L’Europa si trova ad affrontare una nuova minaccia sanitaria rappresentata dal virus chikungunya, un patogeno tropicale che sta mostrando una diffusione preoccupante attraverso il continente. La situazione ha raggiunto livelli tali da spingere l’Organizzazione Mondiale della Sanità a lanciare un allarme di “rischio globale“, con potenziali ripercussioni per oltre 5,6 miliardi di persone in 119 paesi, inclusa l’Italia.
La Francia rappresenta attualmente l’epicentro europeo dell’epidemia, con 800 casi registrati dal primo maggio al 22 luglio 2025. Particolarmente allarmante risulta il fatto che dodici focolai sono stati classificati come trasmissione locale, ovvero sviluppatisi in persone che non hanno mai viaggiato in zone tropicali endemiche. Le regioni maggiormente colpite includono Provenza-Alpi-Costa Azzurra, Corsica, Occitania e Alvernia-Rodano-Alpi, dipartimento dell’Hérault e uno nel Gard.
L’Italia non è rimasta immune da questa ondata epidemiologica. I dati dell’Istituto Superiore di Sanità aggiornati al 22 luglio 2025 evidenziano 30 casi confermati di chikungunya, di cui 29 associati a viaggi all’estero e significativamente un caso autoctono. Quest’ultimo si è verificato nel comune di Bentivoglio, in provincia di Bologna, dove le autorità sanitarie hanno immediatamente attivato i protocolli di emergenza previsti dal Piano regionale di sorveglianza e controllo delle arbovirosi.
Il virus chikungunya appartiene al genere degli alphavirus, famiglia Togaviridae, e prende il nome da una parola della lingua Makonde parlata in Tanzania, che significa “ciò che si piega” o “contorce”, riferendosi alla posizione caratteristica che assumono i pazienti per alleviare i dolori articolari intensi. La malattia fu descritta per la prima volta nel 1952 in Tanzania, anche se già nel 1779 era stata documentata un’epidemia in Indonesia probabilmente attribuibile allo stesso agente virale.
La trasmissione del virus avviene esclusivamente attraverso la puntura di zanzare femmine del genere Aedes, in particolare Aedes albopictus, comunemente nota come zanzara tigre, e Aedes aegypti. Queste zanzare sono caratterizzate da una colorazione distintiva con strisce bianche su corpo nero e mostrano una particolare attività durante le ore diurne, con picchi di aggressività nelle prime ore del mattino e nel tardo pomeriggio.
Il quadro clinico della chikungunya si manifesta dopo un periodo di incubazione di 3-12 giorni, con una media di 4-7 giorni dalla puntura infettante. La sintomatologia è caratterizzata da esordio improvviso con febbre elevata, spesso superiore ai 39°C, accompagnata da cefalea persistente, nausea, vomito e un senso di affaticamento profondo. Tuttavia, il sintomo più caratteristico e debilitante è rappresentato dalle artralgie severe, dolori articolari così intensi da limitare drasticamente i movimenti e costringere i pazienti ad assumere posizioni antalgiche.
Le manifestazioni cutanee costituiscono un altro elemento distintivo della malattia, presentandosi tipicamente come eruzioni maculopapulari pruriginose che possono estendersi a tutto il corpo. In alcuni casi si possono osservare manifestazioni emorragiche transitorie come petecchie, ecchimosi, epistassi e gengivorragie, sebbene queste risultino meno gravi rispetto a quanto osservato nella dengue.
La fase acuta della malattia generalmente si risolve spontaneamente nell’arco di 3-7 giorni per quanto riguarda la febbre, mentre i dolori articolari possono persistere per settimane o addirittura mesi, rappresentando la principale causa di disabilità a lungo termine. Questa persistenza del dolore articolare cronico può risultare particolarmente invalidante, interferendo significativamente con le attività quotidiane e la qualità della vita dei pazienti colpiti.
Le complicanze gravi sono relativamente rare ma possono verificarsi, particolarmente in soggetti vulnerabili. Tra queste si annoverano manifestazioni neurologiche, soprattutto nei bambini, che possono includere convulsioni e meningoencefalite. Negli adulti, particolarmente negli anziani con patologie preesistenti, si possono osservare complicanze cardiache, inclusa miocardite e scompenso cardiaco acuto secondario. Le complicanze gastrointestinali e oculari sono state segnalate occasionalmente, mentre i casi fatali rimangono estremamente rari, verificandosi principalmente in soggetti anziani con multiple comorbidità.
