La sanità italiana continua a muoversi a due velocità, evidenziando una frattura sempre più profonda tra le regioni settentrionali e quelle meridionali, non solo in termini di qualità percepita dei servizi ma anche, e soprattutto, sotto il profilo dell’efficienza economica e della gestione delle risorse. L’ultima fotografia scattata dall’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (Agenas), i cui dati sono stati recentemente elaborati e diffusi da Quotidiano Sanità, pone l’accento su un indicatore cruciale per la tenuta dei bilanci regionali: il costo giornaliero delle degenze ospedaliere. I numeri emersi dall’analisi tratteggiano uno scenario in cui le strutture del Mezzogiorno, in particolare quelle a carattere universitario, registrano spese di gestione per posto letto decisamente superiori alla media nazionale, creando un paradosso economico in territori dove spesso le risorse sono carenti e i piani di rientro vincolano pesantemente la spesa pubblica.
Al vertice di questa complessa graduatoria economica si posiziona l’Azienda Ospedaliera Universitaria Luigi Vanvitelli di Napoli, che detiene il primato nazionale per il costo giornaliero di degenza, attestandosi sulla cifra record di 1.326 euro. Questo dato rappresenta la punta dell’iceberg di un sistema che vede una concentrazione preoccupante di strutture ad alto costo proprio nelle regioni del Sud, dove la struttura dei costi appare appesantita da dinamiche gestionali che faticano a raggiungere gli standard di ottimizzazione presenti altrove. Analizzando nel dettaglio la classifica elaborata sulla base dei dati Agenas, emerge con chiarezza come le posizioni di vertice siano quasi interamente occupate da aziende ospedaliere universitarie meridionali, delineando una tendenza che non può essere considerata casuale ma strutturale. Immediatamente alle spalle del nosocomio napoletano, infatti, troviamo il Policlinico Giaccone di Palermo, che riporta una spesa giornaliera pari a 881,6 euro, evidenziando un distacco significativo dalla vetta ma confermando livelli di spesa molto sostenuti.
Proseguendo nella lettura dei dati, la terza posizione è occupata dal Policlinico G. Martino di Messina, dove ogni giornata di degenza comporta un onere per le casse pubbliche di 735,8 euro, seguito a brevissima distanza dall’Azienda Ospedaliera R. Dulbecco di Catanzaro, che registra un costo di 727,8 euro. La Campania torna protagonista al quinto posto con l’Azienda Ospedaliera Federico II di Napoli, la quale presenta un costo giornaliero di 669,5 euro, confermando la complessità del quadro sanitario regionale campano. Soltanto scorrendo fino alla sesta posizione si incontra la prima struttura del Centro-Nord presente in questa specifica fascia di costo: l’Azienda Ospedaliera Careggi di Firenze, che segna una spesa di 658,6 euro al giorno, cifra comunque inferiore rispetto alle omologhe del Sud precedentemente citate. La classifica prosegue richiamando nuovamente l’attenzione sul Mezzogiorno con l’Azienda Ospedaliera Ruggi d’Aragona di Salerno, settima con 657 euro, mentre l’ottava posizione è appannaggio dell’Emilia-Romagna con l’Azienda Ospedaliera Sant’Anna di Ferrara, che si attesta sui 649,1 euro giornalieri. Chiudono la top ten l’Azienda Ospedaliera Pisana di Pisa, con 633,5 euro, e l’Azienda Ospedaliera Rodolico – San Marco di Catania, che fissa l’asticella a 608,9 euro.
Le cause strutturali dell’inefficienza
La lettura di questi numeri impone una riflessione approfondita sulle cause che generano tali discrepanze economiche, poiché il costo di una giornata di degenza non è una variabile indipendente, bensì il risultato di un complesso intreccio di fattori organizzativi, clinici e amministrativi. Gli esperti del settore sottolineano come la struttura dei costi nel Sud Italia derivi spesso da una produttività interna che procede con ritmi meno regolari rispetto agli ospedali settentrionali, influenzata da tempi di degenza media più lunghi che non sempre corrispondono a una maggiore complessità clinica del paziente trattato. Quando la durata del ricovero si prolunga oltre il necessario per inefficienze organizzative o per la mancanza di una rete territoriale in grado di prendere in carico il paziente post-acuto, i costi fissi della struttura, inclusi quelli del personale e della manutenzione, si spalmano su un numero inferiore di casi trattati, facendo lievitare il costo unitario della singola giornata di degenza. A ciò si aggiunge il peso delle spese di gestione, che in diverse realtà meridionali risultano più elevate a causa di infrastrutture talvolta obsolete che richiedono interventi costosi e continui, o di modelli organizzativi che non hanno ancora pienamente recepito le logiche di razionalizzazione della spesa sanitaria.
