Una riforma del condominio prende forma in Parlamento e promette di rivoluzionare la gestione degli edifici residenziali italiani. Il disegno di legge 2692, presentato l’undici novembre 2025 alla Camera dei Deputati dalla deputata di Fratelli d’Italia Elisabetta Gardini insieme ad altri nove parlamentari, interviene su uno dei nodi più critici del sistema civile nazionale: la disciplina condominiale, responsabile da sola del trentacinque per cento del contenzioso civile in Italia.
La proposta legislativa, composta da diciassette articoli, ridisegna profondamente il profilo dell’amministratore di condominio, introduce la figura obbligatoria del revisore contabile, impone la tracciabilità totale dei pagamenti e, aspetto più controverso, stabilisce che i condòmini in regola con i versamenti possano essere chiamati a rispondere dei debiti contratti dai morosi nei confronti dei fornitori. Un cambiamento che secondo i promotori mira a garantire trasparenza e professionalità, ma che secondo le associazioni di categoria e parte della stessa maggioranza di governo rischia di generare costi insostenibili e ingiustizie per i cittadini virtuosi.
Amministratori laureati e albo nazionale: la professionalizzazione forzata
La riforma segna una svolta netta per la figura dell’amministratore di condominio. Per esercitare la professione diventerà necessario possedere una laurea, anche triennale, in materie economiche, giuridiche o scientifiche e tecnologiche. Una misura che eleva significativamente il livello di qualificazione richiesto, ma che taglia fuori molti professionisti storici privi di titolo accademico. Il testo prevede tuttavia una clausola di salvaguardia per gli amministratori già iscritti ad albi, ordini o collegi dell’area economica, giuridica o tecnica, inclusi geometri, periti e ragionieri, che potranno continuare ad esercitare senza necessità del titolo universitario.
Parallelamente viene istituito presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy un elenco nazionale ufficiale degli amministratori di condominio e dei revisori contabili condominiali. L’iscrizione a questo registro diventerà condizione imprescindibile per esercitare la professione, con sanzioni che vanno da mille trentadue euro fino a cinquemila centosessanta euro per chi opera senza essere registrato. La formazione obbligatoria viene rafforzata: le ore di aggiornamento annuale passano da quindici a venti, con contenuti specifici su diritto, contabilità, fiscalità e sicurezza, erogati da responsabili scientifici qualificati.
Tra le novità apprezzate dagli stessi operatori del settore figura il rinnovo automatico dell’incarico annuale dell’amministratore, che avverrà di anno in anno salvo parere contrario dell’assemblea. Questo elimina il problema ricorrente delle assemblee che non riuscivano a raggiungere la maggioranza di cinquecento millesimi a causa dell’assenza di numerosi condòmini, lasciando l’amministratore in carica solo con forti limitazioni operative.
Il revisore obbligatorio: più controlli ma anche più spese
Una delle innovazioni più impattanti riguarda l’introduzione della figura del revisore condominiale certificato, terzo e indipendente, obbligatorio nei condomìni con più di venti partecipanti, oppure con più di sessanta unità nei casi di supercondominio. Il revisore avrà il compito di verificare la contabilità e certificare il rendiconto condominiale redatto dall’amministratore, con deposito presso la Camera di Commercio competente. L’incarico avrà durata biennale e non sarà rinnovabile, per garantire autonomia e imparzialità. Anche il revisore dovrà essere iscritto nell’elenco nazionale presso il Ministero delle Imprese e risponderà personalmente del proprio operato.
Se l’assemblea non provvede alla nomina del revisore, la legge prevede che possa intervenire l’autorità giudiziaria su ricorso di un singolo condomino. Questa disposizione mira a prevenire inerzie assembleari, ma solleva preoccupazioni concrete tra gli amministratori e le associazioni di categoria. L’Associazione Nazional-europea Amministratori d’Immobili ha lanciato un allarme preciso: inserire nella gestione delle parti comuni e del bilancio una seconda professionalità significa aumentare le spese per i condòmini, in un quadro economico che ha visto crescere la morosità di almeno il venti per cento. Il presidente Giuseppe Bica ha sottolineato che lo stesso obbligo di revisione dei bilanci rappresenta un costo pesantissimo, che sarà scaricato sui cittadini e sui professionisti.
Stop al contante: tracciabilità totale dei flussi finanziari
Sul fronte della gestione finanziaria, il testo impone lo stop definitivo al contante. Tutti i pagamenti, in entrata e in uscita, dovranno transitare obbligatoriamente su un conto corrente bancario o postale intestato al condominio. Una misura che mira a ridurre le contestazioni sui rendiconti, tradizionalmente uno dei principali terreni di scontro nei tribunali, ma che elimina la possibilità attualmente vigente di saldare in contanti le quote fino alla soglia dei cinquemila euro.
