La stagione del Superbonus edilizio si avvia al tramonto, ma per migliaia di proprietari di immobili italiani si apre una fase ben più insidiosa e potenzialmente drammatica: quella dei controlli fiscali. L’Agenzia delle Entrate ha avviato una campagna di verifiche sistematiche che coinvolge in particolare i condomini, gli unici edifici che hanno ancora margine temporale per completare i cantieri entro il termine ultimo del 31 dicembre 2025. Un’attività di accertamento destinata a protrarsi per anni e che rischia di travolgere anche contribuenti in perfetta buona fede, chiamati a restituire somme ingenti maggiorate di sanzioni e interessi.
Secondo i dati dell’ENEA aggiornati a fine ottobre 2025, dei quasi 140mila condomini che hanno avviato lavori con il Superbonus, circa il 5 per cento non ha ancora ultimato gli interventi. Si tratta di quasi 6.400 edifici sparsi sul territorio nazionale, con centinaia di migliaia di famiglie potenzialmente esposte a conseguenze economiche devastanti. Il problema non riguarda soltanto chi non riesce a chiudere i cantieri entro la scadenza prevista, ma si estende a tutti quegli immobili dove emergono difformità tecniche, documentali o procedurali di qualsiasi genere.
L’aspetto più inquietante della vicenda risiede nella rigidità della normativa fiscale. Per l’Agenzia delle Entrate, il primo e principale responsabile del corretto utilizzo delle agevolazioni è sempre il committente, ovvero il condominio che ha deliberato i lavori in assemblea. Non conta se l’impresa edile è fallita a metà cantiere, se il tecnico ha sbagliato le asseverazioni energetiche, se i materiali forniti non rispettano i requisiti previsti o se l’amministratore ha gestito male le pratiche burocratiche. La detrazione decade e il condominio deve restituire tutto quanto già fruito, anche se in forma di sconto in fattura o cessione del credito.
Le irregolarità contestate dall’Agenzia delle Entrate sono molteplici e spaziano su diversi livelli. In primo luogo vengono verificati i cantieri rimasti incompleti, dove i lavori non sono stati portati a termine nei tempi previsti. Un’opera edilizia non conclusa comporta automaticamente la perdita totale del beneficio fiscale, anche se sono stati già certificati stati di avanzamento lavori e pagati acconti consistenti alle imprese. La ratio della norma è spietata nella sua chiarezza: il diritto alla detrazione si consolida definitivamente soltanto con la fine dei lavori attestata dalla documentazione regolare.
Altrettanto rilevante risulta il mancato raggiungimento del requisito fondamentale del Superbonus: il miglioramento di almeno due classi energetiche dell’intero edificio condominiale. Non è sufficiente che alcuni appartamenti abbiano conseguito il salto prestazionale richiesto, né che singole porzioni dell’immobile abbiano ottenuto certificazioni energetiche migliori. L’attestato di prestazione energetica deve dimostrare che l’intero fabbricato ha compiuto il salto qualitativo previsto dalla legge, altrimenti l’agevolazione non spetta e va restituita integralmente.
Le verifiche dell’Agenzia delle Entrate si concentrano inoltre sulle asseverazioni tecniche e sugli stati di avanzamento lavori, documenti che devono attestare la conformità degli interventi realizzati rispetto ai progetti approvati e ai requisiti normativi. Incongruenze anche minime nella documentazione tecnica, discrepanze tra materiali dichiarati e materiali effettivamente installati, difformità nelle quantità certificate o errori nelle valutazioni energetiche possono far scattare la revoca completa del beneficio. Si è già verificato in numerosi casi che asseverazioni redatte in modo superficiale o impreciso abbiano portato al disconoscimento totale delle detrazioni, con conseguenze economiche catastrofiche per i condomini.
Un altro fronte critico riguarda i materiali utilizzati nei cantieri. Il Superbonus prevede requisiti tecnici stringenti per tutti i componenti edilizi e impiantistici installati, che devono rispettare specifiche caratteristiche di prestazione energetica, possedere certificazioni di conformità e rispondere ai criteri ambientali minimi previsti dalla normativa. L’utilizzo di materiali non conformi, privi di marcatura CE, senza schede tecniche certificate o con prestazioni inferiori a quelle dichiarate costituisce causa di decadenza dal beneficio fiscale, indipendentemente dalla consapevolezza o meno del committente rispetto a tali irregolarità.
