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Delitto di Garlasco, “Alberto Stasi Scagionato”: la perizia Cattaneo ribalta la dinamica del delitto

La perizia dell’anatomopatologa Cristina Cattaneo ribalterebbe la dinamica del delitto di Garlasco: l’omicidio in più fasi e l’orario della morte posticipato scagionerebbero Alberto Stasi.
Credit © Mediaset

Nella ventennale vicenda giudiziaria legata all’omicidio di Chiara Poggi, uccisa il 13 agosto 2007 nella villetta di famiglia a Garlasco, emerge una svolta investigativa che potrebbe ribaltare certezze consolidate da anni di processi e sentenze. La nuova inchiesta della Procura di Pavia, guidata dal procuratore Fabio Napoleone e dai sostituti procuratori Stefano Civardi, Giuliana Rizza e Valentina De Stefano, si fonda su analisi scientifiche aggiornate e su tecnologie forensi di ultima generazione, che stanno ridisegnando la ricostruzione di quel drammatico episodio di cronaca nera.

Alberto Stasi, condannato in via definitiva nel 2015 a sedici anni di reclusione per l’assassinio della fidanzata, oggi in regime di semilibertà e prossimo al termine della pena, potrebbe non essere il colpevole. La perizia antropologica e medico-legale affidata alla professoressa Cristina Cattaneo, anatomopatologa forense di fama internazionale già nota per il suo lavoro in casi complessi come quello di Yara Gambirasio e delle vittime del Mediterraneo, rappresenta il fulcro della nuova lettura investigativa. I risultati delle analisi, che hanno incrociato i dati della Cattaneo con lo studio delle tracce ematiche condotto dal Reparto Investigazioni Scientifiche di Cagliari attraverso la Bloodstain Pattern Analysis e con le misurazioni antropometriche effettuate su Andrea Sempio, unico indagato nel nuovo filone di indagine, hanno portato a conclusioni dirompenti.

La consulenza della Cattaneo avrebbe infatti stabilito che l’omicidio non si sarebbe consumato in un’unica fase rapida, come ritenuto nei processi che portarono alla condanna di Stasi, bensì in più momenti distinti e progressivi. La vittima avrebbe avuto tempo di tentare una difesa, con l’aggressione che si sarebbe articolata in diverse fasi, dalla porta di ingresso fino alla cantina della villetta di via Pascoli. Questa ricostruzione allunga inevitabilmente i tempi dell’omicidio, spostando in avanti l’orario presunto della morte. Se le sentenze collocavano il decesso di Chiara Poggi tra le ore nove e dodici e le nove e trentacinque del mattino, fascia temporale corrispondente all’unico buco nell’alibi di Stasi, le nuove analisi suggeriscono invece che la morte sia avvenuta più tardi, in un arco compreso tra le dieci e trenta e le dodici, con una centratura più probabile intorno alle undici.

Questo elemento risulta cruciale perché coincide con l’orario originariamente stimato dal medico legale Marco Ballardini, che il 5 novembre 2007 aveva fissato proprio in quella fascia temporale il momento del decesso, sulla base dell’analisi delle caratteristiche del corpo della vittima. Tale indicazione era stata successivamente riscritta nei gradi successivi di giudizio, quando la Procura generale in Corte di Assise di Appello a Milano aveva ristretto la forbice temporale proprio per far coincidere il delitto con l’unico momento in cui Stasi non disponeva di un alibi comprovato. Alle nove e trentasei, infatti, l’ex studente bocconiano accendeva il proprio computer portatile, sul quale continuava a lavorare alla tesi di laurea con salvataggi continui del file fino alle dodici e venti, come attestato dalle perizie informatiche depositate già nel 2009.

La nuova ricostruzione della dinamica omicidiaria si fonda anche sull’analisi approfondita della scena del crimine. Emerge in particolare la presenza di un’orma di scarpa mai adeguatamente rilevata in precedenza, localizzata sul gradino zero delle scale che conducono alla cantina, l’unico gradino privo di tracce ematiche, e ripetuta poi nella discesa. Questa impronta risulterebbe distinta dalla celebre suola Frau numero quarantadue a pallini attribuita a Stasi durante i processi, anche se una perizia segreta della difesa dello stesso Stasi, ora acquisita dalla Procura di Pavia, suggerirebbe che quella tipologia di scarpa potrebbe adattarsi anche a numeri maggiori, aprendo margini di incertezza. Nuove analisi tecniche condotte nella fabbrica marchigiana che produceva le suole Frau avrebbero infatti dimostrato, attraverso sovrapposizioni digitali, una corrispondenza più precisa dell’impronta repertata con un numero quarantaquattro, compatibile con la misura di Andrea Sempio.

