Il Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Ragusa, Eleonora Schininnà, ha disposto il rinvio a giudizio per tutti gli imputati coinvolti nel caso della nave umanitaria Mare Jonio dell’organizzazione non governativa Mediterranea Saving Humans. Gli accusati dovranno rispondere del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, aggravato dalla presunta finalità di profitto, con la prima udienza del processo fissata per il 21 ottobre prossimo davanti al tribunale di Ragusa.
Tra gli imputati figurano Pietro Marrone, comandante della nave Mare Jonio, Alessandra Metz, legale rappresentante della società armatrice Idra Social Shipping, Giuseppe Caccia, vicepresidente del consiglio d’amministrazione della Idra e capo spedizione, Luca Casarini, fondatore di Mediterranea Saving Humans e indicato dagli inquirenti come “amministratore di fatto” dell’intera operazione, oltre a tre componenti dell’equipaggio: il medico Agnese Colpani, il soccorritore Fabrizio Gatti e il tecnico a bordo Geogios Apostolopoulos. Alla richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero ha aderito l’Avvocatura dello Stato, che si è costituita parte civile per il ministero dell’Interno.
L’inchiesta ha preso avvio nel 2020 dopo un’operazione di trasbordo avvenuta nel settembre dello stesso anno, quando la Mare Jonio trasferì a bordo 27 migranti che la nave mercantile Maersk Etienne aveva recuperato al largo di Malta il 5 agosto precedente. Queste persone erano rimaste bloccate sulla nave cargo danese per 38 giorni, in attesa di un porto sicuro che non veniva assegnato dalle autorità competenti, configurando quello che è stato definito il più lungo “stand off” della storia della navigazione. La situazione a bordo della Etienne era diventata drammatica, tanto che nei giorni precedenti al trasbordo tre naufraghi disperati, due dei quali non sapevano neppure nuotare, si erano lanciati in acqua.
Secondo la ricostruzione dell’accusa, l’11 settembre 2020 i migranti furono trasbordati sulla Mare Jonio in seguito a quello che la Procura definisce un accordo commerciale che prevedeva il versamento di 125mila euro da parte dei danesi alla Mare Jonio. Il giorno successivo la nave umanitaria approdò a Pozzallo, nel Ragusano, dove avvenne lo sbarco delle 27 persone soccorse. Due mesi dopo l’operazione, il 30 novembre 2020, la società armatrice della Maersk versò effettivamente 125mila euro alla società armatrice della Mare Jonio, ossia la Idra Social Shipping, con la causale “Servizi di assistenza forniti in acque internazionali – Settembre 2020”.
Per la Procura di Ragusa, questo bonifico rappresenta la prova cardine dell’accordo commerciale tra le due società e costituisce l’aggravante contestata del trarre profitto dal reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Secondo i magistrati ragusani, il trasbordo sulla Mare Jonio sarebbe avvenuto “col fine di trarre un profitto di 125.000 euro”, mentre dalle carte dell’inchiesta emergerebbe che la cifra pattuita non sarebbe stata quella originariamente richiesta dalla Idra Social Shipping, in quanto “il bonifico è stato elargito a fronte di una richiesta di Caccia di 270.000 Euro”.
Le accuse mosse dalla Procura si basano su intercettazioni telefoniche, indagini finanziarie e riscontri documentali. Tuttavia, dalla lettura dei documenti integrali dell’inchiesta emerge uno scoglio temporale significativo: il via libera alle intercettazioni telefoniche sugli indagati arriva dal giudice delle indagini preliminari il 21 settembre, nove giorni dopo il trasbordo dalla petroliera Maersk Etienne. Tutto ciò che accade prima viene ricostruito dagli inquirenti non sulla base di intercettazioni o documenti, ma su “ipotesi”.
