I cittadini italiani saranno chiamati alle urne l’8 e il 9 giugno 2025 per esprimersi su cinque quesiti referendari abrogativi riguardanti tematiche cruciali relative al mondo del lavoro e alla cittadinanza. La consultazione, che coincide con il secondo turno delle elezioni amministrative in numerosi comuni italiani, rappresenta un momento significativo di partecipazione democratica con cui gli elettori potranno pronunciarsi su aspetti normativi di rilevante impatto sociale ed economico. I referendum, per essere validi, dovranno superare il quorum del 50% più uno degli aventi diritto al voto, una soglia fondamentale per conferire efficacia abrogativa al responso delle urne, indipendentemente dall’esito favorevole o contrario che emergerà dalla consultazione.
I cinque quesiti su cui i cittadini dovranno esprimersi sono stati promossi da soggetti diversi: quattro referendum sul lavoro sono stati proposti dalla CGIL insieme ad altre associazioni della società civile, raccogliendo oltre quattro milioni di firme durante la campagna di sottoscrizione, mentre il quinto, relativo alla cittadinanza, è stato promosso inizialmente dal segretario di +Europa, Riccardo Magi, insieme ai partiti Possibile, PSI, Radicali Italiani e Rifondazione Comunista, ottenendo il sostegno di oltre 637mila cittadini attraverso una raccolta firme che ha sfruttato anche i canali digitali. Tutti i quesiti hanno ottenuto il via libera della Corte Costituzionale, che ne ha dichiarato l’ammissibilità durante la camera di consiglio del 20 gennaio 2025, mentre nella stessa sede è stata respinta la richiesta di referendum abrogativo sulla legge Calderoli relativa all’autonomia differenziata.
Il primo quesito referendario riguarda l’abrogazione della disciplina sui licenziamenti introdotta dal contratto a tutele crescenti del Jobs Act, normativa che attualmente impedisce ai lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 in poi nelle imprese con più di 15 dipendenti di essere reintegrati nel proprio posto di lavoro dopo un licenziamento giudicato illegittimo. La proposta abrogativa mira a ripristinare la possibilità per il giudice di disporre il reintegro nel posto di lavoro, e non solo un risarcimento economico, quando il licenziamento viene riconosciuto come privo di giusta causa o giustificato motivo. Secondo i promotori, questa modifica riguarderebbe oltre 3 milioni e mezzo di lavoratori attualmente penalizzati da una normativa che prevede solo compensazioni economiche anche in caso di interruzione del rapporto lavorativo dichiarata ingiusta e infondata dall’autorità giudiziaria.
Il secondo quesito si concentra sui licenziamenti nelle piccole imprese e sulla relativa indennità, proponendo l’abrogazione parziale dell’articolo 8 della legge 604 del 1966, come modificato dalla legge 108 del 1990. In particolare, si chiede l’eliminazione del tetto massimo di 6 mensilità previsto per i risarcimenti nei licenziamenti ingiustificati nelle imprese con meno di 16 dipendenti, con l’obiettivo di lasciare al giudice maggiore discrezionalità nella determinazione dell’indennizzo in base alle specifiche circostanze di ciascun caso. La normativa attuale stabilisce infatti un limite predeterminato all’indennità che può essere riconosciuta al lavoratore licenziato illegittimamente nelle piccole imprese, creando secondo i promotori una disparità di trattamento rispetto a situazioni analoghe che si verificano in contesti aziendali di maggiori dimensioni.
Il terzo referendum propone l’abrogazione parziale di norme in materia di apposizione di termine al contratto di lavoro subordinato, con particolare riferimento alla durata massima e alle condizioni per proroghe e rinnovi. Il quesito mira a reintrodurre l’obbligo di giustificare i contratti a termine anche quando hanno durata inferiore ai 12 mesi, eliminando la flessibilità attualmente concessa ai datori di lavoro che possono stipulare contratti a tempo determinato senza dover addurre causali specifiche entro tale limite temporale. Secondo i promotori, questa modifica normativa rappresenterebbe uno strumento efficace per contrastare la precarizzazione del lavoro, imponendo vincoli più stringenti alla stipula di contratti temporanei e favorendo così una maggiore stabilità occupazionale attraverso il ricorso più frequente a forme contrattuali a tempo indeterminato.
