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Brescia, sul Castello spunta lo striscione con la scritta “Remigrazione” -VIDEO-

Nella notte del 10 ottobre 2025, dalla torre Coltrina del Castello di Brescia è stato calato uno striscione di 15 metri con la scritta “Remigrazione”.

Nella serata del 10 ottobre 2025, la città di Brescia è stata teatro di un’iniziativa eclatante che ha visto il cuore storico della città, il Castello, trasformarsi in palcoscenico per una protesta dai toni identitari. Dalla torre Coltrina, struttura cilindrica risalente alla fine del XV secolo e situata nell’area settentrionale del complesso fortificato, è stato calato uno striscione di 15 metri recante una sola parola: Remigrazione. L’azione, accompagnata dall’accensione di fumogeni tricolori che hanno illuminato l’intera zona, è stata rivendicata dal comitato bresciano Remigrazione e Riconquista, nato dall’unione di diverse realtà identitarie della destra radicale italiana.

L’iniziativa, documentata attraverso immagini e video diffusi sui canali social del movimento, rappresenta una delle tappe di una campagna nazionale più ampia volta a portare il tema della remigrazione al centro del dibattito pubblico. Nei giorni precedenti al blitz del Castello, alcuni esponenti delle sigle coinvolte avevano postato richieste di collaborazione per reperire esperti nel volo di droni, elemento che ha permesso la documentazione aerea dell’azione notturna. Lo striscione è stato esposto intorno alle 21.45, creando un notevole impatto visivo sul simbolo stesso della città, quel Falcone d’Italia che domina il colle Cidneo da secoli e che rappresenta una delle fortezze meglio conservate del nord Italia.

Il comitato Remigrazione e Riconquista è una coalizione nata su iniziativa di quattro realtà fondatrici della destra identitaria italiana: CasaPound Italia, Rete dei Patrioti, Veneto Fronte Skinheads e Brescia Ai Bresciani. Quest’ultima formazione, attiva sul territorio bresciano dal 2015, ha come presidente Jacopo Massetti, consigliere comunale eletto a Collebeato. La proposta politica presentata dal comitato lo scorso 6 settembre a Grosseto, durante la festa nazionale di CasaPound denominata Direzione Rivoluzione, si articola in dieci punti programmatici che delineano una visione radicale della gestione dei flussi migratori.

Tra i punti cardine della proposta figurano il maggior controllo dei flussi migratori, la confisca dei mezzi produttivi alle realtà imprenditoriali accusate di sfruttare l’immigrazione, l’espulsione immediata e totale degli irregolari, la nascita dell’Istituto della Remigrazione e l’introduzione del Patto di Remigrazione Volontaria. Il documento prevede inoltre la creazione di un Fondo Nazionale per la Remigrazione, lo stop alle organizzazioni non governative definite complici del traffico migratorio, l’abolizione dell’attuale decreto flussi, politiche per favorire il ritorno degli italo-discendenti, l’istituzione di un Fondo per la Natalità Italiana e la revisione dei criteri di assegnazione di case popolari e asili nido con priorità assoluta alle famiglie italiane.

L’obiettivo dichiarato del comitato è quello di raccogliere almeno 50.000 firme per presentare una proposta di legge di iniziativa popolare in Parlamento. Nei comunicati diffusi attraverso i canali ufficiali, gli organizzatori hanno affermato che se il progetto di legge sulla remigrazione venisse approvato, rappresenterebbe una svolta non solo per la nazione italiana ma per l’Europa intera. L’iniziativa del Castello di Brescia rientra dunque in una strategia coordinata su scala nazionale, con azioni simili già realizzate in numerose città italiane a partire dalla fine di settembre, quando nella stessa notte sono comparsi centinaia di striscioni con la medesima parola d’ordine dal nord al sud della penisola.

Il termine remigrazione, fino a pochi anni fa utilizzato in contesti neutri per descrivere il fenomeno del rientro volontario di migranti nei paesi d’origine, è stato negli ultimi anni rilanciato e ridefinito dall’attivista austriaco Martin Sellner, leader del movimento identitario austriaco e figura centrale della cosiddetta Neue Rechte nei paesi germanofoni. Sellner, nato a Vienna nel 1989 e cofondatore nel 2012 del movimento identitario austriaco, ha trasformato il concetto in un progetto politico articolato che prevede il reimpatrio forzato da parte dello Stato nei confronti di cittadini considerati stranieri o non assimilabili. La sua visione si fonda sulla teoria complottista della sostituzione etnica, secondo cui le élite globaliste starebbero deliberatamente sostituendo le popolazioni bianche europee con migranti provenienti da Africa e Medio Oriente.