Compare inoltre nella scena del crimine un’impronta palmare insanguinata lasciata in una gora ematica, elemento ignorato nelle precedenti indagini nonostante l’assassino avesse evidentemente le mani sporche di sangue, come dimostrano i polpastrelli ematici riscontrati sul pigiama di Chiara. Questa traccia, che non è stata analizzata dal Reparto Investigazioni Scientifiche di Parma nel 2007, sarebbe stata cancellata o compromessa dallo spostamento maldestro del cadavere. Si tratta della stessa impronta palmare già riconosciuta nel 2009 dal professor Francesco Maria Avato, consulente della difesa di Stasi, e fotografata regolarmente con righello forense, ma mai valorizzata fino alle nuove indagini.

La Bloodstain Pattern Analysis, tecnica scientifica che studia forme, dimensioni e distribuzione delle tracce di sangue per ricostruire la dinamica degli eventi, è stata eseguita dai tecnici del Reparto Investigazioni Scientifiche di Cagliari con strumentazioni di ultima generazione, tra cui laser scanner, droni e telecamere tridimensionali. La nuova relazione, composta da circa trecento pagine contro le diciannove del documento originale del 2007, individua quattro fasi principali dell’aggressione e identifica tracce ematiche, schizzi e pozze che non trovano spiegazione logica nella narrazione processuale che ha portato alla condanna di Stasi come unico responsabile in un arco temporale limitato a ventitré minuti.

Al centro della nuova indagine si colloca la figura di Andrea Sempio, trentasettenne amico del fratello della vittima Marco Poggi, indagato per omicidio in concorso con ignoti o con Alberto Stasi. Sempio era già stato al centro delle indagini tra il 2016 e il 2017, sollecitate dai legali di Stasi sul DNA rinvenuto sotto le unghie di Chiara Poggi, ma le accuse nei suoi confronti erano state archiviate su richiesta del procuratore aggiunto Mario Venditti e del pubblico ministero Giulia Pezzino, che ritennero la mossa della difesa un maldestro tentativo di trovare un colpevole alternativo. Oggi Venditti è indagato dalla Procura di Brescia per corruzione in atti giudiziari, con l’ipotesi che sia stato corrotto per scagionare Sempio mediante una somma di denaro nell’ordine di venti-trentamila euro.

Le più moderne tecniche di rilevazione del DNA hanno collegato Sempio al reperto numero trentatré, un’impronta palmare raccolta diciotto anni fa sulla parete delle scale che conducono al seminterrato della villetta, repertata dai carabinieri ma ritenuta allora inutilizzabile. Secondo una perizia del 2020 richiesta dalla difesa di Stasi, l’impronta sarebbe stata lasciata prima che il corpo di Chiara venisse trovato in fondo alle scale, sporca di sangue e visibile solo grazie all’uso della luce ultravioletta. I genetisti consulenti di Stasi, Ugo Ricci e Lutz Roewer, hanno individuato sotto le unghie della vittima il DNA di Sempio, mentre l’impronta trentatré presenta quindici minuzie compatibili con le sue caratteristiche papillari. Secondo i periti della difesa di Stasi, quell’impronta sarebbe carica di materiale organico, probabilmente sangue, come dimostrerebbe la forte colorazione al reagente ninidrina.

Gli esami antropometrici su Andrea Sempio sono stati effettuati venerdì scorso all’Istituto di Medicina Legale di Milano dalla stessa professoressa Cattaneo, che ha misurato mani, piedi, peso, caviglie, braccia e statura dell’indagato. I risultati verranno ora incrociati con la Bloodstain Pattern Analysis e con la rivalutazione delle ferite sul corpo di Chiara per stabilire la posizione dell’assassino durante i colpi inferti alla vittima. La conclusione dell’anatomopatologa sarebbe stata che l’assalitore si trovava in posizioni compatibili con le caratteristiche fisiche di Sempio durante le diverse fasi dell’aggressione.

