Dopo oltre quattro decenni di assenza, l’Europa orientale si trova nuovamente a confrontarsi con il morbo di Hansen, conosciuto comunemente come lebbra. Romania e Croazia hanno confermato nelle ultime ore la ricomparsa della malattia infettiva cronica, una patologia che molti consideravano ormai relegata ai libri di storia della medicina occidentale. Le autorità sanitarie dei due Paesi hanno immediatamente attivato i protocolli di controllo, pur escludendo rischi significativi per la popolazione generale, data la bassa contagiosità della malattia e l’efficacia delle terapie disponibili.
In Romania, il ministero della Sanità ha confermato due casi di lebbra dopo quarantaquattro anni dall’ultima diagnosi registrata nel 1981. Entrambi i casi confermati riguardano donne indonesiane, di 21 e 25 anni, impiegate come massaggiatrici in un centro benessere di Cluj-Napoca, città della Transilvania. Altre due colleghe dello stesso salone sono attualmente sottoposte a valutazione clinica e microbiologica, presentando sintomi compatibili con la patologia. Le quattro donne provengono dall’Asia e lavoravano nel medesimo centro massaggi, dove sono stati disposti immediati provvedimenti sanitari.
Il ministro della Sanità rumeno Alexandru Rogobete ha disposto la sospensione temporanea dell’attività del centro per consentire un’indagine epidemiologica approfondita e la sanificazione completa dei locali mediante ozonizzazione. Le autorità hanno avviato controlli sanitari obbligatori per tutto il personale e un’estesa attività di tracciamento dei contatti. Una delle donne confermate positive aveva recentemente trascorso un mese in Asia presso la madre, anch’essa ricoverata per lo stesso morbo. Secondo quanto riportato da fonti locali, le due sorelle indonesiane avrebbero fornito servizi di massaggio anche ad artisti internazionali durante l’Untold Festival, uno dei più grandi eventi di musica elettronica al mondo, sollevando preoccupazioni per l’ampiezza dei contatti potenziali.
Anche la Croazia ha confermato un caso isolato di lebbra, il primo dopo oltre trent’anni, precisamente dal 1993. Bernard Kaić, responsabile del servizio per l’epidemiologia delle malattie infettive dell’Istituto croato di sanità pubblica, ha spiegato che il paziente si è presentato circa dieci giorni fa al servizio epidemiologico di Spalato con sintomi compatibili con la malattia. Si tratta di un lavoratore straniero originario del Nepal, residente in Croazia da due anni insieme alla propria famiglia. Il caso è stato individuato tempestivamente e la persona è attualmente in cura, mentre i contatti stretti hanno ricevuto una terapia post-esposizione preventiva, pur non risultando contagiati. Le autorità croate hanno assicurato che la situazione è completamente sotto controllo e che sono state avviate tutte le procedure di profilassi previste per casi analoghi.
Sull’allerta sanitaria europea è intervenuto Massimo Ciccozzi, epidemiologo dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, sottolineando come questi episodi rappresentino un caso tipico di "global health", dove le malattie non hanno più confini geografici definiti. Secondo l’esperto, si tratta di contagi legati ai viaggi e alla mobilità internazionale, casi isolati che non dovrebbero generare allarmismo ma richiedono comunque attenzione e vigilanza costante. Ciccozzi ha evidenziato come la lebbra potrebbe teoricamente arrivare anche in Italia in poche ore, considerando la vicinanza geografica con la Croazia e l’intensità dei flussi di persone che caratterizzano il mondo globalizzato contemporaneo.
L’Italia dispone tuttavia di strutture altamente qualificate per affrontare eventuali casi. L’epidemiologo ha citato l’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani di Roma e l’Ospedale Luigi Sacco di Milano come centri di eccellenza riconosciuti anche a livello europeo, in grado di diagnosticare e trattare efficacemente la malattia. Esistono inoltre quattro centri nazionali di riferimento specifici per il morbo di Hansen, situati a Genova, Cagliari, Gioia del Colle in provincia di Bari e Messina, come previsto dalle linee guida italiane per il controllo della patologia emanate fin dal 1999. Questi presidi garantiscono la capacità del sistema sanitario nazionale di riconoscere tempestivamente l’infezione e di gestire adeguatamente i casi clinici.
La lebbra, conosciuta anche come malattia di Hansen dal nome del medico norvegese Gerhard Armauer Hansen che nel 1873 scoprì il batterio responsabile, è una malattia infettiva cronica causata dal Mycobacterium leprae o dalla specie strettamente imparentata Mycobacterium lepromatosis. Si tratta di batteri intracellulari obbligati, acido-resistenti, che si replicano molto lentamente nell’organismo, con un tempo di raddoppiamento che varia dai quattordici ai quarantadue giorni. Questa caratteristica biologica spiega il lungo periodo di incubazione della malattia, che mediamente si aggira intorno ai cinque anni, ma può variare da pochi mesi fino a dieci o addirittura venti anni dal momento del contagio.