Il 17 maggio 2025, Sellner ha organizzato a Gallarate, in provincia di Varese, il primo Remigration Summit, convegno internazionale che ha riunito circa 400 tra attivisti, militanti e simpatizzanti dell’estrema destra europea. All’evento hanno partecipato esponenti di Alternative für Deutschland dalla Germania, del partito portoghese Chega, del movimento neofascista finlandese Sinimusta Liike, oltre ad attivisti australiani e figure di primo piano dell’alt-right statunitense. Dal mondo elvetico erano presenti i membri del movimento giovanile di estrema destra Junge Tat, fondato da Manuel Corchia e Tobias Lingg, che proprio lo scorso fine settimana di ottobre hanno organizzato un incontro in Ticino con attivisti identitari provenienti da tutta Europa per rafforzare la rete continentale dedicata al tema della remigrazione.

A livello politico italiano, il termine ha iniziato a circolare con maggiore insistenza a partire dal gennaio 2025, in seguito alle denunce di molestie sessuali compiute da ragazzi di origine straniera durante la notte di capodanno in piazza Duomo a Milano. Da quel momento, la parola è entrata nel lessico di numerosi mezzi di informazione legati alla destra, fino ad essere utilizzata anche da esponenti istituzionali come il sottosegretario alla giustizia Andrea Delmastro, appartenente a Fratelli d’Italia. Durante l’adunata della Lega a Pontida dello scorso settembre, i vicesegretari del partito Roberto Vannacci e Silvia Sardone hanno più volte fatto riferimento al concetto di remigrazione, testimoniando come il tema stia progressivamente penetrando anche in settori importanti della maggioranza di governo.

L’azione al Castello di Brescia non è stata un episodio isolato nel panorama cittadino. Pochi giorni prima del 10 ottobre, era comparso un cartellone plastificato sul cavalcavia della tangenziale sud con lo slogan completo: «Remigrazione. Riprendiamoci Brescia e l’Italia». Secondo quanto riportato dalle cronache locali, i flash mob potrebbero essere attribuiti a Brescia Identitaria, movimento di estrema destra che era stato tra gli organizzatori della sfilata neofascista svoltasi in piazza Repubblica il 14 dicembre 2024, corteo che aveva fatto salire notevolmente la tensione politica in città. Il presidente dell’associazione Brescia Ai Bresciani, Jacopo Massetti, è stato ospite il 20 ottobre del programma televisivo locale Sette e Mezzo su Èlive, dove ha spiegato i contenuti della proposta di legge e le motivazioni dell’iniziativa.

La città di Brescia si trova così al centro di un dibattito che attraversa l’intera Europa e che vede contrapposte visioni radicalmente diverse sulla gestione dei flussi migratori e sul concetto stesso di identità nazionale. Da un lato, i movimenti identitari che rivendicano politiche di chiusura e di espulsione, dall’altro, una parte consistente della società civile che continua a sostenere valori di accoglienza e integrazione. Non a caso, sabato 18 ottobre 2025, quindi a pochi giorni dall’azione al Castello, si è svolta a Brescia la Marcia per l’Accoglienza e la Cittadinanza con il titolo significativo «Nessuna persona esclusa». L’iniziativa, organizzata dalla rete Io Accolgo Brescia con il patrocinio del Comune di Brescia e il supporto di numerose realtà del terzo settore, ha visto la partecipazione di migliaia di cittadini che hanno attraversato le vie del centro partendo da Largo Formentone.

Gli obiettivi della marcia erano chiari: riforma della legge sulla cittadinanza per un sistema più equo e inclusivo, superamento della legge Bossi-Fini e reintroduzione dei permessi di soggiorno finalizzati alla ricerca di lavoro, ampliamento del sistema di accoglienza e integrazione con una diffusione strutturata ed equa su tutto il territorio nazionale, cessazione di ogni accordo con paesi terzi che preveda la deportazione delle persone in centri di detenzione considerati illegittimi. Una risposta netta, quindi, alle tesi sostenute dai movimenti identitari, che evidenzia come il tema migratorio continui a dividere profondamente non solo Brescia ma l’intera società italiana ed europea.

La scelta del Castello come teatro dell’azione simbolica non è casuale. La fortezza, che sorge sulla sommità del colle Cidneo, rappresenta da secoli il cuore identitario di Brescia, testimone di invasioni, assedi, dominazioni e liberazioni. Dal tempio celtico dedicato al dio Berginus ai resti del tempio romano del primo secolo dopo Cristo, dalla costruzione del Mastio visconteo nella prima metà del Trecento fino alle imponenti fortificazioni veneziane del Cinquecento, il Castello ha sempre incarnato la storia e la memoria collettiva della città. La torre Coltrina, attribuita all’ingegnere Jacopo Coltrino che le diede il nome, fu realizzata proprio con funzioni difensive per proteggere gli accessi alla Strada del Soccorso e controllare il versante nord-occidentale delle mura. Utilizzare questo luogo per veicolare un messaggio politico significa quindi appropriarsi simbolicamente di uno spazio che appartiene alla comunità intera, trasformandolo in palcoscenico di una battaglia ideologica che rivendica un’identità esclusiva e contrapposta all’altro.