Sul piano sanzionatorio, le conseguenze per i contribuenti risultano particolarmente severe. Quando l’Agenzia delle Entrate accerta l’illegittima fruizione del Superbonus, procede innanzitutto alla revoca totale dell’agevolazione e richiede la restituzione integrale degli importi indebitamente percepiti. A questa somma si aggiungono gli interessi calcolati dalla data di utilizzo del credito e una sanzione amministrativa pari al 25 per cento dell’importo del credito utilizzato in compensazione. Nei casi più gravi, quando il credito viene considerato inesistente anziché semplicemente non spettante, le sanzioni possono arrivare fino al 200 per cento dell’importo e si aprono scenari di responsabilità penale per truffa aggravata ai danni dello Stato.
La distinzione tra credito non spettante e credito inesistente assume quindi rilevanza cruciale. Il primo si configura quando sussistono irregolarità formali o parziali che non tolgono completamente il diritto alla detrazione ma ne riducono l’ammontare legittimo. Il secondo riguarda situazioni in cui mancano totalmente i presupposti costitutivi del beneficio, come nel caso di lavori mai eseguiti, fatture per operazioni inesistenti o documentazione completamente falsa. In questa seconda ipotesi, le conseguenze diventano drammatiche e possono coinvolgere anche profili penali con sequestri preventivi dei crediti e apertura di procedimenti giudiziari.
La responsabilità dei singoli condomini costituisce uno degli aspetti più controversi dell’intera vicenda. Molti proprietari si sono trovati coinvolti in decisioni assembleari approvate dalla maggioranza, hanno seguito le indicazioni di amministratori e tecnici professionisti, hanno affidato la gestione delle pratiche a soggetti qualificati e si sono fidati delle asseverazioni rilasciate da ingegneri e architetti abilitati. Nonostante la totale assenza di dolo e l’evidente buona fede, questi contribuenti rischiano di dover restituire decine di migliaia di euro per irregolarità di cui erano completamente all’oscuro e sulle quali non avevano alcuna possibilità di controllo effettivo.
La normativa prevede comunque forme di responsabilità solidale che possono coinvolgere altri soggetti oltre al committente. In presenza di concorso nella violazione con dolo o colpa grave, anche il fornitore che ha applicato lo sconto in fattura e i cessionari del credito possono essere chiamati a rispondere del recupero delle somme. Questa responsabilità solidale scatta però soltanto quando si dimostri un’effettiva partecipazione consapevole alla violazione, mentre l’onere della prova ricade sull’Amministrazione finanziaria che deve provare l’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave.
Dal punto di vista temporale, i controlli dell’Agenzia delle Entrate possono protrarsi per periodi molto lunghi. Per i crediti non spettanti, l’accertamento può essere notificato entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione con cui si fruisce del beneficio fiscale. Per i crediti considerati inesistenti, in particolare quelli oggetto di cessione, l’atto di recupero può arrivare addirittura entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello di utilizzo irregolare. Questo significa che anche chi ha completato i lavori anni fa non può considerarsi al sicuro dalle verifiche fiscali.
Un’altra linea di controllo avviata dall’Agenzia delle Entrate riguarda l’aggiornamento catastale degli immobili che hanno beneficiato del Superbonus. La normativa prevede l’obbligo di presentare dichiarazione di variazione catastale quando gli interventi comportano un incremento della rendita superiore al 15 per cento rispetto al valore precedente. Migliaia di proprietari hanno già ricevuto lettere di compliance con cui il Fisco li invita a regolarizzare la propria posizione entro 90 giorni, pena l’avvio di accertamenti fiscali per il recupero delle maggiori imposte dovute, a partire dall’IMU.
Per i condomini che si trovano con cantieri ancora aperti, il tempo stringe inesorabilmente. Entro il 31 dicembre 2025 devono essere completati tutti gli interventi e depositata la documentazione che attesta la fine delle opere. Non conta quanto poco manchi al termine dei lavori o quali siano le cause del ritardo: se la documentazione finale non viene presentata entro la scadenza, il Fisco non riconosce alcuna attenuante e procede al recupero integrale delle somme. Questo significa che migliaia di famiglie stanno vivendo settimane di apprensione mentre le imprese cercano disperatamente di ultimare i cantieri, spesso con organici ridotti e in condizioni climatiche sfavorevoli.
