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Venezia, tutti pazzi per il delfino Mimmo. Gli esperti: “Non disturbatelo” -VIDEO-

Il tursiope Mimmo vive da mesi nel bacino di San Marco a Venezia, tra gondole e vaporetti, attirando turisti e preoccupando gli esperti.

Da mesi ormai le acque del bacino di San Marco a Venezia sono diventate teatro di uno spettacolo inatteso che ha catturato l’attenzione di turisti, residenti e media internazionali. Si tratta di Mimmo, come i veneziani hanno ribattezzato il giovane tursiope che dal luglio scorso ha scelto di stabilirsi in una delle zone più trafficate e rumorose della laguna, regalando quotidianamente acrobazie e salti spettacolari tra gondole, vaporetti e imbarcazioni da diporto.

I primi avvistamenti del delfino risalgono effettivamente ai mesi estivi, quando l’esemplare venne notato nella zona centro-meridionale della laguna, tra Pellestrina e Chioggia, dove fu inizialmente battezzato Clodio in riferimento al nome originario di Chioggia che la leggenda vuole fondata da Clodio, amico di Enea. Tuttavia è da ottobre che la sua presenza si è fatta costante proprio davanti a Piazza San Marco, trasformandosi rapidamente in un fenomeno mediatico di portata internazionale. Le immagini del cetaceo che si esibisce tra le acque antistanti il simbolo più celebre di Venezia hanno fatto il giro del mondo, alimentando un interesse crescente che non è privo di conseguenze.

Il tursiope, scientificamente classificato come Tursiops truncatus, è la specie di delfino più comune e conosciuta del Mediterraneo. Si tratta di animali costieri che frequentano abitualmente le acque dell’Alto Adriatico e che occasionalmente entrano nelle lagune seguendo i banchi di pesci di cui si nutrono, principalmente orate, branzini, acciughe, sardine, sgombri e calamari. Recenti ricerche condotte da biologi marini hanno stimato la presenza di circa seicento esemplari di tursiope al largo delle coste venete, rendendo gli avvistamenti nelle acque costiere del Delta del Po e delle lagune venete un evento non particolarmente raro. Tuttavia ciò che rende eccezionale il caso di Mimmo è la durata prolungata della sua permanenza in un ambiente così congestionato e antropizzato come il bacino di San Marco.

Secondo Luca Mizzan, biologo marino e responsabile del Museo di Storia Naturale Giancarlo Ligabue di Venezia, che segue il delfino da questa estate, il comportamento dell’animale rappresenta un enigma scientifico. Mizzan spiega che se Mimmo è presente in laguna da giugno significa che si è adattato a questo ambiente, considerando che i tursiopi giovani possono trascorrere periodi da soli lontano dal branco. Il biologo ha osservato il cetaceo per ore, constatando che ha preso grande confidenza con le barche e non mostra alcun timore, ma questo comportamento genera preoccupazione proprio per il rischio concreto di impatto con le eliche delle imbarcazioni.

Il monitoraggio dell’animale è costante e coordinato dal Museo di Storia Naturale di Venezia in collaborazione con il CERT, il Cetacean Strandings Emergency Response Team dell’Università di Padova, e la Guardia Costiera. Secondo quanto riferito da queste istituzioni, al momento le condizioni del delfino sono buone, i suoi profili di nuoto e respirazione sono regolari e si alimenta normalmente. Un elemento particolarmente significativo è che l’animale è stato osservato uscire più volte in mare aperto per poi fare ritorno in laguna, dimostrando che non si tratta di un esemplare intrappolato ma di una scelta volontaria di permanenza in questo specifico ambiente. Questo comportamento ha sollevato interrogativi tra gli studiosi circa le motivazioni che spingono il tursiope a preferire un’area così rumorosa e trafficata rispetto agli spazi aperti del mare Adriatico.

La presenza del delfino ha scatenato un fenomeno turistico preoccupante. Si sono moltiplicati i tour in barca organizzati appositamente per avvistare e fotografare Mimmo, con operatori che portano turisti nel bacino di San Marco trasformando il cetaceo in un’attrazione da immortalare. Al traffico abituale di gondole, barche e vaporetti si sono aggiunte numerose imbarcazioni che si avvicinano pericolosamente all’animale, ignorando le indicazioni di sicurezza emanate dalle autorità competenti. Sono stati documentati comportamenti del tutto inappropriati, come il lancio di oggetti in acqua, inclusa una palla, nel tentativo assurdo di interagire con il delfino.

