Una intensa tempesta geomagnetica di classe G3 ha investito la Terra nella notte tra il 28 e il 29 maggio, generando preoccupazioni nella comunità scientifica internazionale per i potenziali effetti sui sistemi tecnologici terrestri e spaziali. L’evento, caratterizzato da un’intensità superiore alle previsioni iniziali, ha raggiunto il suo picco massimo nelle prime ore del mattino, quando l’indice Kp – parametro utilizzato per misurare l’intensità delle perturbazioni geomagnetiche su una scala da 1 a 9 – ha toccato il valore di 7, confermando la classificazione di tempesta “forte” secondo i parametri della National Oceanic and Atmospheric Administration americana.
Mauro Messerotti, docente di Meteorologia spaziale presso l’Università di Trieste, ha confermato che “il campo geomagnetico è perturbato a livello forte e la tempesta è in corso”, sottolineando come l’evento abbia mantenuto caratteristiche di particolare intensità per diverse ore consecutive. La conferma ufficiale è giunta dal Centro di previsione meteorologica spaziale della NOAA, che ha registrato l’inizio della tempesta geomagnetica G3 alle ore 04:16 italiane di questa mattina, attribuendo il fenomeno agli effetti provocati da un flusso ad alta velocità di particelle solari emesso da specifiche formazioni solari.
L’origine di questa tempesta geomagnetica risulta particolarmente interessante dal punto di vista scientifico, poiché non è stata causata dalle più comuni espulsioni di massa coronale – fenomeni esplosivi che espellono enormi quantità di plasma solare nello spazio interplanetario – bensì da quello che gli esperti definiscono una regione di interazione co-rotante. Secondo quanto riportato dal sito specializzato Spaceweather.com, l’evento è stato innescato da uno “scontro” avvenuto nello spazio interplanetario tra un flusso di vento solare ad alta velocità, proveniente da buchi coronali presenti sulla superficie del Sole, e un flusso più lento di vento solare.

Queste zone di turbolenza, che ruotano insieme al Sole mantenendo una configurazione relativamente stabile, possono generare onde d’urto e compressioni del plasma che risultano simili a quelle associate alle più note espulsioni di massa coronale. Come spiegato dall’astrofisico Tony Phillips, le regioni di interazione co-rotante possono agire in modo analogo a una CME, innescando forti tempeste geomagnetiche e fenomeni aurorali anche senza un’eruzione solare diretta. La Scuola di Fisica dell’Università di Sydney ha chiarito che questi fenomeni nascono da differenze di velocità tra le particelle cariche, creando zone di compressione nella parte posteriore del flusso lento e zone di rarefazione nella parte anteriore del flusso rapido.
La tempesta geomagnetica attualmente in corso presenta caratteristiche che la rendono particolarmente significativa dal punto di vista degli impatti tecnologici. Secondo la classificazione NOAA, una tempesta di classe G3 può provocare diversi tipi di disturbi ai sistemi tecnologici, influenzando le traiettorie dei satelliti in orbita terrestre bassa attraverso l’aumento della resistenza atmosferica causata dal riscaldamento degli strati superiori dell’atmosfera. I sistemi di navigazione satellitare, inclusi i servizi GPS utilizzati quotidianamente da milioni di persone per la navigazione e le applicazioni di geolocalizzazione, potrebbero subire interferenze e perdite di precisione temporanee.
Le comunicazioni radio rappresentano un altro settore particolarmente vulnerabile agli effetti delle tempeste geomagnetiche di questa intensità. Le perturbazioni del campo magnetico terrestre possono infatti alterare le proprietà della ionosfera, lo strato dell’atmosfera che riflette e modifica la propagazione delle onde radio, causando blackout nelle comunicazioni a lunga distanza e interferenze nei sistemi di comunicazione utilizzati dall’aviazione civile e commerciale. Gli operatori dei servizi di telecomunicazione hanno attivato protocolli di monitoraggio continuo per valutare eventuali necessità di interventi correttivi sui sistemi più sensibili.
Un aspetto positivo dell’evento riguarda la possibilità di osservare fenomeni aurorali a latitudini più basse del normale. Durante tempeste geomagnetiche di classe G3, le particelle cariche del vento solare riescono a penetrare più profondamente nella magnetosfera terrestre, interagendo con i gas atmosferici e generando emissioni luminose che possono essere visibili anche in Europa settentrionale. Questi fenomeni, tecnicamente chiamati aurore boreali nell’emisfero nord, si manifestano tipicamente come cortine di luce colorata che danzano nel cielo notturno, offrendo uno spettacolo naturale di rara bellezza che ha sempre affascinato l’umanità.
La tempesta geomagnetica ha colto di sorpresa diversi centri di monitoraggio spaziale, che inizialmente avevano previsto condizioni di disturbo più moderate. L’intensità effettiva dell’evento, risultata superiore alle stime preliminari, evidenzia le difficoltà ancora presenti nella previsione accurata dei fenomeni di meteorologia spaziale. Questa imprevedibilità rappresenta una sfida costante per gli scienziati che si occupano di monitorare l’attività solare e i suoi effetti sulla Terra, richiedendo continui miglioramenti nei modelli di previsione e nei sistemi di allerta precoce.
I buchi coronali, strutture temporanee che si formano nell’atmosfera solare esterna quando i campi magnetici si “aprono” verso lo spazio interplanetario, rappresentano una delle principali fonti di vento solare ad alta velocità. Recentemente, gli astronomi hanno osservato la formazione di un buco coronale particolarmente esteso, con dimensioni superiori al milione di chilometri, che ha contribuito all’intensificazione del flusso di particelle dirette verso la Terra. Queste strutture, visibili come regioni scure nelle immagini del Sole riprese a raggi X e ultravioletti, permettono al plasma solare di fuoriuscire più liberamente nello spazio, creando flussi di vento solare persistenti che possono durare per settimane.
La durata prevista della tempesta geomagnetica attuale rimane incerta, poiché dipende dalla persistenza delle condizioni di turbolenza nello spazio interplanetario e dall’eventuale arrivo di ulteriori flussi di vento solare ad alta velocità. Secondo gli aggiornamenti più recenti del Centro di previsione meteorologica spaziale, la tempesta ha mostrato segni di attenuazione nelle ore successive al picco mattutino, con una transizione verso condizioni di classe G1, considerate di intensità minore. Tuttavia, gli esperti mantengono un attento monitoraggio della situazione, poiché le condizioni del vento solare possono cambiare rapidamente e in modo imprevedibile, potenzialmente causando nuove intensificazioni del disturbo geomagnetico nelle prossime ore o giorni.