L’Italia è di fronte a una deriva sociale che non è più possibile ignorare. Le periferie delle grandi città, da Milano a Torino, da Roma a Napoli, stanno diventando il simbolo del cedimento culturale e politico dell’Occidente. Il fenomeno dei cosiddetti “Maranza” – giovani di origine straniera, protagonisti di episodi di violenza, vandalismo e sfida aperta all’autorità – non è un caso isolato né una semplice questione di ordine pubblico. È il frutto avvelenato di anni di immigrazione incontrollata, di integrazione fallita e di un’Europa che ha smarrito la propria bussola morale.
La società italiana sta pagando il prezzo di un modello multiculturale imposto dall’alto, che ha confuso l’accoglienza con la resa. In nome del buonismo e del politically correct, si è smesso di pretendere il rispetto delle regole, della lingua, della cultura e delle istituzioni. Le strade sono diventate zone franche dove il senso dello Stato si dissolve e dove chi si ribella al degrado viene accusato di razzismo. È l’inversione dei valori: chi difende la legalità viene additato come intollerante, mentre chi disprezza la convivenza civile viene giustificato come “vittima del sistema”.
L’Europa, e con essa l’Italia, si trova davanti a una scelta drammatica: continuare a negare la realtà o riconoscere che la difesa dell’identità è oggi una questione di sopravvivenza. Non si tratta di chiudere le porte al mondo, ma di smettere di vergognarsi dei propri valori. Cristianesimo, libertà, rispetto della legge, dignità del lavoro: principi che hanno costruito la civiltà europea e che oggi vengono sacrificati sull’altare del relativismo.
La generazione dei “Maranza” non nasce dal nulla: è figlia di un vuoto educativo, di famiglie disgregate, di scuole incapaci di trasmettere disciplina e appartenenza. Ma è anche figlia di una politica che ha abdicato al proprio compito, preferendo la retorica dell’inclusione al coraggio della responsabilità. Se non si ristabilisce una linea chiara, se non si rimette al centro la cultura italiana, la legalità e l’orgoglio nazionale, il Paese rischia di scivolare in un’anarchia morale che nessuna riforma potrà più contenere.
Non è più tempo di silenzi né di ipocrisie. L’Italia deve tornare a credere in sé stessa, a difendere ciò che è, senza complessi di colpa. Non si tratta di chiudere, ma di scegliere: o recuperiamo la nostra identità, o la perderemo per sempre. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!