Questo approccio scorretto ha spinto un gruppo di cittadini e attivisti a mobilitarsi per la tutela dell’animale. Cristina Romieri, tra le promotrici dell’iniziativa, ha lanciato un appello pubblico intitolato Salviamo il delfino e nei giorni scorsi ha fatto partire una raccolta firme per chiedere che Mimmo venga riportato al più presto in mare aperto. Sabato otto novembre in Piazza San Marco si è tenuto un flash mob organizzato da un gruppo di cittadini che chiedono più rispetto per il delfino e una maggiore tutela della sua incolumità. Romieri ha evidenziato come continuino a esserci imbarcazioni che si avvicinano in modo pericoloso all’animale, aumentando il rischio di incidenti gravi.

I pericoli per la sopravvivenza del tursiope in questo contesto sono molteplici e concreti. Il rischio di collisione con le eliche delle imbarcazioni rappresenta la minaccia più immediata e già in qualche occasione i vaporetti hanno dovuto manovrare all’ultimo momento per evitare l’animale. Le eliche delle barche possono causare ferite gravi o letali ai cetacei, e la densità del traffico acqueo nel bacino di San Marco rende questo pericolo costante. A questo si aggiunge lo stress acustico determinato dal rumore continuo dei motori, che compromette il benessere psicofisico dell’animale e il suo sistema di orientamento.

I tursiopi infatti si affidano all’ecolocazione, un sofisticato sistema di sonar biologico che permette loro di ricostruire lo spazio circostante attraverso l’emissione e la ricezione di suoni ed echi. La laguna di Venezia, con il suo traffico marittimo intenso, i motori delle imbarcazioni, le strutture sommerse e il rimbombo continuo dei suoni che si riflettono sulle costruzioni, rappresenta una vera e propria trappola acustica. Uno studio condotto dall’Istituto di Scienze Marine del CNR ha dimostrato come l’inquinamento acustico alteri le vocalizzazioni e i percorsi dei tursiopi, che tendono a ridurre l’attività comunicativa in ambienti rumorosi. Il disorientamento progressivo causato da questo disturbo può ridurre la capacità dell’animale di alimentarsi correttamente e di ritrovare la rotta verso il mare aperto.

La Guardia Costiera, sotto la direzione dell’ammiraglio Filippo Marini, direttore marittimo del Veneto, ha emanato un avviso ai naviganti chiedendo a tutti i natanti di prestare la massima attenzione. Le indicazioni precise fornite dalle autorità competenti stabiliscono di mantenere una distanza minima di cinquanta metri dal delfino, evitare di offrirgli cibo, non inseguirlo con le barche, non attirarne l’attenzione con urla, rumori o colpi sull’imbarcazione, e non cercare in alcun modo di interagire con l’animale. Si tratta di norme fondamentali che rispondono ai codici di condotta internazionali per l’osservazione dei cetacei, che prevedono fasce di sicurezza ben definite e comportamenti rigorosi per evitare il disturbo delle specie protette.

È fondamentale ricordare che il tursiope è una specie rigorosamente protetta dalla normativa italiana ed europea. È inserito nell’appendice seconda della CITES, la Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione, e nell’allegato secondo della Direttiva Habitat dell’Unione Europea. Attualmente Tursiops truncatus è classificato come specie vulnerabile all’interno della lista rossa dei Cetacei del Mediterraneo e del Mar Nero compilata sulla base dei criteri dell’IUCN, l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura. La popolazione di tursiopi nel Mediterraneo risulta fortemente minacciata e qualsiasi disturbo o danno a questi animali costituisce una violazione delle normative sulla protezione della fauna selvatica, con conseguenze sia sul piano amministrativo che penale.

La questione solleva anche riflessioni più ampie sul rapporto tra turismo e conservazione della biodiversità. Il fenomeno del delfino di Venezia ricorda quanto accaduto nel marzo del duemilaventuno durante il secondo lockdown, quando una coppia di delfini era stata avvistata nel Canal Grande all’altezza di Punta della Dogana. In quell’occasione l’assenza di traffico acqueo dovuta alle restrizioni per il Covid aveva reso le acque più tranquille e pulite, permettendo ai cetacei di avventurarsi in zone normalmente troppo congestionate. Oggi però la situazione è radicalmente diversa, con la città che è tornata ai livelli pre-pandemici di traffico turistico e marittimo.

Gli esperti invitano a non trattare il delfino come un’attrazione turistica o come un animale domestico. Mizzan sottolinea con forza che è necessario lasciare l’animale in pace, non avvicinarsi troppo, non tagliargli la strada quando si è in barca e soprattutto non cercare di dargli da mangiare o di farlo familiarizzare eccessivamente con l’uomo. Qualsiasi tentativo di interazione può rivelarsi dannoso per il delfino e potrebbe anche essere pericoloso per le persone, considerando che si tratta di un animale selvatico che potrebbe trasmettere malattie o reagire in modo imprevedibile se disturbato o minacciato.