La trasmissione del morbo di Hansen avviene prevalentemente attraverso le goccioline respiratorie, emesse durante tosse, starnuti o semplicemente parlando, da parte di individui affetti dalla forma non trattata della malattia. Contrariamente a quanto si possa pensare, la lebbra presenta una contagiosità relativamente bassa e richiede contatti stretti e prolungati nel tempo per la trasmissione. Il contatto occasionale o di breve durata, come una stretta di mano o la condivisione di spazi comuni, non rappresenta un rischio significativo. Particolarmente rilevante è il fatto che circa il quaranta per cento delle trasmissioni avviene durante il periodo pre-sintomatico, quando la persona infetta non è ancora consapevole della propria contagiosità. Tuttavia, dopo la prima dose di rifampicina, farmaco chiave nel trattamento, la carica infettante viene ridotta del novantanove virgola novantanove per cento, rendendo i pazienti trattati sostanzialmente non contagiosi.
La malattia colpisce principalmente la pelle e i nervi periferici, ma può interessare anche altri organi come gli occhi, il naso, le vie respiratorie superiori, i testicoli, i linfonodi e la milza. I sintomi caratteristici comprendono lesioni cutanee sotto forma di macule chiare o rossastre con margini definiti, che presentano una caratteristica diminuzione della sensibilità termica, tattile e dolorifica. Queste manifestazioni dermatologiche sono spesso accompagnate da danni ai nervi periferici, che appaiono ingrossati e cordoniformi, causando perdita progressiva di sensibilità, formicolii, intorpidimento e debolezza muscolare. Nei casi più gravi e avanzati, il danno neurologico può portare alla perdita di mobilità muscolare, anestesia completa e insensibilità al calore e al dolore, con conseguenze potenzialmente invalidanti che possono interessare mani, piedi e altre estremità.
Esistono diverse forme cliniche della malattia, che variano in base alla risposta immunitaria dell’ospite. La forma paucibacillare, nota anche come lebbra tubercoloide, si caratterizza per sintomi prevalentemente neurologici confinati alla cute e ai nervi periferici, con un’evoluzione lenta e relativamente benigna. Questa forma non è contagiosa e si manifesta generalmente in persone con una buona immunità cellulare verso il Mycobacterium leprae. La forma multibacillare, denominata lebbra lepromatosa, presenta invece prevalenti lesioni cutanee multiple e simmetriche, è contagiosa e si sviluppa in individui con scarsa immunità cellulo-mediata contro il batterio. Esiste inoltre una terza forma, definita borderline o dimorfa, in cui compaiono sintomi di entrambe le categorie precedenti, con un quadro clinico instabile che può evolvere verso l’una o l’altra polarità.
La diagnosi precoce rappresenta un elemento cruciale nella gestione della malattia. Roberto Cauda, professore ordinario di malattie infettive all’Università Cattolica e direttore dell’Unità operativa di Malattie infettive della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli, ha sottolineato come il decorso lento della patologia possa portare, in assenza di intervento tempestivo, a esiti gravemente invalidanti. La perdita della motilità muscolare, l’anestesia di alcune parti del corpo, i danni oculari fino alla cecità sono conseguenze che possono essere evitate attraverso una diagnosi tempestiva. Una volta sospettata, la lebbra può essere confermata attraverso test microbiologici specifici, inclusi esami su biopsia cutanea che evidenziano la presenza di bacilli acido-resistenti e permettono di escludere altre patologie come la tubercolosi.
Il trattamento della lebbra si basa sulla polichemioterapia, un regime terapeutico raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che prevede l’uso combinato di più farmaci antimicrobici. Per la forma paucibacillare negli adulti, il protocollo standard comprende rifampicina seicento milligrammi una volta al mese e dapsone cento milligrammi al giorno, per una durata di sei mesi, estendibile fino a nove. Per la forma multibacillare, il trattamento include rifampicina seicento milligrammi una volta al mese, clofazimina trecento milligrammi una volta al mese e cinquanta milligrammi al giorno, più dapsone cento milligrammi al giorno, per un periodo di dodici mesi, prolungabile fino a diciotto. La terapia combinata è fondamentale per prevenire lo sviluppo di resistenze batteriche e garantire l’efficacia del trattamento. Se la diagnosi è precoce e la terapia viene avviata prima che compaiano le forme più gravi, la prognosi è decisamente favorevole e la guarigione completa è raggiungibile.
