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Smartphone alla guida, l’unica soluzione è “bloccarli”: ecco come

Campagne e sanzioni non fermano il telefono al volante. Una proposta innovativa punta a risolvere il problema alla radice: bloccarlo lo smartphone superata una soglia di velocità.

C’è una contraddizione sempre più evidente sulle strade europee: viviamo nell’epoca dei sistemi di assistenza alla guida, delle auto che frenano da sole e chiamano i soccorsi in caso di incidente, ma continuiamo a tollerare che il principale fattore di distrazione resti libero, acceso e perfettamente funzionante tra le mani di chi guida. Lo smartphone, progettato per catturare l’attenzione in ogni momento della giornata, è oggi uno dei nemici più insidiosi della sicurezza stradale.

I dati sugli incidenti legati alla distrazione sono noti da anni e non mostrano miglioramenti significativi. Messaggi letti a semaforo appena scattato il verde, notifiche controllate “solo un secondo”, video avviati durante i rallentamenti in autostrada. È un comportamento diffuso, trasversale all’età e al livello di istruzione, che resiste alle campagne di sensibilizzazione e alle sanzioni sempre più severe introdotte in molti Paesi europei. La ragione è semplice: chiedere all’individuo di ignorare uno strumento costruito per richiamare costantemente la sua attenzione è una battaglia persa in partenza.

È qui che entra in gioco una proposta tanto radicale quanto inevitabile: spostare il problema dal piano morale a quello tecnologico. Se lo smartphone è parte del problema, allora deve diventare parte della soluzione. L’idea è quella di imporre per legge, a livello europeo, una modifica strutturale dei sistemi operativi mobili: superata una soglia minima di velocità – ad esempio 5 chilometri orari – il dispositivo dovrebbe diventare inutilizzabile per tutte le funzioni che richiedono interazione visiva o manuale. Schermo bloccato, app inattive, messaggistica disabilitata. Resterebbero attive solo le chiamate vocali tramite Bluetooth e i comandi vocali essenziali.

Dal punto di vista tecnico non si tratterebbe di una rivoluzione, ma di un’evoluzione. Gli smartphone moderni sono già perfettamente in grado di rilevare velocità, contesto di movimento e connessione a un veicolo. Le cosiddette “modalità guida” esistono da anni, ma sono facoltative, facilmente aggirabili e spesso disattivate dagli stessi utenti. La storia della sicurezza stradale insegna però una lezione chiara: ciò che è opzionale raramente funziona. Le cinture di sicurezza hanno salvato milioni di vite solo quando sono diventate obbligatorie; lo stesso vale per il casco, per l’ABS, per l’airbag. Nessuna di queste innovazioni ha fatto appello al buon senso: ha semplicemente eliminato la possibilità di scegliere il comportamento più pericoloso.

Un intervento di questo tipo può avere senso solo se coordinato a livello europeo. L’Unione Europea ha già dimostrato, in più occasioni, di saper orientare il mercato tecnologico globale quando in gioco ci sono diritti fondamentali e sicurezza pubblica. È accaduto con la privacy digitale, con gli standard ambientali, con i sistemi di emergenza obbligatori sulle auto nuove. Estendere questo approccio agli smartphone non sarebbe un’eccezione, ma una naturale prosecuzione di una visione che mette la tutela della vita al di sopra delle abitudini individuali.

Naturalmente le obiezioni non mancano. Si parla di libertà personale, di difficoltà nel distinguere chi guida da chi è passeggero, di possibili errori del sistema. Sono questioni reali, ma non insormontabili. La tecnologia di riconoscimento del contesto è in continua evoluzione e può essere affinata; eventuali modalità passeggero possono essere progettate in modo da ridurre gli abusi; le chiamate di emergenza resterebbero sempre garantite. Ma soprattutto, è necessario ribaltare la prospettiva: il diritto a scorrere uno schermo non può essere considerato più importante del diritto degli altri utenti della strada a tornare a casa vivi.

Il punto centrale, spesso eluso, è culturale. Continuiamo a pensare alla sicurezza come a una questione di responsabilità individuale, quando sappiamo perfettamente che l’errore umano è inevitabile. Le tecnologie più efficaci sono proprio quelle che non si affidano alla forza di volontà, ma che rendono l’errore impossibile o, quantomeno, molto più difficile. In questo senso, uno smartphone che si disattiva automaticamente alla guida non sarebbe un atto di controllo, ma di progettazione intelligente.

Forse è arrivato il momento di accettare una verità scomoda: non tutto ciò che è tecnicamente possibile deve essere sempre consentito. La vera innovazione non sta nel permettere l’uso continuo di ogni funzione, ma nel saper riconoscere quando fermarsi. Se l’Unione Europea decidesse di imporre questo principio anche al cuore della nostra vita digitale, non sarebbe una sconfitta della tecnologia. Sarebbe, finalmente, la sua maturità. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!