Un elemento controverso della difesa di Sempio riguarda lo scontrino del parcheggio di Vigevano del 13 agosto 2007, pagato alle ore dieci e diciotto in piazza Sant’Ambrogio. Questo tagliando, conservato da Sempio e dalla famiglia e mostrato come principale prova della sua presenza lontano da Garlasco, è ora al centro di una nuova testimonianza. Un uomo, descritto dagli investigatori come molto credibile e informato sui fatti, si è presentato spontaneamente nella caserma del Comando provinciale dei Carabinieri di Milano dichiarando che lo scontrino non sarebbe riconducibile né a Sempio né ai suoi familiari. La Procura di Pavia ha avviato i necessari riscontri, mentre le celle telefoniche collocherebbero Sempio sempre nella zona di Garlasco quella mattina. Proprio quel biglietto era stato uno dei punti chiave dell’archiviazione del 2017 disposta dal giudice per le indagini preliminari Fabio Lambertucci, archiviazione ora al centro dell’inchiesta bresciana per corruzione.

Un capitolo ancora controverso riguarda il cosiddetto Ignoto Tre, il profilo genetico maschile rinvenuto sulla scena del delitto che per anni ha alimentato l’ipotesi della presenza di un complice o di un altro assassino. Secondo la Procura di Pavia, il DNA di Ignoto Tre, trovato sulla garza usata per prelevare materiale biologico dalla bocca della vittima, sarebbe in realtà il risultato di una contaminazione, coincidendo con quello di un cadavere sottoposto ad autopsia nello stesso periodo e nello stesso luogo. I genetisti Carlo Previderè e Pierangela Grignani hanno suggerito che il profilo genetico sia stato involontariamente trasferito sulla garza, probabilmente non sterile o contaminata da altri strumenti. Tuttavia, altre analisi successive hanno escluso che si tratti di contaminazione da parte di personale sanitario, mortuario o investigativo, descrivendo il profilo come netto, completo, robusto e con ventidue marcatori. La questione resta aperta e oggetto di ulteriori verifiche affidate alla genetista forense Denise Albani.

Le nuove indagini hanno riacceso l’attenzione anche sulle cugine di Chiara, le gemelle Paola e Stefania Cappa, mai indagate né citate nell’iter giudiziario che portò alla condanna di Stasi. Un supertestimone intervistato dalla trasmissione Le Iene e ascoltato dai carabinieri ha riferito che Stefania Cappa sarebbe stata vista gettare qualcosa nel cavo Bozzoni a Tromello, vicino alla casa dei nonni, il giorno del delitto. Nel canale sono stati effettivamente rinvenuti attrezzi che potrebbero essere compatibili con l’arma del delitto, descritta da alcuni testimoni come un attizzatoio da camino. Inoltre, una nuova testimone, una donna di quarantotto anni che all’epoca dell’omicidio raccolse le confidenze di Stefania Cappa, ha depositato tramite il suo avvocato Stefano Benvenuto una dichiarazione alla Procura di Pavia, riferendo che Stefania le confidò di non essere affezionata alla cugina Chiara, anzi di provare invidia o rancore nei suoi confronti. Tra i duecentottanta messaggi agli atti della Procura di Pavia ci sarebbe anche un SMS attribuito a Paola Cappa, gemella di Stefania, inviato a un amico, nel quale si leggerebbe: Mi sa che abbiamo incastrato Stasi.

Il procuratore Fabio Napoleone, magistrato di lunga esperienza e rigore, ha riaperto il caso dopo quasi vent’anni sulla base di elementi nuovi che devono essere emersi dalle analisi scientifiche e dalle testimonianze raccolte. Napoleone, nato a Bari nel 1957 da genitori abruzzesi, è entrato in magistratura nel 1981 e ha ricoperto ruoli di primo piano in alcune delle più rilevanti inchieste italiane, dalla Duomo Connection condotta con Ilda Boccassini alla banda Cavallini, da Mani Pulite allo scandalo Telecom-Sismi. Approdato alla Procura di Pavia nel 2021, è descritto da chi lo conosce come un professionista riservato, rigoroso e di grande esperienza. Fabrizio Corona lo ha definito il Batman della situazione nel suo programma Falsissimo, sottolineando il ruolo chiave che sta avendo nella riapertura di uno dei casi di cronaca nera più discussi degli ultimi anni.