Un aspetto epidemiologicamente rilevante è rappresentato dal fatto che una percentuale significativa di infezioni, compresa tra il 15% e il 35%, può risultare asintomatica. Questi casi asintomatici, pur non manifestando sintomi clinicamente evidenti, mantengono la capacità di fungere da serbatoio per il virus, contribuendo potenzialmente alla diffusione dell’infezione attraverso le zanzare vettori.
Attualmente non esistono trattamenti antivirali specifici per la chikungunya, rendendo la gestione clinica essenzialmente sintomatica. Il trattamento si basa sull’utilizzo di antipiretici per il controllo della febbre, analgesici per la gestione del dolore articolare e muscolare, e terapia di supporto con idratazione adeguata. L’utilizzo di antiinfiammatori non steroidei può risultare utile nella gestione del dolore articolare, mentre nei casi più severi può essere necessario il ricorso a corticosteroidi sotto stretto controllo medico.
Per quanto riguarda la prevenzione vaccinale, una novità significativa è rappresentata dall’approvazione da parte della Commissione Europea, nel febbraio 2025, di un vaccino contro il virus chikungunya per adulti e adolescenti di età pari o superiore a 12 anni. Questa autorizzazione, ottenuta all’unanimità dagli Stati membri a seguito di una rigorosa valutazione da parte dell’Agenzia Europea per i Medicinali, rappresenta un importante strumento di prevenzione, sebbene spetti alle autorità nazionali di ciascuno Stato membro decidere le modalità di accesso e distribuzione del vaccino.
In assenza di una copertura vaccinale diffusa, la prevenzione primaria rimane incentrata sulla protezione individuale dalle punture di zanzara. Le misure preventive raccomandate includono l’utilizzo di indumenti protettivi a maniche lunghe e pantaloni, preferibilmente di colore chiaro, l’applicazione di repellenti cutanei contenenti DEET al 50%, l’uso di zanzariere trattate con insetticidi durante il riposo notturno e l’installazione di condizionatori d’aria o ventilatori negli ambienti chiusi.
L’Italia ha sviluppato un sistema di sorveglianza strutturato attraverso il Piano Nazionale di prevenzione, sorveglianza e risposta alle Arbovirosi 2020-2025. Questo piano prevede un approccio integrato “One Health” che coinvolge competenze igienistiche, veterinarie ed ambientali, con particolare attenzione al monitoraggio entomologico e alla lotta contro la zanzara tigre. Le Regioni sono tenute ad implementare strategie di sorveglianza attiva, sistemi di allerta precoce e protocolli di risposta rapida in caso di identificazione di casi sospetti.
La regione Emilia-Romagna, che ha già affrontato un’epidemia di chikungunya nel 2007 con 217 casi confermati concentrati principalmente nella provincia di Ravenna, ha sviluppato una particolare expertise nella gestione di queste emergenze sanitarie. Il Piano regionale di sorveglianza e controllo delle arbovirosi 2025 prevede misure specifiche di sorveglianza entomologica, individuazione precoce dei casi e implementazione immediata di misure di controllo vettoriale. Quando viene identificato un caso, le autorità sanitarie attivano immediatamente protocolli di disinfestazione in un raggio di 300 metri dall’abitazione del paziente, con trattamenti adulticidi e larvicidi ripetuti per diversi giorni consecutivi.
Il cambiamento climatico rappresenta un fattore amplificante del rischio di diffusione delle arbovirosi in Europa. L’aumento delle temperature medie, la modificazione dei pattern pluviometrici e l’estensione della stagione calda favoriscono la sopravvivenza e la riproduzione delle zanzare vettori, ampliando potenzialmente le aree geografiche idonee alla trasmissione. Parallelamente, l’intensificazione dei viaggi internazionali aumenta la probabilità di importazione di casi infetti dalle aree endemiche, creando le condizioni per lo sviluppo di focolai autoctoni in presenza di popolazioni di zanzare vettori competenti.
La situazione attuale richiede un’attenzione costante da parte delle autorità sanitarie e della popolazione. L’esperienza francese dimostra come la trasmissione locale possa stabilirsi rapidamente in condizioni favorevoli, mentre i primi casi autoctoni identificati in Emilia-Romagna sottolineano la necessità di mantenere elevati livelli di sorveglianza e prontezza nella risposta. La collaborazione tra diversi settori, dall’ambito sanitario a quello veterinario e ambientale, risulta essenziale per contenere efficacemente la diffusione di queste malattie emergenti e proteggere la salute pubblica europea.Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!