Sebbene la tracciabilità sia uno strumento di trasparenza indiscutibile, l’eliminazione totale del contante anche per cifre modeste si traduce in un vantaggio netto per gli istituti di credito, che gestiranno l’intera massa monetaria delle spese condominiali, e in un ulteriore vincolo burocratico per i cittadini, specialmente per le persone anziane meno avvezze all’home banking. I rendiconti annuali dovranno offrire una fotografia completa e dettagliata della situazione patrimoniale, comprese le morosità pregresse, seguendo criteri decisamente più stringenti: si applicherà il criterio di cassa, verrà redatta una situazione patrimoniale e uno stato di ripartizione dei costi relativi all’anno di esercizio con evidenza dei conguagli di fine gestione e di quelli precedenti, per tutti i condòmini.
Morosi: la norma più controversa che ribalta le responsabilità
La disposizione destinata a generare maggiore dibattito riguarda la gestione della morosità. Attualmente i fornitori del condominio possono rifarsi dei mancati pagamenti soltanto con i morosi stessi, previa certificazione dell’amministratore. Con la riforma, invece, i creditori potranno agire sulle somme disponibili sul conto corrente condominiale per l’intero credito vantato e, in via sussidiaria, sui beni dei condomini nella misura della morosità di ciascuno. Per il residuo debito, dopo l’infruttuosa escussione dei morosi, i creditori potranno agire nei confronti dei condòmini in regola con i pagamenti, i quali rispondono in proporzione alla quota di partecipazione alla spesa e hanno azione di regresso contro i morosi per quanto ancora dovuto da ciascuno di essi.
In pratica, chi paga regolarmente si troverà a coprire i debiti altrui prima di poter recuperare i soldi attraverso l’azione di regresso. Questa previsione rafforza la tutela dei fornitori, ma rischia di scaricare sui cittadini virtuosi il peso delle insolvenze altrui. L’associazione Assoutenti ha definito sbagliate le misure previste, sottolineando che solleverebbero profili di forte criticità costituzionale, mettendo nel mirino proprio la previsione secondo cui, in caso di morosità di uno o più condòmini, le conseguenze economiche debbano ricadere sull’intero condominio.
Anche le tempistiche per il recupero delle quote non versate cambiano. L’amministratore non sarà più tenuto ad avviare i decreti ingiuntivi entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio contabile, ma solo dopo l’approvazione del rendiconto, che può avvenire entro centottanta giorni. Un vantaggio per i morosi, che vedono allungati i tempi per il recupero crediti, ma un elemento che complica ulteriormente la posizione dei condòmini in regola.
Sicurezza e lavori straordinari: nuovi obblighi e poteri ampliati
La proposta di legge rafforza gli obblighi in materia di sicurezza delle parti comuni. Le informazioni relative alla sicurezza delle parti comuni dell’edificio dovranno essere verificate e certificate da una società specializzata, introducendo una certificazione annuale affidata a professionisti esterni incaricati di verificare la conformità degli impianti e delle strutture. L’amministratore avrà poteri ampliati: potrà ordinare interventi urgenti anche senza votazione dell’assemblea, se necessari per evitare rischi penali o civili.
Per la manutenzione straordinaria diventa obbligatorio costituire subito il fondo spese, senza più la possibilità di finanziare i lavori in base allo stato di avanzamento. Il fondo speciale andrà costituito immediatamente e non si potrà più seguire l’andamento dei lavori per chiedere i soldi ai condòmini. Un giro di vite che punta a evitare cantieri bloccati e conti in rosso, ma che impone una disponibilità finanziaria immediata che potrebbe risultare difficile da reperire per molti condomìni.
Viene inoltre istituzionalizzata la figura del responsabile della protezione dei dati personali, che l’assemblea dovrà nominare con la stessa maggioranza prevista per l’amministratore, in linea con gli obblighi imposti dal Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati.
La maggioranza divisa: Lega e Forza Italia frenano, Fratelli d’Italia apre al confronto
Il disegno di legge 2692 è stato assegnato alla Commissione Giustizia della Camera il sedici dicembre 2025, dando il via ufficiale all’esame parlamentare. Tuttavia, la proposta ha già acceso un vivace dibattito politico che spacca la stessa maggioranza di governo. La Lega ha bocciato la riforma con toni netti: fonti del partito hanno dichiarato che la riforma bis del condominio presenta evidenti criticità e non è condivisa. Il vicepremier Matteo Salvini ha affermato ai microfoni di RTL 102.5 che non ci saranno nuove norme e nuova burocrazia per i condomìni e per gli inquilini che adempiono al loro dovere. Alberto Luigi Gusmeroli, deputato e responsabile fisco del Carroccio, ha detto no a progetti di legge che favoriscono i furbetti del condominio.
Anche Forza Italia ha manifestato perplessità. Il senatore Roberto Russo, responsabile casa per il partito, ha annunciato la volontà di presentare a gennaio una proposta di riforma sulla disciplina dei condomìni con meno burocrazia, regole certe e moderne, amministrazioni più efficienti e responsabili. Maurizio Lupi, presidente di Noi Moderati, ha sottolineato che la riforma non deve trasformarsi in un ulteriore appesantimento burocratico per cittadini e amministratori.