La speranza degli studiosi è che con l’abbassarsi della temperatura delle acque e lo spostamento dei banchi di pesci verso il mare aperto, tipico della stagione autunnale e invernale, anche Mimmo decida naturalmente di seguire le sue prede lasciando la laguna. I tursiopi infatti mostrano comportamenti migratori legati alla disponibilità di cibo e ai cambiamenti nella temperatura delle acque. Le acque costiere vengono spesso utilizzate come aree di nursery o zone di alimentazione ricche di risorse trofiche, ma con l’arrivo della stagione fredda molti pesci si spostano verso acque più profonde e temperate, modificando di conseguenza i pattern di movimento dei loro predatori.

I biologi veneziani e il CERT stanno valutando attentamente se sia necessario e opportuno intervenire con un tentativo di accompagnamento guidato del delfino verso il mare aperto. Si tratta di una decisione delicata che deve tenere conto di numerosi fattori. Da un lato c’è la preoccupazione concreta per i rischi che l’animale corre rimanendo in un ambiente così trafficato, dall’altro bisogna considerare che qualsiasi tentativo di cattura o manipolazione di un cetaceo comporta rischi significativi per la sua salute e potrebbe rivelarsi inefficace se l’animale decidesse di tornare volontariamente in laguna subito dopo essere stato rilasciato in mare. Come spiegato da Mizzan, questo animale sembra sapere molto bene quello che vuole fare e non è così facile convincerlo ad andare da qualche parte contro la sua volontà.

La vicenda di Mimmo rappresenta un caso emblematico delle complesse dinamiche che si instaurano quando la fauna selvatica entra in contatto ravvicinato con gli ambienti urbani fortemente antropizzati. Venezia, con la sua peculiare conformazione lagunare e la sua straordinaria pressione turistica, costituisce un contesto particolarmente critico dove gli equilibri tra conservazione della biodiversità e attività umane sono costantemente messi alla prova. La laguna veneta è un ecosistema di straordinaria importanza naturalistica, riconosciuto come laboratorio naturale per studiare la biodiversità in continua trasformazione sotto l’effetto di forzanti sia naturali che antropiche.

Gli avvistamenti ormai frequenti del tursiope spaziano dal bacino di San Marco a Punta della Dogana, dalla Giudecca al Lido, coprendo gran parte delle zone centrali della laguna. Le indicazioni fornite dalle autorità competenti sono chiare: chiunque avvisti il delfino in aree diverse o lo noti in difficoltà o ferito deve immediatamente contattare la Guardia Costiera attraverso il numero di emergenza millecinquecentotrenta oppure il CERT, fornendo informazioni utili per il monitoraggio continuo dell’animale. La raccolta sistematica di dati sugli spostamenti, sui comportamenti e sulle condizioni di salute del tursiope è essenziale per comprendere le ragioni della sua permanenza prolungata in laguna e per adottare eventuali misure di intervento adeguate.

La mobilitazione dei cittadini veneziani dimostra una crescente sensibilità verso le tematiche ambientali e la tutela della fauna selvatica. Il flash mob organizzato in Piazza San Marco e la raccolta firme promossa dagli attivisti rappresentano forme di pressione sociale importante per richiamare l’attenzione delle istituzioni e dell’opinione pubblica sulla necessità di proteggere efficacemente l’animale. Alcune associazioni animaliste come LAV e gruppi ambientalisti locali hanno sottolineato come la presenza del delfino non debba essere strumentalizzata a fini turistici ma debba invece stimolare una riflessione più profonda sul nostro impatto sugli ecosistemi marini e sulla responsabilità collettiva nella conservazione della biodiversità.

Il caso di Mimmo porta inevitabilmente a interrogarsi sulle conseguenze a lungo termine dell’inquinamento acustico marino, una forma di impatto ambientale spesso sottovalutata ma che ha effetti devastanti sulla fauna acquatica. Il traffico marittimo produce un rumore a bassa frequenza, diffuso e continuo, che si propaga per decine di chilometri sott’acqua. Gli effetti dannosi documentati dalla ricerca scientifica includono danni ai tessuti corporei, compromissione del sistema uditivo, soppressione del sistema immunitario, interruzione dei comportamenti di alimentazione e riproduzione, separazione degli individui dai loro branchi, spiaggiamenti e in casi estremi la morte degli animali. I cetacei, che dipendono completamente dall’udito per orientarsi, comunicare, cacciare e socializzare, sono particolarmente vulnerabili a questa forma di inquinamento.

