finanziario non aiutano molto, ma dal punto di vista dell’immagine possono essere disastrose”. Queste dichiarazioni assumono particolare rilevanza nel contesto dell’inchiesta in corso, dove l’azienda dovrà dimostrare la solidità dei propri sistemi di controllo sulla catena di fornitura. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!