Di fronte alle critiche, il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera Galeazzo Bignami ha cercato di stemperare gli animi, definendo la proposta come una delle tante in discussione alla Camera che ha la finalità di tutelare i proprietari e i condomini onesti. Bignami ha chiesto un confronto con tutti i soggetti in grado di costruire una posizione di buon senso, sottolineando che senza questo dialogo costruttivo Fratelli d’Italia ritiene che non potrà proseguire il suo iter. La deputata Elisabetta Gardini ha manifestato la piena volontà di proseguire l’interlocuzione con le associazioni di categoria per recepire proposte migliorative ed emendative.
L’opposizione non ha risparmiato critiche. Il capogruppo dem della commissione Bilancio della Camera Ubaldo Pagano ha affermato che all’interno della maggioranza ci sono grossi problemi e che questa legge è grave perché saranno chiamati a pagare i condomini solventi per coloro che non lo faranno. La senatrice del Partito Democratico Simona Malpezzi ha attaccato la maggioranza di governo, parlando di una stangata pesante per chi è in regola con le normative condominiali.
Le preoccupazioni degli operatori: più burocrazia, meno soluzioni
Le associazioni degli amministratori di condominio hanno espresso forte preoccupazione per gli impatti della riforma. L’Associazione Nazional-europea Amministratori d’Immobili ha lanciato un allarme dettagliato: il disegno di legge non farebbe che rendere ancora più onerosa l’attività dell’amministratore, senza fornire soluzioni realistiche ai problemi di gestione condominiale. L’associazione prevede la crescita degli adempimenti burocratici, con il conseguente aggravio di costi e risorse per gli amministratori, in un contesto in cui i dati mostrano che la morosità è aumentata di almeno il venti per cento.
Nonostante le critiche complessive, l’ANAMMI si è dichiarata d’accordo su alcuni aspetti della riforma. L’abolizione dell’amministratore-condomino privo di requisiti professionali rappresenta una vecchia battaglia dell’associazione. Anche la revisione in materia di rinnovo dell’incarico e sul fondo speciale per i lavori sono novità apprezzabili. Tuttavia, l’associazione ha criticato il metodo, sottolineando che una riforma così delicata avrebbe richiesto un ampio coinvolgimento delle realtà del settore, anche per evitare misure che rischiano di complicare ulteriormente la gestione condominiale senza incidere sulle criticità strutturali.
I dati confermano la dimensione del problema affrontato dalla riforma. Nel Nordest, in particolare, si conta un condomino moroso ogni cinque, secondo quanto emerso dalle stime delle associazioni degli amministratori di stabili. A livello nazionale, il trentacinque per cento del contenzioso civile in Italia è rappresentato da controversie condominiali e, tra queste, le impugnazioni dei rendiconti e i procedimenti per la riscossione forzosa dei contributi condominiali rappresentano una parte sempre più significativa.
Una riforma che promette trasparenza ma chiede più soldi
Il disegno di legge viene definito aperto e accompagnato dall’annuncio di tavoli tecnici con professionisti e associazioni. Tuttavia, la direzione tracciata appare chiara: più controllo, più responsabilità, meno flessibilità. Per i condòmini significa una cosa sola: maggiore tutela sul piano della regolarità, ma anche la consapevolezza che vivere in condominio costerà di più. Il concetto di tutti per uno non sarà più solo una formula retorica, ma una responsabilità economica concreta che potrebbe ricadere anche su chi ha sempre adempiuto ai propri obblighi.
L’assunto di partenza della proposta di legge considera ormai anacronistica la figura del condomino-amministratore privo di qualsivoglia formazione, il quale non può più garantire gli interessi del condominio e degli altri soggetti coinvolti, ancor meno quelli economico-sociali, e che ciò nonostante ancora oggi può occuparsi della gestione di immobili anche molto complessi, con i conseguenti e gravosi carichi di responsabilità. La professionalizzazione forzata punta a ridurre contenziosi e irregolarità, ma inevitabilmente comporterà nuovi costi di gestione.
L’iter parlamentare è appena iniziato e la proposta dovrà affrontare un percorso complesso, tra emendamenti, confronti tecnici e mediazioni politiche. La volontà espressa dai promotori di aprire un tavolo di confronto con tutte le parti interessate lascia spazio a possibili modifiche sostanziali del testo originario. Resta da vedere se il Parlamento riuscirà a trovare un equilibrio tra l’esigenza di garantire maggiore professionalità e trasparenza nella gestione condominiale e la necessità di non gravare ulteriormente su cittadini e amministratori con nuovi costi e adempimenti burocratici. La riforma del condominio, tredici anni dopo la precedente del 2012, si presenta come un banco di prova significativo per la capacità della politica di rispondere alle esigenze concrete dei cittadini senza generare effetti collaterali indesiderati. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!