Brescia non è nuova a proteste legate al tema migratorio. La città ha una lunga storia di mobilitazioni sia a favore che contro le politiche di accoglienza. Nel novembre 2010, sei migranti rimasero per diciassette giorni e notti sulla sommità di una gru del cantiere della metropolitana in via San Faustino, protestando per ottenere il permesso di soggiorno dopo aver visto respinte le loro domande di regolarizzazione presentate con la sanatoria del 2009. La protesta, che attirò l’attenzione nazionale, si concluse con lo sgombero violento del presidio ai piedi della gru e con l’arresto di diversi manifestanti. Nel maggio 2000, Piazza Loggia era stata occupata per quarantacinque giorni da immigrati che chiedevano la sanatoria per cinquemila persone. Nell’ottobre 2016, un nuovo presidio sotto il porticato di Palazzo Broletto aveva visto un centinaio di stranieri protestare ancora una volta contro l’anomalia bresciana nei tassi di rigetto delle pratiche di regolarizzazione, molto superiori alla media nazionale.

Sul fronte opposto, le cronache registrano negli anni numerose iniziative di stampo identitario, dagli striscioni contro il Pride apparsi nel settembre 2025 e rivendicati dalla Trincea Urbana dei Patrioti, fino alle azioni di propaganda nelle periferie urbane. La tensione sul tema è palpabile anche a livello istituzionale. Nel maggio 2025, l’assessore ai Servizi sociali del Comune di Brescia, Marco Fenaroli, ha dovuto replicare alle critiche della deputata leghista Simona Bordonali fornendo dati precisi sull’accoglienza in città: 237 persone nei Centri di accoglienza straordinaria, 162 migranti accolti nel Sistema di accoglienza e integrazione, 90 minori non accompagnati gestiti direttamente dal Comune e 64 famiglie per un totale di 277 persone entrate in Italia attraverso la rotta balcanica. Complessivamente, secondo l’assessore, Brescia accoglie più di 750 persone, un numero che testimonia l’impegno della città ma anche la complessità della gestione del fenomeno.

Il comitato Remigrazione e Riconquista ha annunciato che nei prossimi mesi seguiranno nuove azioni su tutto il territorio nazionale, con l’obiettivo dichiarato di sensibilizzare cittadini e istituzioni su quella che viene definita una priorità assoluta per la difesa dell’identità nazionale. La strategia comunicativa si basa sull’utilizzo massiccio dei social media, con pagine ufficiali su Facebook, Instagram e Telegram che diffondono quotidianamente contenuti propagandistici e aggiornamenti sulle iniziative in programma. Il 26 ottobre 2025, a Bologna, il comitato ha organizzato in piazza Carducci la prima uscita pubblica con circa cento nazionalisti radunati per promuovere la proposta di legge. Presentazioni pubbliche della proposta sono previste in numerose città italiane nelle prossime settimane, con l’intenzione di costruire una mobilitazione capillare che porti alla raccolta delle firme necessarie per il deposito parlamentare.

La parola remigrazione sta quindi conquistando spazio nel dibattito pubblico italiano ed europeo, uscendo dai circoli ristretti dell’estrema destra per entrare, sia pure con significati talvolta ambigui, nel lessico di partiti che siedono nei governi e nei parlamenti. Il fenomeno rispecchia un clima politico e sociale sempre più polarizzato, dove le paure legate all’immigrazione vengono strumentalizzate per costruire consenso attorno a proposte che evocano scenari di espulsione di massa e di chiusura delle frontiere. Gli esperti di estremismo sottolineano come dietro il linguaggio apparentemente moderato e le forme di azione studiate per attirare l’attenzione mediatica, si nasconda una visione del mondo fondata su teorie complottiste prive di fondamento scientifico e su un’idea di identità etnica e culturale rigida ed escludente. La normalizzazione di questo linguaggio rappresenta, secondo molti osservatori, uno dei rischi più gravi per le democrazie europee contemporanee.

Brescia si trova così a dover fare i conti con una frattura che attraversa la sua comunità, tra chi rivendica una città aperta e inclusiva e chi invece vorrebbe riportare indietro le lancette della storia verso forme di chiusura e di esclusione. Il Castello, simbolo della resistenza cittadina durante le Dieci Giornate del 1849 contro l’occupazione austriaca, luogo della memoria antifascista con il Memoriale delle vittime del terrorismo e della violenza politica che si snoda lungo la salita che porta alla fortezza, è stato trasformato per una notte in manifesto di una ideologia che si richiama esplicitamente alle destre radicali europee. La risposta della città, con la partecipazione massiccia alla Marcia per l’Accoglienza di pochi giorni dopo, ha dimostrato che esistono sensibilità diverse e che il dibattito sul futuro di Brescia e dell’Italia resta aperto e profondamente divisivo, riflettendo le contraddizioni e le tensioni di un’epoca segnata da profondi cambiamenti demografici, economici e culturali che nessuna società europea può più ignorare o risolvere con soluzioni semplicistiche. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!