La perizia tecnica nell’incidente probatorio sul caso Garlasco ha consegnato un verdetto tanto atteso quanto dibattuto. Dai calcoli biostatistici emerge che il profilo genetico trovato sulle unghie di Chiara Poggi risulta compatibile con la linea genetica maschile della famiglia Sempio, con un supporto definito da moderatamente forte a forte e moderato. Tuttavia, la genetista Denise Albani ha sottolineato come la quantità e le condizioni del materiale biologico analizzato non consentano di giungere a un risultato certamente affidabile, e soprattutto non permettano di identificare un singolo soggetto specifico.
La relazione tecnica, articolata in novantaquattro pagine e depositata presso il tribunale di Pavia il tre dicembre duemilaventicinque, rappresenta il culmine di mesi di accertamenti condotti dalla commissaria capo tecnico biologo Albani, dalla polizia scientifica di Milano, affiancata dai dattiloscopisti Domenico Marchigiani e Giovanni Di Censo. Gli esperti hanno analizzato il materiale genetico repertato nel duemilasette sui margini ungueali della vittima, concentrandosi su tracce che in passato erano state considerate non utilizzabili. La perizia precedente, eseguita dal professor Francesco De Stefano durante il processo di appello bis che portò alla condanna di Alberto Stasi, aveva infatti ritenuto quel DNA maschile troppo degradato e contaminato per fornire una indicazione positiva di identità.
Il punto centrale della nuova valutazione riguarda la natura stessa del materiale analizzato. Si tratta di aplotipi misti parziali per i quali, come evidenziato nella perizia, non è possibile stabilire con rigore scientifico se provengano da fonti del DNA depositate sotto oppure sopra le unghie della vittima e, nell’ambito della stessa mano, da quale dito provengano esattamente. Ancora più complesso risulta determinare quali siano state le modalità di deposizione del materiale biologico originario, perché ciò si sia verificato, se per contaminazione o per trasferimento avventizio diretto o mediato, e soprattutto quando sia avvenuta la deposizione del materiale biologico.
La compatibilità riscontrata con Andrea Sempio e tutti i soggetti a lui imparentati in via patrilineare va da moderatamente forte a forte sulla base della popolazione di riferimento in relazione al materiale genetico analizzato su un’unghia della mano destra, ed è moderata in relazione all’unghia della mano sinistra di Chiara Poggi. La perita ha utilizzato per i calcoli biostatistici il database YHRD, acronimo di Y-STR Haplotype Reference Database, che rappresenta il più completo archivio esistente per la ricerca degli aplotipi in ambito forense. Il confronto è stato effettuato con oltre trentanovemila aplotipi europei e trecentoquarantanovemila mondiali presenti nei database internazionali.
La questione dell’aplotipo Y costituisce il nodo tecnico fondamentale della vicenda. Il cromosoma Y, presente solo negli individui maschi, viene ereditato esclusivamente dal padre e passa quasi identico da generazione a generazione perché non si ricombina con il cromosoma X. Questo materiale genetico non serve per identificare un singolo individuo ma risulta utile per risalire a un profilo familiare. Hanno lo stesso profilo Y una persona di sesso maschile, suo padre, i figli e gli zii paterni. Per questo motivo la stessa genetista Albani aveva precisato nell’udienza del ventis ei settembre scorso che non potrà mai dire che quel profilo appartiene a una persona specifica, perché è proprio concettualmente sbagliato essendo un aplotipo. La sola deduzione che si può evidenziare è un contesto familiare di appartenenza, ma sicuramente non va a individuare una singola persona.
La difesa di Andrea Sempio, rappresentata dagli avvocati Liborio Cataliotti e Angela Taccia insieme ai consulenti Armando Palmegiani e Marina Baldi, ha commentato che al dato della biostatistica viene attribuita importanza minore di quanto ritenuto dall’opinione pubblica. Il numero di campioni Y di maschi italiani inseriti nella banca dati utilizzata è di soli cinquemila, e nel software stesso è specificato che non può essere usato a fini probatori. I legali puntano sull’ipotesi di un DNA da contatto, un passaggio occasionale su oggetti o superfici della casa dei Poggi che Sempio frequentava per ragioni di amicizia con Marco Poggi, fratello della vittima. La traccia, secondo la difesa, non è databile e non può essere collocata nel giorno dell’omicidio.
