Il Tribunale di Torino ha aperto le porte alla giustizia per un caso che intreccia notorietà televisiva e violenza domestica, vedendo protagonista Lorenzo Venera, conosciuto artisticamente come Amnesia, il rapper trentaseienne originario di Grugliasco che nel 2013 aveva partecipato al talent show “Amici di Maria De Filippi”. L’uomo si trova ora sul banco degli imputati con l’accusa di maltrattamenti aggravati nei confronti della sua ex compagna, in un procedimento che ha assunto contorni particolarmente inquietanti per le minacce pronunciate con riferimento ai femminicidi di Giulia Cecchettin e Giulia Tramontano.
La vicenda giudiziaria si è aperta ufficialmente il 5 giugno 2025 davanti al collegio presieduto dalla giudice Elisabetta Chinaglia, con a latere le giudici Costanza Goria e Stefania Bruno, mentre l’inchiesta è stata coordinata dal pubblico ministero Barbara Badellino del gruppo specializzato in reati contro le fasce deboli della Procura di Torino. Durante la deposizione in aula, la vittima ha ripercorso anni di sofferenza e terrore, scoppiando in lacrime mentre riferiva la frase che più di ogni altra ha gelato l’atmosfera del tribunale: “Mi ha detto che sarei stata la prossima Giulia Cecchettin o Giulia Tramontano”, un riferimento esplicito ai due femminicidi che hanno maggiormente scosso l’opinione pubblica italiana negli ultimi anni.
La relazione tra Venera e la donna, tutelata dall’avvocato Gabriella Boero, aveva avuto inizio nell’agosto del 2017, quando i due si erano conosciuti e avevano successivamente intrapreso una convivenza nell’alloggio del padre dell’imputato. Secondo la ricostruzione accusatoria, quella che doveva essere una storia d’amore si era rapidamente trasformata in un incubo fatto di controlli ossessivi, violenze fisiche e minacce di morte, con episodi che secondo l’accusa si sarebbero protratti dal 2018 fino al 2024, intensificandosi particolarmente a partire dal 2021 quando il comportamento dell’uomo aveva assunto caratteristiche sempre più preoccupanti.
Il quadro emerso dalle carte processuali delinea un pattern di violenza domestica caratterizzato da gelosia patologica e controllo asfissiante, con Venera che avrebbe sistematicamente controllato il telefono della compagna, distruggendolo in almeno un’occasione, e sottoposto la donna a continui interrogatori sui suoi spostamenti e sulle sue frequentazioni. Le aggressioni fisiche si sarebbero manifestate attraverso schiaffi al viso, pugni alla testa, strattonamenti e tirate di capelli, culminando in un episodio particolarmente grave nel quale l’imputato avrebbe puntato un coltello alla gola della vittima, gesto che rappresenta uno dei capi d’accusa più gravi contestati dalla Procura torinese.
La situazione aveva raggiunto il punto di non ritorno la notte di Halloween del 2024, quando una vicina di casa aveva allertato i Carabinieri dopo aver sentito rumori sospetti e grida provenire dall’abitazione della coppia. In quell’occasione, secondo il verbale redatto dai militari dell’Arma, Venera aveva colpito l’ex compagna con un pugno al labbro, per poi cingerle il collo nel tentativo di strangolarla, episodio che aveva fatto scattare immediatamente il codice rosso e portato all’arresto dell’uomo, inizialmente rinchiuso in carcere e successivamente trasferito agli arresti domiciliari su richiesta del suo difensore, l’avvocato Roberto Saraniti.
Partecolarmente agghiaccianti risultano le minacce proferite dall’imputato nei confronti della vittima, che oltre al già citato riferimento alle due giovani donne uccise dai rispettivi ex compagni, includevano frasi come “ti ammazzo” e “un incidente può sempre capitare”, accompagnate dalla minaccia di manomettere l’automobile della donna, creando un clima di terrore costante che aveva reso impossibile qualsiasi tentativo di normalizzazione della relazione. La gravità della situazione era ulteriormente aggravata dalla presenza della figlia minorenne della donna, che all’epoca dei fatti aveva appena tre anni e che secondo l’accusa avrebbe assistito ad alcuni degli episodi di violenza, circostanza che ha comportato l’aggravante prevista dal codice penale per i maltrattamenti commessi in presenza di minori.
Durante l’udienza del 5 giugno, la vittima ha aggiunto particolari inediti rispetto a quanto già emerso nelle carte processuali, fornendo un quadro ancora più dettagliato della violenza subita e confermando la natura sistematica e progressiva delle aggressioni, che secondo la sua testimonianza erano iniziate con controlli e limitazioni della libertà personale per poi degenerare in vere e proprie aggressioni fisiche accompagnate da minacce di morte sempre più esplicite e inquietanti. La donna ha inoltre riferito di come Venera fosse ossessionato dalla gelosia e di come qualsiasi suo contatto con il mondo esterno venisse percepito dall’uomo come una minaccia da neutralizzare attraverso l’intimidazione e la violenza.
Il passato giudiziario dell’imputato presenta elementi che potrebbero assumere rilevanza nel corso del processo, con un arresto risalente al 2014 per detenzione di sostanze stupefacenti quando i Carabinieri di Moncalieri lo avevano trovato in possesso di trenta dosi di hashish, altrettante di marijuana e una pianta di cannabis alta un metro, episodio che aveva segnato il suo primo incontro con la giustizia penale. Successivamente, Venera era stato condannato per violenza sessuale, seppur nell’ipotesi di minore gravità, circostanza che delinea un profilo caratterizzato da una propensione alla violenza e alla sopraffazione che trova nel caso attuale la sua manifestazione più preoccupante e sistematica.
Il processo a Venera si inserisce in un contesto più ampio di sensibilizzazione sociale sul tema della violenza di genere, particolarmente sentito dopo i casi di Giulia Cecchettin e Giulia Tramontano, due giovani donne uccise dai rispettivi ex compagni in episodi che hanno scosso profondamente l’opinione pubblica italiana e alimentato un dibattito nazionale sulla necessità di rafforzare gli strumenti di prevenzione e contrasto del femminicidio. La sentenza di primo grado è attesa entro l’estate, quando il collegio giudicante dovrà pronunciarsi sulla responsabilità penale dell’ex rapper, in un verdetto che potrebbe rappresentare un precedente significativo nella lotta contro la violenza domestica e il controllo coercitivo nelle relazioni affettive.