Il quarto quesito riguarda l’esclusione della responsabilità solidale di committente, appaltatore e subappaltatore negli infortuni sul lavoro, proponendo l’abrogazione delle norme che limitano tale responsabilità nei casi di incidenti causati da rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici. L’obiettivo è estendere la responsabilità solidale del committente anche per gli infortuni causati da rischi specifici degli appaltatori, rafforzando le tutele per i lavoratori che operano in regime di appalto o subappalto. I promotori sostengono che questa modifica normativa rappresenterebbe un passo significativo verso una maggiore sicurezza nei luoghi di lavoro, responsabilizzando tutti i soggetti coinvolti nella catena dell’appalto e contribuendo a prevenire situazioni in cui le responsabilità per incidenti e infortuni vengono diluite tra i vari livelli della filiera produttiva.
Il quinto e ultimo quesito referendario affronta il tema della cittadinanza italiana, proponendo il dimezzamento da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia richiesti allo straniero maggiorenne extracomunitario per presentare domanda di concessione della cittadinanza. Questo intervento normativo mirerebbe a facilitare il percorso di integrazione dei cittadini stranieri residenti in Italia da un periodo ritenuto già significativo, accelerando l’accesso alla piena cittadinanza e ai diritti ad essa collegati. I promotori del referendum sostengono che la riduzione dei tempi necessari per richiedere la cittadinanza rappresenterebbe un segnale di apertura e di riconoscimento dell’apporto degli stranieri alla società italiana, favorendo processi di inclusione e partecipazione attiva alla vita civile e politica del paese.
Le operazioni di voto si svolgeranno domenica 8 giugno, con seggi aperti dalle ore 7:00 alle 23:00, e lunedì 9 giugno, dalle ore 7:00 alle 15:00. Per partecipare al referendum, gli elettori dovranno recarsi presso il proprio seggio elettorale di residenza muniti di un documento d’identità valido e della tessera elettorale. La consultazione prevede anche modalità specifiche per consentire l’esercizio del diritto di voto a diverse categorie di elettori che si trovano lontani dal proprio comune di residenza: gli iscritti all’AIRE, ovvero i cittadini italiani residenti all’estero, riceveranno automaticamente il plico elettorale al loro indirizzo di residenza straniera e potranno votare per corrispondenza; i cittadini temporaneamente all’estero per motivi di lavoro, studio o cure mediche, che si trovino fuori dall’Italia per un periodo di almeno tre mesi comprensivo della data del referendum, possono richiedere entro il 7 maggio di votare per corrispondenza presso il consolato competente.
Un’importante novità riguarda inoltre gli elettori fuorisede in Italia, come studenti, lavoratori o persone in cura che si trovano in un comune appartenente a una provincia diversa da quella di residenza per un periodo di almeno tre mesi che includa la data del referendum. Questi cittadini possono presentare domanda entro il 4 maggio al comune dove si trovano temporaneamente per votare in un seggio locale, evitando così di dover tornare nel comune di residenza. Il comune di domicilio rilascerà, entro cinque giorni prima del voto, un’attestazione di ammissione al voto contenente l’indirizzo e il numero della sezione elettorale dove l’elettore fuorisede dovrà recarsi per esprimere il proprio voto. Questa possibilità, inizialmente sperimentata per le elezioni europee del 2024 limitatamente agli studenti fuorisede, è stata ampliata a tutte le categorie di cittadini temporaneamente domiciliati in altra provincia per motivi di studio, lavoro o salute, rappresentando un passo avanti nell’eliminazione degli ostacoli pratici all’esercizio del diritto di voto.
I referendum abrogativi dell’8 e 9 giugno 2025 rappresentano quindi un’importante occasione di partecipazione democratica su temi di rilevante impatto sociale, economico e civile, chiamando i cittadini ad esprimersi su questioni che riguardano da vicino diritti fondamentali, tutele lavorative e percorsi di inclusione nella società italiana. L’esito di queste consultazioni popolari, qualora venisse raggiunto il quorum necessario per la loro validità, potrebbe determinare significative modifiche nell’assetto normativo relativo al mondo del lavoro e all’acquisizione della cittadinanza, con ripercussioni dirette sulla vita di milioni di persone e sul modello di società che l’Italia intende promuovere negli anni a venire.