La difesa di Alberto Stasi, rappresentata dall’avvocato Antonio De Rensis, ha dichiarato in diverse occasioni che l’inchiesta si allargherà e che ci saranno più indagati. De Rensis ha definito il DNA di Ignoto Tre potenzialmente devastante e ha previsto un autunno molto caldo per gli sviluppi del caso. Il giudice Stefano Vitelli, che nel 2009 da giudice per le udienze preliminari di Vigevano assolse Stasi in primo grado con la formula per non aver commesso il fatto, ha recentemente dichiarato che era ed è ragionevole dubitare che Alberto Stasi sia stato l’autore dell’omicidio, fermandosi alla questione tecnica dell’insufficienza del materiale complessivo che possa accusare Stasi. Anche l’avvocata Annamaria Bernardini De Pace, intervenuta pubblicamente sul caso, ha sostenuto l’innocenza di Stasi sulla base dei dubbi sugli orari e sulla dinamica del delitto.

Il giornalista Salvo Sottile, conduttore del programma FarWest, ha preannunciato la svolta nelle indagini affermando che la superperizia della professoressa Cattaneo riscrive la dinamica del delitto di Garlasco e che quello che emerge è sconvolgente. Secondo Sottile, il delitto sarebbe avvenuto in più fasi, la morte sarebbe avvenuta prima delle ore nove e trentacinque, e a quell’ora, come dicono i tabulati, Stasi non era lì. Il tempo, le tracce e il sangue raccontano una storia diversa, e il condannato potrebbe non essere più il colpevole. La verità torna a bussare alla porta di via Pascoli, e la giustizia sembra ancora una volta dover ricominciare da capo.

L’avvocato Carlo Taormina ha ipotizzato in un post su Facebook che Andrea Sempio sarà presto arrestato, suggerendo che Sempio era in casa Poggi quella mattina ma che ad uccidere Chiara sarebbe stato Alberto Stasi, probabilmente per gelosia, avendo scoperto un presunto tradimento. La teoria dell’avvocato è che Chiara avrebbe avuto una relazione con Sempio, il che avrebbe fornito a Stasi un movente. Tuttavia, questa ricostruzione resta una mera ipotesi non suffragata da elementi probatori concreti. La difesa di Sempio, rappresentata dagli avvocati Liborio Cataliotti, Massimo Lovati e Angela Taccia, respinge le accuse e sostiene l’estraneità del proprio assistito ai fatti. L’avvocato Lovati ha specificato che Sempio era un testimone e non un indagato quando fornì lo scontrino del parcheggio, e che l’eventuale mancato alibi sarebbe un mero indizio e non una prova che nella migliore delle ipotesi dal punto di vista dell’accusa varrebbe pochissimo.

La famiglia Poggi, attraverso il loro legale, ha espresso forti perplessità sulla riapertura del caso, dichiarando che gli inquirenti non possono collocarsi al di sopra della giurisdizione ignorando quanto accertato in un giusto processo, valorizzando a distanza di quasi vent’anni delle ipotesi stravaganti. La posizione della famiglia è che Alberto Stasi sia il colpevole accertato da una sentenza definitiva e che le nuove indagini rappresentino un tentativo di mettere in discussione la verità giudiziaria consolidata. L’ex procuratrice di Milano Tiziana Barbaini, intervenuta in trasmissioni televisive, ha dichiarato di essere sicura che non ci sono colpevoli alternativi a Stasi, ritenendo infondate le nuove piste investigative.

Il caso Garlasco si avvia dunque verso una possibile revisione giudiziaria, con elementi scientifici e testimoniali che potrebbero portare a un ribaltamento della condanna di Alberto Stasi. Le analisi della professoressa Cattaneo, incrociate con lo studio del Reparto Investigazioni Scientifiche di Cagliari e con le misurazioni antropometriche su Andrea Sempio, stanno fornendo una ricostruzione della dinamica omicidiaria profondamente diversa rispetto a quella emersa nei processi che si conclusero con la sentenza definitiva della Corte di Cassazione del 12 dicembre 2015. Se le conclusioni della nuova inchiesta dovessero essere confermate, si tratterebbe di uno dei più clamorosi errori giudiziari della storia della cronaca nera italiana, con un uomo condannato a sedici anni di carcere per un delitto che non avrebbe commesso. Gli inquirenti proseguono le indagini con il massimo riserbo, consapevoli della delicatezza e della rilevanza mediatica di un caso che dopo diciotto anni continua a dividere l’opinione pubblica e a sollevare interrogativi sulla tenuta del sistema giudiziario italiano. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!