Le criticità tecniche riscontrate dalla perita Albani derivano dalle scelte metodologiche effettuate nelle analisi precedenti, in particolare quelle condotte dal perito della corte di appello Francesco De Stefano. Le decisioni relative ai volumi di eluato utilizzati, il mancato congelamento del DNA e l’utilizzo di diversi volumi di eluato per le tre sessioni di tipizzazione Y hanno di fatto condizionato le successive valutazioni perché non hanno consentito di ottenere esiti replicati congiuntamente comparabili al fine di giungere a un risultato che fosse certamente affidabile e consolidato o, diversamente, certamente non interpretabile perché caratterizzato da artefatti.
Nonostante queste rilevanti criticità nei valori a disposizione, la perita ha comunque deciso di procedere con la comparazione di quelle tracce con il profilo Y di Sempio, tenuto conto dei distinti profili genetici nel loro complesso. La relazione sostanzialmente non si discosta da quella già effettuata dalla procura con il professor Carlo Previderè, ma nulla aggiunge sul come e sul quando quelle tracce di cromosoma Y del nuovo indagato siano finite sul corpo della vittima. Il quesito del giudice peraltro non comprendeva questo aspetto, limitandosi alla valutazione tecnica della compatibilità genetica.
L’udienza del diciotto dicembre duemilaventicinque rappresenterà il momento decisivo per la discussione degli esiti dell’incidente probatorio. Le parti avranno modo di confrontarsi davanti alla giudice per le indagini preliminari Daniela Garlaschelli sui risultati delle analisi condotte nei mesi scorsi. Gli esperti nominati dalle parti si daranno battaglia in particolare sugli esiti delle analisi sul DNA repertato sulle unghie di Chiara, con uno scontro che si preannuncia molto tecnico e decisivo per le sorti giudiziarie del caso. Le parti hanno tempo fino al sedici dicembre per consegnare le proprie considerazioni e contro-deduzioni che verranno poi discusse in aula.
Oltre al DNA sulle unghie, l’incidente probatorio ha riguardato anche l’analisi delle impronte trovate nella villetta di via Pascoli a Garlasco. Nessuna impronta delle circa sessanta trovate nell’abitazione è stata attribuita a Sempio, né nessuna traccia genetica diversa da quella sulle unghie risulta riconducibile al trentasettenne. Sulla spazzatura le tracce sono della vittima e una, su una bottiglia di tè freddo, appartiene a Alberto Stasi, l’allora fidanzato condannato in via definitiva a sedici anni di carcere come unico autore del delitto.
La questione dell’impronta trentatré, trovata sulla parete destra della scala che portava alla taverna di casa Poggi, resta fuori dall’incidente probatorio. Questa impronta palmare, individuata all’altezza del terzo gradino dall’alto dei tredici presenti nella ripida scala a spirale senza corrimano, era stata attribuita dagli inquirenti ad Andrea Sempio sulla base di quindici punti di contatto con il palmo della sua mano, tre in più dei dodici sufficienti a garantire la coincidenza secondo i parametri standard. Tuttavia, i consulenti della famiglia Poggi hanno stabilito l’estraneità dell’impronta alla dinamica omicidiaria e la non attribuibilità della stessa a Sempio, mentre la difesa di Stasi sostiene che si tratterebbe di un’impronta intrisa di sangue.
La vicenda si inserisce nel complesso scenario delle nuove indagini sul delitto di Garlasco, riaperte dalla procura di Pavia dopo che nel duemilaventidue era stata presentata un’istanza di revisione del processo da parte della difesa di Alberto Stasi. Andrea Sempio, trentasette anni, impiegato, era amico di lunga data di Marco Poggi, il fratello minore di Chiara. All’epoca dei fatti, nel duemilasette, aveva diciannove anni e frequentava abitualmente la villetta dei Poggi insieme al gruppo di amici. Era già stato al centro delle indagini tra il duemilasedici e il duemiladiciassette, ma le accuse nei suoi confronti erano state archiviate su richiesta dell’allora procuratore aggiunto Mario Venditti, oggi a sua volta indagato dalla procura di Brescia per corruzione in atti giudiziari.
La posizione di Andrea Sempio nell’attuale indagine è quella di indagato per omicidio in concorso con ignoti o con Alberto Stasi. Questa formulazione dell’accusa ha suscitato perplessità e dibattiti giuridici, considerando che Stasi è già stato condannato in via definitiva come unico autore del delitto. La questione del concorso nel reato con un soggetto già condannato singolarmente presenta profili di complessità che potrebbero aprire scenari inediti nel panorama processuale italiano, con il rischio di situazioni paradossali simili a quelle verificatesi in altri celebri casi di cronaca giudiziaria.