La difesa degli imputati respinge categoricamente le accuse, sostenendo che non ci sia stato alcun accordo economico preventivo tra le parti. L’avvocato Serena Romano, legale dei componenti della Ong, ha spiegato che nel corso delle indagini preliminari “sono state utilizzate delle intercettazioni tra noi avvocati difensori e i nostri assistiti” e ha annunciato che “sentiremo anche i vertici della Maersk che ci diranno che non c’è stato nessun accordo economico tra la nave e la Mare Jonio”. La strategia difensiva prevede inoltre di portare in aula i naufraghi soccorsi per raccogliere la loro testimonianza.
Gli armatori della Mare Jonio, Beppe Caccia e Alessandro Metz, hanno fornito una versione completamente diversa dei fatti, affermando di aver incontrato per la prima volta i manager della Maersk Tankers un mese dopo la conclusione dell’operazione di soccorso. Secondo la loro ricostruzione, l’incontro è avvenuto “nel contesto di riunioni con le Organizzazioni di rappresentanza degli armatori danesi ed europei”, con i quali stavano discutendo “le problematiche delle navi mercantili che incrociano nel Mediterraneo”. In quella occasione i rappresentanti della Maersk avrebbero chiesto come potessero aiutare le attività umanitarie della Ong, “politicamente e materialmente”.
Sulla base della Convenzione di Londra del 1989 sull’assistenza tra navi in acque internazionali, Maersk avrebbe così parzialmente riconosciuto le spese aggiuntive sostenute da Idra Social Shipping per i servizi svolti in mare, come forma di sostegno alla loro attività umanitaria. “Se ci fosse stato qualcosa da nascondere”, argomentano i legali degli indagati, “Maersk si sarebbe ben guardata dall’inserire l’esplicito richiamo al soccorso di settembre” nella causale del bonifico. La compagnia di navigazione danese, che non è mai stata sentita dagli inquirenti, ha confermato di “non avere ricevuto notizie dalle autorità italiane”.
Luca Casarini, figura centrale del procedimento, ha reagito al rinvio a giudizio con toni di sfida, dichiarando: “Non ci faremo spaventare da nessuno. Sappiamo benissimo cosa abbiamo fatto: abbiamo aiutato 27 persone, lasciate in mezzo al mare per 38 giorni”. Il fondatore di Mediterranea Saving Humans ha annunciato che “questo processo diventerà l’occasione per chiedere conto a ministri, governi e autorità, sul perché queste persone sono state abbandonate”, trasformandolo in “un processo all’omissione di soccorso”. “Nel frattempo noi non restiamo impauriti in un angolino, anzi, raddoppiamo”, ha aggiunto Casarini.
Il caso Mare Jonio si inserisce nel più ampio contesto della progressiva criminalizzazione delle organizzazioni non governative operanti nei soccorsi in mare, un processo che ha visto le ONG passare dall’essere considerate eroi salvavita all’essere additate come potenziali fiancheggiatori delle organizzazioni criminali operanti in Libia. La questione solleva interrogativi complessi sul diritto internazionale del mare e sull’obbligo di soccorso, considerando che le navi delle ONG si rifiutano di riportare sulle coste libiche i migranti soccorsi, dal momento che la normativa internazionale impone ai soccorritori di condurre i naufraghi nel “luogo sicuro” più vicino.
Il processo che inizierà il 21 ottobre 2025 davanti al collegio B del Tribunale di Ragusa rappresenterà un banco di prova significativo per il rapporto tra attività umanitarie e sistema giudiziario italiano. La richiesta della difesa di sospensione della decisione in attesa che si pronunci la Corte di Giustizia Europea sul perimetro della norma sul favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, che dovrebbe determinarsi entro l’estate, potrebbe avere ripercussioni decisive sull’impianto accusatorio. L’esito del procedimento avrà inevitabilmente conseguenze sul futuro delle operazioni di soccorso nel Mediterraneo centrale e sul delicato equilibrio tra doveri umanitari e normative nazionali in materia di immigrazione.