Un ulteriore elemento di fragilità è rappresentato dalla gestione delle risorse umane e dall’allocazione del personale, che in assenza di un turnover pianificato e di una distribuzione ottimale nei reparti, può generare disfunzioni che rallentano i processi di cura e dimissione. Questo scenario sottolinea una fragilità organizzativa che limita le performance complessive e genera un impatto considerevole sui bilanci sanitari locali, già storicamente messi alla prova da anni di risorse insufficienti e da piani di rientro che, se da un lato hanno imposto tagli lineari, dall’altro non sempre sono riusciti a innescare quei meccanismi virtuosi di riorganizzazione necessari per abbattere i costi improduttivi. La differenza tra le aziende ospedaliere del Nord e quelle del Sud risiede spesso nella capacità delle prime di sfruttare economie di scala e di investire in tecnologie digitali che snelliscono le procedure, riducono i tempi morti e ottimizzano il percorso del paziente all’interno della struttura, permettendo così di contenere la spesa giornaliera pur mantenendo elevati standard assistenziali.
Il confronto con il modello settentrionale
La classifica Agenas conferma dunque una tendenza consolidata che vede molte aziende ospedaliere del Sud registrare valori superiori alla media nazionale, mostrando evidenti difficoltà nel contenere la spesa giornaliera entro parametri di sostenibilità. Nel Nord Italia, la situazione appare decisamente più equilibrata, grazie a investimenti continuativi nel tempo, una maggiore stabilità gestionale e un ricorso più strutturato all’innovazione tecnologica. Le grandi strutture ospedaliere di regioni come la Lombardia, il Veneto o l’Emilia-Romagna, pur trattando casistiche di estrema complessità che attraggono pazienti da tutta la penisola, riescono spesso a mantenere i costi di degenza sotto controllo grazie a un elevato indice di rotazione dei posti letto e a protocolli clinici che favoriscono dimissioni appropriate e tempestive. La capacità di integrare l’assistenza ospedaliera con quella territoriale gioca un ruolo fondamentale in questa dinamica: dove il territorio funziona e le strutture intermedie sono attive, l’ospedale può concentrarsi sulla fase acuta della malattia, riducendo i tempi di ricovero e, di conseguenza, i costi per giornata.
Al contrario, nelle regioni meridionali, la carenza di servizi territoriali costringe spesso gli ospedali a farsi carico di problematiche sociosanitarie che prolungano impropriamente le degenze, trasformando i reparti per acuti in ammortizzatori sociali dove i pazienti rimangono ricoverati più a lungo del necessario per mancanza di alternative assistenziali esterne. Questo fenomeno, noto come inappropriatezza organizzativa, è una delle cause principali del divario di costo evidenziato dal report. Inoltre, la minore attrattività di alcune strutture del Sud, che si traduce nel fenomeno della mobilità sanitaria passiva verso il Nord, comporta una perdita di risorse economiche che impoverisce ulteriormente i sistemi regionali di provenienza, creando un circolo vizioso in cui la mancanza di fondi impedisce quegli investimenti strutturali necessari per recuperare efficienza e competitività. Il quadro che ne deriva è quello di un Servizio Sanitario Nazionale che necessita urgentemente di interventi correttivi mirati non solo al ripianamento dei debiti, ma a una profonda revisione dei processi produttivi e organizzativi nelle aree più critiche del Paese.
Il report Agenas, elaborato da Quotidiano Sanità, non si limita dunque a fornire una sterile graduatoria di costi, ma lancia un allarme preciso sulla sostenibilità del sistema sanitario nelle regioni meridionali, dove l’inefficienza della spesa rischia di compromettere ulteriormente il diritto alla salute dei cittadini. La sfida per il futuro sarà quella di allineare le performance gestionali del Sud agli standard del Nord, non attraverso tagli indiscriminati, ma tramite una riqualificazione della spesa che passi per l’innovazione, la digitalizzazione e il potenziamento della medicina territoriale, unici strumenti in grado di abbattere i costi delle degenze senza intaccare la qualità delle cure. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!