Il percorso processuale che ha portato alla condanna di Alberto Stasi è stato lungo e tortuoso. Dopo due assoluzioni in primo grado e in appello, la Cassazione aveva annullato la sentenza ordinando un nuovo processo di secondo grado. Nell’appello bis, Stasi venne riconosciuto colpevole e condannato a ventiquattro anni di reclusione per omicidio volontario, con l’esclusione delle aggravanti della crudeltà e della premeditazione. La pena venne poi ridotta a sedici anni grazie al rito abbreviato. Nel duemilaquindici la Corte Suprema di Cassazione confermò definitivamente la condanna. Stasi ha sempre proclamato la propria innocenza e i suoi legali hanno presentato ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo per richiedere la revisione del processo, ricorso che non fu accolto.
La genetista Denise Albani, trentacinque anni, è commissario capo tecnico biologo della polizia di stato, vincitrice del concorso bandito nel duemilasedici per i tecnici biologi. Ha conseguito una laurea triennale all’Università del Salento in scienze biologiche e la magistrale con curriculum biosanitario, entrambe con centodieci e lode. Nel duemilaquindici ha ottenuto un master di secondo livello in genetica forense all’Università Tor Vergata di Roma. Prima di entrare in polizia è stata borsista presso il laboratorio di genetica forense dello stesso ateneo romano. La sua nomina come perito super partes nell’incidente probatorio è avvenuta dopo che la giudice per le indagini preliminari aveva accolto la ricusa della procura sul precedente perito Emiliano Giardina, che aveva rilasciato una vecchia intervista al programma televisivo Le Iene nella quale si era già espresso sull’utilizzabilità delle tracce di DNA.
Il caso Garlasco continua a tenere banco nell’opinione pubblica italiana a distanza di diciotto anni dall’omicidio. La ventiseienne Chiara Poggi fu trovata senza vita il tredici agosto duemilasette nella villetta di famiglia in via Pascoli a Garlasco, in provincia di Pavia, dal fidanzato Alberto Stasi che alle tredici e cinquanta alertò le forze dell’ordine. Il corpo della giovane venne rinvenuto adagiato sulle scale della taverna, uccisa con numerosi colpi inferti con un oggetto contundente mai ritrovato. Le indagini si concentrarono fin da subito su Stasi, i cui vestiti troppo puliti non convinsero gli inquirenti. Come poteva non avere tracce di sangue addosso se era stato lui a trovare la vittima?
La ricostruzione accusatoria che portò alla condanna definitiva di Stasi si basò sulla convinzione che Poggi fosse stata uccisa da una persona conosciuta e arrivata sul luogo in bicicletta. Alcuni vicini di casa avevano parlato di una bicicletta vista nelle vicinanze della villetta nelle ore dell’omicidio. Fu analizzato l’alibi informatico di Stasi, che aveva dichiarato di essere a casa propria al momento del delitto. Gli accertamenti tecnici stabilirono che Stasi era effettivamente connesso al proprio computer tra le nove e trentacinque e le dodici e venti, lasciando una finestra temporale di soli ventitré minuti come possibile periodo per commettere l’omicidio. Questa brevità temporale fu uno degli elementi che portarono all’assoluzione in primo grado da parte del giudice Vitelli, che sottolineò come le criticità fossero molte e come fosse ragionevole dubitare della colpevolezza di Stasi, anche considerando che sulle unghie della vittima non era stato trovato il DNA dell’imputato ma quello di un’altra persona.
La svolta nelle nuove indagini arrivò quando i consulenti della difesa di Stasi, in particolare Ugo Ricci con l’expert opinion di Lutz Roewer, e successivamente quelli della procura di Pavia, Carlo Previderè e Pierangela Grignani, rivalutarono le tracce genetiche sulle unghie arrivando alla non esclusione del DNA di Andrea Sempio nel raffronto con l’aplotipo Y di Ignoto uno, seppur misto a quello di un Ignoto due non identificato. Questa rivalutazione portò alla riapertura del fascicolo giudiziario e all’iscrizione di Sempio nel registro degli indagati per omicidio in concorso nel marzo duemilaventicinque.
La famiglia Poggi ha sempre partecipato a tutti gli atti istruttori attraverso i propri legali e consulenti. I genitori e il fratello Marco hanno espresso posizioni articolate rispetto alle nuove indagini. Tramite i loro consulenti hanno fatto sapere di ritenere non attendibili alcuni elementi delle nuove perizie, in particolare riguardo all’impronta trentatré. Il rapporto tra Marco Poggi e Andrea Sempio, un tempo amici di lunga data cresciuti insieme fin dall’asilo, è al centro dell’attenzione investigativa. Gli inquirenti hanno riascoltato Marco per comprendere meglio la natura di questa amicizia e le frequentazioni del gruppo nella villetta di via Pascoli. Alcune discrepanze sono emerse tra le dichiarazioni di Sempio, che raccontava di muoversi liberamente in tutta la casa dei Poggi, e quelle di Marco, secondo cui il gruppo di amici si sarebbe incontrato prevalentemente altrove.
