Il Tribunale di Bergamo ha autorizzato la difesa di Massimo Bossetti ad accedere al profilo genetico di Yara Gambirasio e a tutti i campioni raccolti durante le indagini, circa 25mila in totale, oltre alle fotografie in alta definizione degli indumenti indossati dalla vittima. La decisione rende finalmente esecutivo il provvedimento della Corte d’Assise del 27 novembre 2019, arrivando dopo sei anni di controversie giudiziarie tra i difensori e le procure.
Il dispositivo firmato il 17 giugno scorso stabilisce che la polizia giudiziaria ha 30 giorni di tempo per acquisire i reperti conservati al Ris di Parma e alla Polizia scientifica della Lombardia. Tra i materiali che saranno messi a disposizione degli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini figurano:
- Una copia del DVD contenente le immagini fotografiche ad alta risoluzione effettuate dal Ris di Parma relative a tutti i reperti analizzati.
- Una copia di tutti i tracciati elettroferografici (la rappresentazione grafica dei dati ricevuti dalla macchina di analisi del DNA) relativi ai campioni di riferimento di Yara Gambirasio, prodotti prima dai carabinieri e poi dai consulenti tecnici Previderé e Grignani.
- I risultati di tutte le caratterizzazioni genetiche effettuate (campioni di riferimento e tracce), anche in forma anonima, su qualsiasi supporto, sia esso cartaceo o digitale.
Il Tribunale ha riconosciuto che questi documenti non erano stati acquisiti al fascicolo dibattimentale e che hanno “anche il carattere della potenziale novità della prova“. L’attenzione della difesa si concentrerà soprattutto sugli slip e i leggings di Yara, su cui è stata trovata la traccia genetica mista “3IG20”, considerata la prova regina contro Bossetti. Questa traccia conteneva il DNA della vittima e quello attribuito inizialmente a “Ignoto 1”, poi identificato come Massimo Bossetti.
I legali sperano che le immagini ad alta definizione possano restituire aree di interesse finora non rilevate, mentre l’analisi degli elettroferogrammi potrebbe evidenziare anomalie o picchi sottovalutati nei profili genetici. La difesa ha sempre contestato che la corrispondenza sia stata individuata solo sul DNA nucleare, mentre quello mitocondriale non coinciderebbe con quello di Bossetti.
“È stato chiesto un atto di fede“, ha dichiarato in aula l’avvocato Salvagni, sottolineando che fino ad oggi la difesa non ha mai avuto accesso diretto a quei dati.
La vicenda dei reperti è stata caratterizzata da un lungo e tortuoso percorso giudiziario. Il 27 novembre 2019 la Corte d’Assise di Bergamo aveva autorizzato l’esame dei reperti, ma il giorno dopo, il 2 dicembre, il presidente della prima sezione penale, Giovanni Petillo, inviò all’Ufficio corpi di reato un provvedimento in cui precisava che l’autorizzazione era da intendersi come “mera ricognizione”, escludendo qualsiasi operazione di prelievo o analisi.
Nel maggio 2023, la prima sezione penale della Cassazione accolse con rinvio a Bergamo il ricorso degli avvocati di Bossetti, annullando l’ordinanza del 21 novembre 2022 con cui l’Assise bergamasca aveva negato l’accesso. Tuttavia, nel febbraio 2024, la Cassazione dichiarò inammissibile un “ricorso straordinario per errore materiale o di fatto” presentato dalla difesa, che chiedeva di poter analizzare i reperti e non solo visionarli.
Nonostante questo, a maggio 2024 gli avvocati Salvagni e Camporini hanno potuto visionare per la prima volta, dopo 10 anni, i reperti dell’indagine conservati in tre scatole sigillate, tra cui i leggings e gli slip di Yara. L’autorizzazione del Tribunale di Bergamo, sebbene non consenta l’accesso diretto all’analisi dei reperti, potrebbe risultare fondamentale in vista dell’eventuale richiesta di revisione del processo. “Ci abbiamo messo sei anni solo per poter iniziare a lavorare sulla carta“, ha dichiarato l’avvocato Salvagni, “ma siamo fiduciosi che da qui si possa ripartire per dimostrare l’innocenza di Massimo Bossetti”.
Il genetista nominato dalla difesa, Marzio Capra, analizzerà gli elettroferogrammi relativi a migliaia di profili maschili per individuare eventuali anomalie o elementi trascurati. Secondo i legali, i nuovi dati potrebbero rimettere in discussione la prova ritenuta centrale per la condanna. Massimo Bossetti, condannato in via definitiva all’ergastolo nei tre gradi di giudizio per l’omicidio della tredicenne di Brembate di Sopra, si è sempre dichiarato innocente. La 13enne Yara Gambirasio era scomparsa il 26 novembre 2010 e il suo corpo fu ritrovato tre mesi dopo, il 26 febbraio 2011, in un campo a Chignolo d’Isola.