L’aggressione Fascista era un’Invenzione, Sindacalista Cgil Indagato per Simulazione di Reato

Il segretario genovese della Fillea Cgil ha ammesso di aver inventato l’aggressione fascista denunciata il 15 aprile. Ora rischia fino a tre anni di reclusione mentre il sindacato lo ha sospeso e si riserva azioni legali.

Una vicenda che ha scosso profondamente il panorama sindacale e politico genovese si è trasformata in un clamoroso caso giudiziario. Fabiano Mura, segretario genovese della Fillea Cgil, è stato iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di simulazione di reato dopo aver ammesso di aver completamente inventato l’aggressione fascista che aveva denunciato il 15 aprile scorso a Sestri Ponente. Una confessione che arriva dopo giorni di indagini e che ha portato la stessa Cgil a prendere drastici provvedimenti nei confronti del proprio dirigente.

Secondo quanto emerso dalle indagini coordinate dal sostituto procuratore Federico Manotti, Mura avrebbe costruito da zero il racconto dell’aggressione. Il sindacalista, convocato in Procura lo scorso 24 aprile come persona informata sui fatti, ha finito per crollare davanti alle evidenze raccolte dagli inquirenti, ammettendo di aver inventato l’episodio. A quel punto, l’audizione è stata interrotta e Mura è uscito dalla Procura con una nuova posizione: quella di indagato per simulazione di reato, un delitto che prevede la reclusione da uno a tre anni.

La versione inizialmente fornita dal sindacalista presentava un quadro inquietante: Mura aveva raccontato di essere uscito di casa intorno alle 7:15 per prendere l’auto in dotazione dal sindacato, di aver attaccato alcuni volantini pro referendum sulle fiancate del veicolo e di essere stato seguito da un’automobile da cui sarebbero scesi due individui. Questi ultimi, stando al suo racconto, lo avrebbero insultato con epiteti come “comunista di merda”, fatto il saluto romano e aggredito fisicamente con un colpo al costato. Il sindacalista si era recato al pronto soccorso del Villa Scassi, dove era stato visitato e dimesso con una prognosi di cinque giorni, sebbene i medici non avessero riscontrato lesioni evidenti.

Le prime crepe nel racconto di Mura erano apparse già poche ore dopo la denuncia. Gli investigatori della Digos, analizzando le telecamere di sorveglianza della zona, non avevano trovato riscontri che confermassero la versione del sindacalista. Quarantotto ore dopo aver sporto denuncia, Mura l’aveva ritirata, adducendo una “forte pressione emotiva”, pur continuando a sostenere la veridicità del suo racconto. Una mossa che aveva ulteriormente insospettito gli inquirenti, già alle prese con numerose incongruenze emerse durante le indagini.

La presunta aggressione aveva suscitato immediata indignazione nel mondo politico e sindacale genovese. La Cgil aveva organizzato una manifestazione a Sestri Ponente che aveva visto la partecipazione di centinaia di persone, tra cui anche Silvia Salis, candidata del centrosinistra alle Comunali, che aveva parlato di “clima che non va bene” ribadendo “lo spirito antifascista di Genova”. Una mobilitazione che, alla luce delle nuove rivelazioni, appare ora fondata su un evento mai accaduto.

La risposta della Cgil non si è fatta attendere. In una nota congiunta, Cgil Genova, Cgil Liguria e Fillea Genova hanno annunciato “la sospensione dell’iscrizione alla Fillea e quindi la revoca del distacco sindacale e di ogni incarico connesso alla persona coinvolta nei fatti”. Il sindacato ha inoltre precisato che “se le notizie apparse oggi saranno confermate dagli organismi inquirenti, la Cgil si riserva di tutelarsi nelle forme che valuterà più opportune e in tutti i modi possibili”. Una presa di posizione netta che evidenzia la gravità della situazione e il danno reputazionale subito dall’organizzazione.

Il reato contestato a Mura, la simulazione di reato, è disciplinato dall’articolo 367 del codice penale e punisce chiunque “con denuncia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso nome, diretta all’Autorità giudiziaria o ad un’altra Autorità che a quella abbia obbligo di riferirne, afferma falsamente essere avvenuto un reato, ovvero simula le tracce di un reato, in modo che si possa iniziare un procedimento penale per accertarlo”. Non è necessario che sia stato effettivamente instaurato un procedimento penale o che siano state avviate indagini specifiche: è sufficiente che la condotta abbia determinato la probabilità di una lesione dell’interesse al regolare funzionamento degli organi deputati all’accertamento dei reati.

Gli inquirenti stanno ora cercando di comprendere le motivazioni che hanno spinto Mura a inscenare questa aggressione. Tra le ipotesi al vaglio, vi è la possibilità che il sindacalista possa effettivamente essere stato vittima di un’aggressione legata a motivi personali e che abbia poi deciso di strumentalizzarla politicamente, oppure che abbia costruito interamente la vicenda. Il timing della falsa denuncia, presentata a pochi giorni dalle celebrazioni del 25 aprile, ha inevitabilmente amplificato l’eco mediatica dell’episodio e accentuato le divisioni politiche in una città già in piena campagna elettorale per le Comunali.

L’avvocato Giacomo Longo, incaricato da Mura il 24 aprile, dovrà ora impostare una strategia difensiva per il proprio assistito. Nel frattempo, la vicenda ha generato un acceso dibattito pubblico tra chi evidenzia la gravità di una falsa denuncia che rischia di delegittimare le reali aggressioni di matrice politica e chi sottolinea come l’episodio sia stato strumentalizzato in chiave elettorale da entrambi gli schieramenti politici.

La simulazione di reato contestata a Mura si configura come un delitto procedibile d’ufficio che colpisce chi afferma falsamente l’esistenza di un reato o ne simula le tracce. Il momento consumativo viene identificato nell’istante in cui la falsa informazione viene ricevuta dall’autorità competente, mentre l’elemento psicologico richiesto è il dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di porre in essere una simulazione con la consapevolezza che il fatto segnalato è un reato e che sussiste la possibilità di iniziare un procedimento penale.

Questa vicenda, destinata a lasciare strascichi significativi nel panorama politico e sindacale genovese, rappresenta anche un campanello d’allarme sul rischio di strumentalizzazione politica di temi sensibili come l’antifascismo, soprattutto in periodi elettorali. Resta da comprendere quale sarà l’impatto di questo caso sulla credibilità delle denunce di violenza politica, in un momento storico in cui la polarizzazione del dibattito pubblico rende particolarmente complessa la distinzione tra realtà e mistificazione.