L’esperienza delle aree marine protette in altre regioni italiane e mediterranee dimostra come la regolamentazione rigorosa delle attività di whale watching e dolphin watching sia fondamentale per conciliare l’interesse turistico con la tutela delle specie. Normative specifiche stabiliscono distanze minime di avvicinamento, limiti di velocità per le imbarcazioni, durata massima dell’osservazione, numero di barche contemporaneamente presenti nella zona di osservazione e codici di condotta dettagliati per evitare comportamenti che possano disturbare o mettere in pericolo gli animali. Nel Santuario Pelagos per i mammiferi marini, area protetta istituita da Francia, Italia e Principato di Monaco, esistono protocolli precisi che potrebbero rappresentare un modello applicabile anche alla situazione veneziana.

Nel frattempo Mimmo continua a nuotare ed esibirsi nelle acque antistanti Piazza San Marco, apparentemente ignaro del clamore mediatico che la sua presenza ha generato. Il delfino compie i suoi caratteristici salti acrobatici, emerge con la pinna dorsale grigia che fende la superficie dell’acqua, si lascia trasportare dalle correnti lagunari e occasionalmente si avvicina alle imbarcazioni con quella curiosità tipica dei tursiopi giovani. Per molti osservatori rappresenta uno spettacolo emozionante e straordinario, un incontro ravvicinato con la natura selvatica nel cuore di una delle città più visitate al mondo. Ma dietro questa apparente armonia si nasconde una situazione di fragilità e rischio che richiede attenzione costante e comportamenti responsabili da parte di tutti.

La storia del delfino di Venezia è ancora in corso e il suo esito rimane incerto. Molto dipenderà dalla capacità collettiva di rispettare le indicazioni degli esperti, di mantenere le distanze di sicurezza, di evitare comportamenti invasivi e di considerare il benessere dell’animale come priorità assoluta rispetto all’interesse fotografico o turistico. Come hanno ripetutamente sottolineato i biologi del Museo di Storia Naturale e del CERT, si tratta di un animale selvatico che merita rispetto e protezione, non di un’attrazione da sfruttare o di un compagno di giochi da avvicinare. Il cosiddetto sorriso dei delfini, che alimenta l’immagine romantica di questi animali sempre felici e desiderosi di interagire con l’uomo, non è altro che la naturale conformazione anatomica del loro volto e non riflette necessariamente il loro stato emotivo o il loro benessere.

Le istituzioni scientifiche continueranno il monitoraggio quotidiano di Mimmo, raccogliendo dati preziosi sul suo comportamento, sui suoi spostamenti, sulle sue abitudini alimentari e sulle sue condizioni di salute. Queste informazioni contribuiranno ad ampliare le conoscenze sulla biologia ed ecologia dei tursiopi nell’Alto Adriatico e potranno fornire elementi utili per la gestione di situazioni simili che potrebbero verificarsi in futuro. La presenza di cetacei nelle acque costiere venete non è infatti un fenomeno eccezionale ma una caratteristica naturale di questo ambiente marino, e con i cambiamenti climatici in atto e le modifiche degli ecosistemi potrebbero aumentare gli episodi di interazione tra fauna selvatica e ambienti urbani.

La vicenda solleva infine interrogativi etici sulla nostra relazione con gli animali selvatici e sul confine tra ammirazione rispettosa e interferenza dannosa. La tentazione di avvicinarsi, toccare, fotografare da distanza ravvicinata o addirittura alimentare un animale selvatico nasce spesso da un sentimento di affetto e meraviglia, ma può trasformarsi in una minaccia concreta per la sopravvivenza di quell’individuo e per la conservazione della specie. Educare al rispetto della fauna selvatica, promuovere comportamenti responsabili nell’osservazione degli animali e far comprendere che la vera tutela passa attraverso la distanza e la non interferenza rappresentano obiettivi fondamentali per una convivenza sostenibile tra esseri umani e biodiversità.

Mimmo, Clodio o semplicemente il delfino di Venezia: qualunque sia il nome con cui lo si voglia chiamare, questo giovane tursiope ha conquistato il cuore di molti veneziani e visitatori, ma soprattutto ha acceso i riflettori su tematiche ambientali cruciali che troppo spesso rimangono nell’ombra. La sua presenza rappresenta un’opportunità unica per riflettere sul nostro impatto sugli ecosistemi marini, sulla necessità di regolamentare il turismo in modo sostenibile, sull’importanza della ricerca scientifica per la conservazione della biodiversità e sul valore intrinseco di ogni forma di vita selvatica che condivide con noi questo pianeta. L’augurio condiviso da esperti, attivisti e cittadini è che questa straordinaria avventura lagunare si concluda nel migliore dei modi possibili, con Mimmo sano e libero che ritrova la via verso il mare aperto, tornando nel suo habitat naturale dove potrà vivere senza i pericoli e lo stress dell’ambiente urbano. Nel frattempo il messaggio che risuona forte e chiaro rimane quello lanciato dagli esperti fin dall’inizio: non disturbatelo, rispettatelo, lasciatelo in pace. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!