Il mondo cattolico si è svegliato questa mattina con la notizia della morte di Papa Francesco, avvenuta il 21 aprile 2025, nel giorno del Lunedì dell’Angelo. Una coincidenza temporale che non è passata inosservata agli occhi dei più attenti osservatori delle dinamiche vaticane e degli appassionati di profezie. La scomparsa del Pontefice argentino, infatti, ha riacceso i riflettori su due delle più celebri e discusse predizioni della storia: la profezia di San Malachia e quella di Nostradamus. Due testi antichi che, secondo alcuni interpreti, avrebbero non solo previsto la fine del pontificato di Bergoglio, ma anche delineato inquietanti scenari per il futuro della Chiesa cattolica e dell’umanità intera.
La morte di Papa Francesco in questa particolare data assume una valenza simbolica straordinaria: il Lunedì dell’Angelo rappresenta nella liturgia cattolica il giorno in cui, secondo il Vangelo di Matteo, l’angelo annuncia alle donne la Risurrezione di Cristo. È il momento in cui la vita trionfa sulla morte, in cui la luce dissipa le tenebre. Una cornice temporale che conferisce alla scomparsa del Pontefice un carattere quasi metafisico, amplificando l’eco di quelle antiche profezie che per secoli hanno alimentato timori e speranze nel cuore dei fedeli.
La profezia di San Malachia: l’ultimo papa e la fine del mondo
La cosiddetta “Profezia dei Papi” attribuita a San Malachia, arcivescovo irlandese vissuto nel XII secolo, è tornata prepotentemente alla ribalta. Secondo la tradizione, durante un viaggio a Roma nel 1139, Malachia avrebbe avuto una visione mistica in cui gli venivano rivelati i profili di 112 futuri pontefici, a partire da Celestino II (eletto nel 1143) fino all’ultimo papa della storia. Questo documento, scoperto e pubblicato solo nel 1595 dal monaco benedettino Arnold de Wyon, contiene 112 brevi motti in latino, ciascuno collegato simbolicamente a un futuro papa.
Ciò che rende particolarmente inquietante questa profezia è il suo epilogo. L’ultimo papa, denominato “Petrus Romanus” (Pietro il Romano), è l’unico descritto con un nome proprio e accompagnato da una predizione apocalittica: “Durante l’ultima persecuzione della Santa Romana Chiesa, siederà Pietro il Romano, che pascerà il suo gregge tra molte tribolazioni; passate queste, la città dei sette colli sarà distrutta e il tremendo Giudice giudicherà il suo popolo”. Un presagio che evoca la fine di Roma, la caduta della Chiesa e il Giudizio Universale.
La grande domanda che circola negli ambienti vaticani e tra gli studiosi di profezie è: Francesco era il penultimo papa della lista di Malachia, o era già lui “Pietro il Romano”? La risposta dipende dall’interpretazione che si dà ai motti precedenti. Secondo alcuni analisti, Benedetto XVI sarebbe stato identificato con “Gloria olivae” (la gloria dell’olivo), riferimento all’ordine benedettino che ha come simbolo l’ulivo. Francesco, invece, corrisponderebbe a “Petrus Romanus”, nonostante il nome non coincida letteralmente. Altri invece ritengono che Francesco fosse semplicemente il penultimo pontefice della lista, e che il vero “Pietro il Romano” debba ancora arrivare.
Un elemento che alimenta ulteriormente queste speculazioni è un dato architettonico: nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, dove sono esposti i medaglioni con i ritratti di tutti i papi della storia, resta un solo spazio vuoto. Una coincidenza che molti interpreti della profezia considerano tutt’altro che casuale.
La terzina di Nostradamus: il “romano di buona età”
Accanto alla profezia di Malachia, anche le quartine di Nostradamus, il celebre astrologo francese del XVI secolo, tornano al centro dell’attenzione. Una terzina in particolare viene ora riletta alla luce degli eventi recenti: “Per la morte di un Pontefice molto vecchio / Sarà eletto un romano di buona età / Di lui si dirà che indebolisce la sua sede / Ma a lungo siederà e in attività mordace”.
Il riferimento a un “Pontefice molto vecchio” viene immediatamente collegato a Papa Francesco, che è morto all’età di 88 anni. Il “romano di buona età” viene interpretato come un’indicazione che il successore sarà italiano, di età non avanzata. Alcuni osservatori hanno già iniziato a speculare su possibili candidati, con un’attenzione particolare rivolta al Segretario di Stato vaticano Pietro Parolin, il cui nome di battesimo (“Pietro”) coinciderebbe in modo inquietante con il “Petrus” della profezia di Malachia.
Le interpretazioni di queste antiche profezie si intrecciano con il clima di instabilità globale che caratterizza il nostro tempo. Guerre, tensioni geopolitiche, crisi ecologica e sociale sembrano fornire un contesto ideale per letture apocalittiche degli eventi contemporanei. La morte di Papa Francesco durante il Giubileo, in un giorno simbolicamente legato alla resurrezione, diventa così non solo un evento ecclesiale, ma un potenziale punto di svolta nella grande narrazione escatologica che da sempre accompagna la storia della Chiesa e dell’umanità.
Le critiche: profezie manipolate o interpretazioni forzate?
Non tutti, naturalmente, condividono questa lettura degli eventi. Numerosi storici e studiosi considerano la profezia di Malachia un falso storico, probabilmente redatto nel XVI secolo per influenzare le elezioni papali dell’epoca. Il fatto che i primi 70 motti della lista siano straordinariamente precisi mentre i successivi appaiano più vaghi e generici viene interpretato come una prova che si tratti di una “profezia a posteriori”, scritta quando i papi in questione erano già saliti al soglio pontificio.
Anche le quartine di Nostradamus sono oggetto di dibattito tra gli studiosi. La loro natura criptica e ambigua permette interpretazioni multiple e spesso contraddittorie, tanto che lo stesso astrologo francese si è più volte sbagliato nelle sue previsioni: la fine del mondo sarebbe dovuta arrivare nel 1999, e l’Anticristo avrebbe dovuto manifestarsi nel 2023.
Nonostante le critiche razionalistiche, tuttavia, il fascino di queste antiche profezie continua a esercitare un potere straordinario sull’immaginario collettivo. In un’epoca di incertezze e rapidi cambiamenti, la ricerca di segni e la lettura simbolica degli eventi rispondono a un bisogno profondo di dare senso al caos apparente della storia.
Nei prossimi giorni, mentre il mondo cattolico si prepara al Conclave che eleggerà il successore di Francesco, l’interesse per queste profezie è destinato a crescere ulteriormente. Gli osservatori più attenti scruteranno ogni indizio, ogni dettaglio delle procedure vaticane, cercando conferme o smentite ai presagi di Malachia e Nostradamus. E se davvero il prossimo papa dovesse chiamarsi Pietro, o provenire da Roma, o mostrare caratteristiche riconducibili ai motti profetici, il dibattito raggiungerebbe livelli di intensità mai visti prima.
In questo intreccio di fede, superstizione, storia e mitologia, una cosa appare certa: la morte di Papa Francesco ha riaperto interrogativi antichi quanto l’umanità sul destino ultimo della Chiesa e del mondo. Interrogativi che, al di là della loro fondatezza scientifica, riflettono le paure, le speranze e le aspirazioni più profonde dell’animo umano di fronte al mistero del futuro.