Egitto, il mistero delle piramidi: la teoria del Professor Malanga sulla Grande Piramide

Il professor Corrado Malanga sostiene attraverso tecnologia SAR di aver scoperto che le piramidi egizie fossero macchine per produrre energia, non tombe, ma la comunità scientifica respinge queste teorie come pseudoscienza.

Le piramidi d’Egitto continuano a generare teorie controverse che dividono il mondo accademico. Al centro del dibattito scientifico si colloca la ricerca condotta dal professor Corrado Malanga, ex ricercatore del Dipartimento di Chimica dell’Università di Pisa, insieme a Filippo Biondi, che attraverso l’utilizzo della tecnologia radar SAR (Synthetic Aperture Radar) sostiene di aver individuato strutture interne mai scoperte prima nella Grande Piramide di Giza, la Piramide di Cheope ribattezzata dai ricercatori Khnum-Khufu.

Secondo le affermazioni presentate dal team di ricerca, la piramide non sarebbe stata concepita come semplice monumento funebre, ma come una sofisticata macchina per la produzione di energia basata su principi fisici avanzati. La metodologia utilizzata si fonda sull’analisi dei micro-movimenti della struttura piramidale attraverso la tomografia Doppler SAR, una tecnica che permetterebbe di osservare l’interno della piramide sfruttando le onde sismiche di fondo che generano vibrazioni nella struttura. I risultati di questa ricerca sono stati pubblicati nel 2022 sulla rivista Remote Sensing di MDPI, dove gli autori dichiarano di aver ottenuto “un’immagine tomografica 3D ad alta risoluzione dell’interno e del sottosuolo della piramide”.

La teoria di Malanga si basa su un complesso sistema di frequenze e vibrazioni che coinvolgerebbe l’intera struttura della piramide. Secondo il ricercatore, il sarcofago di granito situato all’interno della Camera del Re sarebbe progettato secondo precise costanti matematiche: la sezione aurea (1,618…), il pi greco (3,14159…) e la frequenza di 432 Hz. Quest’ultima frequenza riveste un ruolo centrale nella teoria, poiché rappresenterebbe la vibrazione fondamentale in grado di generare effetti terapeutici sui soggetti esposti. Il granito, materiale predominante nelle camere interne, possiede caratteristiche acustiche particolari: la velocità del suono al suo interno raggiunge i 4000 metri al secondo, molto superiore ai 342 metri al secondo dell’aria.

Il meccanismo proposto da Malanga prevede che la piramide funzioni come un gigantesco diapason di pietra. I corridoi interni agirebbero come amplificatori delle vibrazioni del terreno, convogliando le onde sonore verso le camere superiori dove il granito, grazie alle sue proprietà piezoelettriche, genererebbe cariche elettriche sotto l’effetto della compressione ritmica. Il sistema sarebbe completato da un circuito idraulico che utilizzava l’acqua del Nilo, deviata attraverso canali sotterranei fino alla base della piramide, creando un flusso continuo che chiuderebbe il circuito elettrico. La forma piramidale concentrerebbe le cariche elettriche alla sommità attraverso l’effetto guglia, trasformando l’intera struttura in un condensatore elettrico di enormi dimensioni.

Le scoperte più recenti del team si estendono oltre la piramide di Cheope. Nel marzo 2025, Malanga e i suoi collaboratori hanno annunciato durante una conferenza stampa di aver individuato sotto la piramide di Chefren cinque camere sconosciute interconnesse e otto strutture cilindriche verticali che si estenderebbero fino a 648 metri di profondità. Queste strutture, descritte come pozzi circondati da percorsi elicoidali discendenti, terminerebbero in due enormi cubi di 80 metri di lato, con evidenze di strutture artificiali che si spingerebbero fino a 2 chilometri sotto la superficie. La tecnologia SAR utilizzata sfrutta le proprietà di riflessione delle microonde per creare mappe tridimensionali delle strutture interne, anche se la capacità di penetrazione delle onde elettromagnetiche nei solidi rimane fisicamente limitata.