Nonostante l’efficacia delle cure disponibili, la lebbra rimane un problema sanitario globale significativo. Secondo l’ultimo rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità pubblicato a settembre 2024, nel corso del 2023 sono stati registrati complessivamente 182.815 casi globali di lebbra, con un incremento del cinque per cento rispetto all’anno precedente. Nel 2024, i dati più recenti indicano una leggera diminuzione, con 172.717 persone diagnosticate, pari a un calo di circa il cinque per cento. La malattia risulta altamente concentrata geograficamente, con tre Paesi che rappresentano circa il settanta-ottanta per cento del totale mondiale dei casi: l’India, con oltre centomila nuovi casi annui, il Brasile con circa ventitremila e l’Indonesia con circa quattordicimila diagnosi.
La lebbra è inserita dall’OMS nella lista delle Malattie Tropicali Neglette, patologie che rappresentano un indicatore di povertà e che colpiscono soprattutto popolazioni con basso livello di visibilità e scarso potere politico. Queste malattie tendono a non diffondersi geograficamente oltre le aree endemiche, causano stigma e discriminazione particolarmente a discapito di ragazze e donne, e hanno un importante impatto sulla morbosità. Rimangono presenti in oltre centoventiquattro Paesi, principalmente in aree dell’Asia, Africa e America Latina caratterizzate da condizioni socio-economiche precarie. Nonostante la percentuale di minori diagnosticati sia progressivamente diminuita, il numero assoluto rimane elevato: nel 2023, tra i nuovi casi, 10.322 riguardavano bambini e bambine con meno di quindici anni, pari al cinque virgola sette per cento del totale, dimostrando come la trasmissione della malattia sia ancora attiva e precoce.
Un dato particolarmente preoccupante riguarda le disabilità fisiche. Circa il tredici per cento dei nuovi casi diagnosticati presenta già disabilità gravi al momento della diagnosi, segno che il riconoscimento della malattia avviene tardivamente. Questo fenomeno è attribuibile alla scarsa conoscenza dei sintomi all’interno delle comunità, alle difficoltà di accesso ai servizi sanitari e alla scarsa qualità dei servizi di trattamento in molte aree endemiche. Le disabilità, una volta sviluppate, sono spesso irreversibili, sottolineando l’importanza critica della diagnosi precoce e dell’avvio tempestivo della terapia. Per questo motivo, l’OMS ha sviluppato una strategia globale denominata “Towards zero leprosy”, che mira all’eliminazione della malattia entro il 2030 attraverso la diminuzione significativa dei casi diagnosticati ogni anno, la riduzione delle persone che presentano disabilità gravi al momento della diagnosi e la diminuzione del numero di bambini infetti.
L’Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau, organizzazione che da sessant’anni si occupa di inclusione e lotta contro la lebbra, ha evidenziato come in un mondo globalizzato le malattie stiano diventando sempre più globali. I casi europei rappresentano l’effetto degli spostamenti globali delle persone, fenomeni isolati e molto rari che richiedono attenzione ma non devono generare allarmismo. Il rischio per la popolazione europea resta bassissimo, quasi trascurabile, e la lebbra non può essere considerata una minaccia per la salute pubblica nel continente. Tuttavia, la sporadicità dei casi potrebbe influire sulla capacità diagnostica da parte del personale sanitario europeo, meno abituato a riconoscere i sintomi di una patologia storicamente assente dalle latitudini continentali.
Persiste inoltre un problema di stigma sociale profondamente radicato nella storia. Per secoli, le persone affette da lebbra sono state emarginate, confinate in lebbrosari e sottoposte a discriminazioni sistematiche. Ancora oggi, in diversi Paesi, esistono leggi che consentono discriminazioni basate sulla malattia, perpetuando un ciclo di esclusione sociale che aggrava le conseguenze sanitarie. Lo stigma colpisce particolarmente le donne e le ragazze, contribuendo a ritardare la diagnosi per timore dell’emarginazione. Per questo motivo, gli sforzi internazionali non si concentrano soltanto sull’interruzione della trasmissione e sulla prevenzione delle disabilità, ma anche sull’eliminazione delle discriminazioni e sulla promozione dell’inclusione sociale, restituendo dignità alle persone colpite.
In conclusione, la ricomparsa della lebbra in Europa orientale rappresenta un segnale della crescente interconnessione globale e della necessità di mantenere elevata la sorveglianza epidemiologica anche per patologie considerate storicamente eliminate. Sebbene i casi rumeni e croati siano isolati e non configurino un’emergenza sanitaria, essi ricordano che in un’epoca di intensi movimenti migratori e commerciali nessuna malattia può dirsi definitivamente confinata. L’Italia, grazie ai suoi centri di riferimento e alla competenza dei professionisti sanitari, è preparata a riconoscere e gestire eventuali casi. La leggera diminuzione globale dei contagi registrata nel 2024 offre un cauto ottimismo, ma il traguardo dell’eliminazione della malattia richiederà ancora sforzi coordinati a livello internazionale, investimenti nella diagnosi precoce, accesso universale alle cure e, soprattutto, un impegno costante per superare lo stigma secolare che continua a gravare sulle persone affette dal morbo di Hansen. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!