L’altra inchiesta parallela riguarda l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti, indagato dalla procura di Brescia per corruzione in atti giudiziari. Secondo l’ipotesi accusatoria, Venditti avrebbe ricevuto denaro dai familiari di Andrea Sempio in cambio della richiesta di archiviazione del procedimento a suo carico nel duemiladiciassette. Venditti ha sempre respinto con forza queste accuse, definendole ridicole e parlando di accanimento nei suoi confronti. In un’intervista al Tg1 ha sottolineato come il giudice per le indagini preliminari, nel decreto di archiviazione del duemiladiciassette, gli avesse contestato un eccesso di iniziativa, affermando che si sarebbe dovuto fermare al rigetto dell’istanza di revisione del gennaio duemiladiciassette e che aver svolto l’indagine su Sempio era stato un eccesso di zelo. Venditti ha subito tre perquisizioni in un mese da parte della procura di Brescia, una situazione che lui stesso ha definito non normale.
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio è intervenuto sul caso Garlasco esprimendo perplessità sulla condanna di Stasi. Secondo Nordio esiste un vizio di origine nella vicenda, perché la condanna per l’omicidio di Chiara Poggi non va oltre il ragionevole dubbio. Questo sarebbe sintomo che forse qualcosa di sbagliato esiste nel sistema giudiziario italiano. Le dichiarazioni del ministro hanno riacceso il dibattito sulla giustizia e sugli errori giudiziari, un tema particolarmente sentito quando si tratta di casi complessi e mediatici come quello di Garlasco.
La prossima udienza del diciotto dicembre duemilaventicinque rappresenterà quindi un momento cruciale per comprendere quale direzione prenderanno le indagini. La procura di Pavia, guidata dal procuratore Fabio Napoleone con l’aggiunto Stefano Civardi e la pm Valentina De Stefano, continua a lavorare insieme ai carabinieri del nucleo investigativo di Milano per completare il quadro investigativo. Si prevede che entro l’inizio del duemilaventisei possa arrivare la richiesta di chiusura indagini e l’eventuale rinvio a giudizio di Andrea Sempio, a quel punto la battaglia si sposterà nelle aule di tribunale con un processo che si preannuncia lungo e combattuto, dove la scienza forense e le sue interpretazioni saranno al centro del confronto tra accusa e difesa.
La questione della datazione delle tracce biologiche rimane uno dei nodi irrisolti più importanti. Stabilire quando il DNA sia stato depositato sulle unghie di Chiara Poggi risulta tecnicamente impossibile con le metodologie attuali. Questo lascia aperta l’ipotesi della difesa di Sempio secondo cui il contatto genetico potrebbe essere avvenuto in un momento precedente all’omicidio, attraverso oggetti o superfici comuni presenti nella villetta che Sempio frequentava regolarmente. La differenza tra un DNA da aggressione e un DNA da contatto occasionale potrebbe risultare determinante per le sorti processuali, ma i valori RFU, ovvero la soglia scelta per l’analisi, presenti nei campioni sono molto bassi, superando di poco i duecento, con nessun picco superiore ai mille e una media di valori bassissimi sia per l’unghia attribuibile alla mano destra che per quella della mano sinistra. In caso di aggressione, secondo i consulenti della difesa, ci si aspetterebbe valori al di sopra dei duemila-tremila.
Il caso Garlasco rappresenta un esempio paradigmatico delle complessità che caratterizzano le indagini forensi moderne, dove la scienza genetica offre strumenti sempre più sofisticati ma al contempo pone questioni interpretative che richiedono estrema cautela. La vicenda solleva interrogativi fondamentali sulla natura della prova scientifica, sui suoi limiti e sulle modalità con cui deve essere valutata in ambito giudiziario. L’equilibrio tra la necessità di fare giustizia per una vittima e la tutela dei diritti di difesa degli indagati passa attraverso la corretta comprensione e applicazione dei principi scientifici, dove la certezza assoluta spesso non è raggiungibile e occorre muoversi nel territorio del ragionevole dubbio e della probabilità statistica, concetti che il diritto penale deve saper gestire con rigore e trasparenza. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!