Tuttavia, la comunità scientifica accademica ha accolto queste affermazioni con scetticismo e critiche severe. Il fatto che le scoperte del 2025 siano state presentate esclusivamente attraverso una conferenza stampa pubblicata su un canale YouTube, senza la pubblicazione di un articolo scientifico sottoposto a revisione paritaria, ha sollevato interrogativi sulla validità metodologica della ricerca. Gli esperti consultati da GeoPop e Open.online hanno definito la presunta scoperta sotto la piramide di Chefren “una fake news bella e buona”, evidenziando l’assenza di documentazione scientifica verificabile. La rivista MDPI, che ha pubblicato lo studio del 2022, è stata precedentemente oggetto di critiche per la qualità della revisione paritaria, finendo nella lista delle pubblicazioni potenzialmente predatorie compilata dal bibliotecario Jeffrey Beall.

Un aspetto controverso riguarda la nomenclatura utilizzata dai ricercatori. Malanga e Biondi si riferiscono alla Grande Piramide con il nome Khnum-Khufu, mentre gli egittologi concordano che il nome corretto sia Akhet Khufu, dove “Akhet” indica lo spirito luminoso di Cheope. Questa discrepanza terminologica riflette una distanza dalle convenzioni accademiche consolidate e solleva dubbi sulla preparazione egittologica del team di ricerca. Il professor Lawrence Conyers, esperto di tecnologie di indagine archeologica, ha espresso scetticismo sulla capacità della tecnologia SAR di rilevare strutture a profondità superiori ai 650 metri, definendo l’idea di una vasta città sotterranea sotto le piramidi un’esagerazione priva di fondamento scientifico.

Le metodologie di indagine presentate da Malanga mostrano lacune tecniche significative secondo l’analisi critica condotta da esperti del settore. Lo studio del 2022 presenta immagini tomografiche prive di unità di misura, sovrapposizioni arbitrarie tra tomogrammi e disegni della piramide senza proiezioni CAD certificate, e mancanza di dati di validazione attraverso confronti con strutture note. La natura speculativa dei risultati è stata ammessa anche da alcuni revisori durante il processo di peer review, mentre la mancanza di una metodologia chiara per l’acquisizione e l’elaborazione dei dati SAR compromette la riproducibilità degli esperimenti. L’unica tecnica scientificamente riconosciuta per l’indagine del sottosuolo a grandi profondità rimane la sismica a riflessione, utilizzata routinariamente in geologia e archeologia.

Nonostante le critiche, le teorie di Malanga hanno trovato riscontro in un pubblico interessato alle interpretazioni alternative della storia antica. I libri pubblicati dal ricercatore, tra cui “Cheope – La Fabbrica dell’Immortalità” e “Khnum-Khufu – Cheope: la fine di un mistero”, presentano le scoperte in un linguaggio accessibile corredato da immagini tomografiche e ricostruzioni CAD 3D. Le pubblicazioni sostengono che le piramidi rappresentino la prova di conoscenze tecnologiche avanzate possedute da civiltà antidiluviane, come gli ipotetici Atlantidei, che avrebbero sviluppato sistemi di produzione energetica basati sui fononi e sulle proprietà piezoelettriche dei materiali. Questa narrazione si inserisce nel filone delle teorie alternative sulla storia antica che attribuiscono a civiltà perdute o influenze extraterrestri la costruzione dei monumenti megalitici.

Il dibattito scientifico intorno alle teorie di Malanga evidenzia la tensione tra ricerca accademica convenzionale e approcci alternativi allo studio del passato. Mentre la comunità scientifica mainstream richiede evidenze empiriche verificabili e metodologie rigorose, i sostenitori delle teorie alternative accusano l’establishment accademico di chiusura mentale e di occultamento deliberato di scoperte rivoluzionarie. La questione delle piramidi come possibili generatori di energia rimane aperta al dibattito, ma richiede un approccio metodologico che rispetti i canoni della ricerca scientifica, includendo la riproducibilità degli esperimenti, la trasparenza dei dati e la sottomissione a revisione paritaria indipendente. Le future indagini dovranno necessariamente bilanciare l’apertura verso ipotesi innovative con il rigore metodologico richiesto dalla comunità scientifica internazionale per validare scoperte di tale portata storica e tecnologica.