Le cause più frequenti di mancato completamento dei lavori includono il fallimento o la sparizione delle imprese appaltatrici, i ritardi nella fornitura dei materiali, i problemi finanziari legati al blocco della cessione del credito, le controversie tecniche emerse in corso d’opera e gli errori progettuali che hanno richiesto varianti non preventivate. In tutti questi casi, indipendentemente dalle responsabilità effettive, il committente resta esposto alle richieste del Fisco e deve trovare soluzioni rapide per evitare la perdita totale del beneficio.
Dal punto di vista documentale, risulta essenziale che i condomini conservino con estrema cura tutta la documentazione relativa agli interventi realizzati. Gli esperti consigliano di mantenere un archivio completo per almeno 12 anni, comprensivo di: attestati di prestazione energetica iniziali e finali, asseverazioni tecniche complete di tutti gli allegati, relazioni tecniche e progetti depositati, pratiche edilizie con relative ricevute, elaborati grafici e schede tecniche dei materiali installati, fatture e ricevute di pagamento, bonifici parlanti con causale specifica, visto di conformità, dichiarazioni dei redditi, comunicazioni di cessione del credito, fotografie dei lavori in corso e completati.
Sul fronte delle possibili difese, i contribuenti che ricevono atti di recupero dall’Agenzia delle Entrate hanno diverse strade percorribili. In primo luogo possono richiedere il contraddittorio preventivo, un istituto che consente di confrontarsi con l’Amministrazione prima dell’emissione dell’atto definitivo, fornendo chiarimenti e documentazione integrativa che potrebbero dimostrare la legittimità delle detrazioni fruite. In secondo luogo, qualora venga comunque notificato un avviso di accertamento, resta possibile l’impugnazione davanti alle Commissioni tributarie, dove si potrà contestare la fondatezza delle contestazioni mosse dal Fisco.
Particolare attenzione merita anche la posizione degli amministratori di condominio, figure centrali nell’intera vicenda del Superbonus. La giurisprudenza ha chiarito che quando l’assemblea delibera lavori straordinari, l’amministratore deve garantire che tutte le operazioni richieste siano portate a termine entro i termini stabiliti, in modo da permettere di usufruire dei benefici previsti. La mancata fruizione dell’agevolazione fiscale da parte del condominio può comportare la responsabilità dell’amministratore, se si dimostra che il danno non si sarebbe verificato in caso di corretto adempimento. Diversi tribunali hanno già condannato amministratori al risarcimento per perdita di chance quando ritardi colpevoli hanno fatto perdere il diritto al Superbonus.
La fase che si sta aprendo rappresenta quindi un momento critico per il sistema edilizio italiano. Da un lato lo Stato deve recuperare le risorse impegnate in modo illegittimo e contrastare le frodi che hanno caratterizzato una parte significativa dell’utilizzo del Superbonus. Dall’altro lato migliaia di famiglie in buona fede rischiano di trovarsi schiacciate da una macchina burocratica e fiscale che non distingue tra chi ha cercato di aggirare le regole e chi invece ha subito le conseguenze di errori altrui o di circostanze imprevedibili. Il conto finale di questa straordinaria stagione di incentivi edilizi potrebbe rivelarsi molto salato per una platea ben più ampia di quella che si sarebbe potuta immaginare quando il provvedimento venne varato nel pieno dell’emergenza pandemica.
Per i condomini che ancora non hanno completato i lavori, le prossime settimane saranno decisive. Chi non riuscirà a rispettare la scadenza del 31 dicembre dovrà prepararsi ad affrontare un percorso complesso fatto di verifiche fiscali, possibili contenziosi e richieste di restituzione. Chi invece ha già terminato gli interventi non può abbassare la guardia, perché i controlli dell’Agenzia delle Entrate proseguiranno per anni, scrutinando ogni dettaglio della documentazione tecnica e fiscale per individuare irregolarità che possano giustificare il recupero delle somme erogate. In questo scenario di incertezza generalizzata, l’unico consiglio possibile resta quello di dotarsi di un fascicolo documentale impeccabile e di rivolgersi tempestivamente a professionisti qualificati in caso di contestazioni, nella speranza di poter dimostrare la legittimità delle detrazioni fruite e scongiurare le pesanti conseguenze economiche che altrimenti potrebbero abbattersi sui proprietari degli immobili. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!
