Un drammatico aumento della mortalità delle foche grigie del Baltico sta allarmando la comunità scientifica lituana dopo il ritrovamento di 61 esemplari morti lungo le coste del paese baltico tra maggio e giugno 2025. Il fenomeno rappresenta un incremento significativo rispetto ai 46 casi registrati nell’intero anno precedente, suggerendo una possibile emergenza ambientale che richiede immediate indagini approfondite per determinarne le cause e valutare l’impatto sulla popolazione di questi mammiferi marini già vulnerabili.
La scoperta dei 61 esemplari morti di foca grigia lungo le coste lituane del Mar Baltico ha destato forte preoccupazione tra i biologi marini e gli esperti di conservazione. Jurgita Gustaitiene, responsabile del centro di cura degli animali Nuaras della Lituania, ha evidenziato come questo numero rappresenti un incremento drammatico rispetto alle statistiche precedenti, sottolineando che “confrontato con i 46 casi dell’intero periodo di 12 mesi dell’anno scorso, stiamo osservando un aumento del numero di foche morte ogni anno”. La concentrazione temporale di questi ritrovamenti, avvenuti nell’arco di appena due mesi, rende il fenomeno particolarmente preoccupante per la sua intensità e rapidità di manifestazione.
Le autorità scientifiche lituane hanno immediatamente attivato protocolli di emergenza per investigare le cause di questa moria anomala. I biologi del centro di riabilitazione animale del Museo del Mare lituano procederanno con autopsie dettagliate sulle carcasse meglio conservate ritrovate sulle spiagge, nel tentativo di identificare i fattori scatenanti di questa mortalità di massa. L’approccio metodologico adottato prevede analisi multidisciplinari che spaziano dall’esame patologico alla ricerca di agenti infettivi, dall’analisi di contaminanti ambientali alla valutazione di fattori climatici che potrebbero aver contribuito al fenomeno.
Le prime ipotesi investigative si concentrano sulla possibile presenza di infestazioni parassitarie, considerando che esemplari giovani di foca grigia vivi arrivati nella zona hanno mostrato segni evidenti di infestazione parassitaria. Questa correlazione suggerisce un possibile collegamento tra la diffusione di parassiti e l’aumento della mortalità osservata. Gli studi precedenti condotti sulla popolazione di foche grigie della costa baltica lituana hanno infatti documentato la presenza di due specie principali di nematodi: Contracaecum osculatum e Pseudoterranova decipiens. Questi parassiti rappresentano una minaccia significativa per la salute dei mammiferi marini, potendo causare debilitazione sistemica e compromettere gravemente le capacità di sopravvivenza degli animali infetti.
Le ricerche scientifiche hanno dimostrato come i parassiti possano avere impatti devastanti sulla fisiologia delle foche, con infezioni massive di C. osculatum che possono provocare una diminuzione della massa muscolare fino al 50%, compromettendo significativamente le reazioni di fuga degli animali quando incontrano predatori. Questo indebolimento fisico può rendere gli esemplari più vulnerabili a stress ambientali aggiuntivi e compromettere la loro capacità di procurarsi cibo, creando un circolo vizioso che può portare alla morte. Inoltre, studi precedenti hanno rilevato la presenza di altri agenti patogeni nella popolazione locale, inclusi virus come il Phocine Herpes Virus, che ha mostrato tassi di infezione inaspettatamente elevati negli esemplari esaminati.
La foca grigia del Mar Baltico (Halichoerus grypus grypus) rappresenta una sottospecie geneticamente isolata e morfologicamente distinta che abita questo mare semichiuso da almeno 4200 anni. Questa popolazione ha attraversato drammatiche fluttuazioni demografiche nel corso del XX secolo, passando da oltre 90.000 individui all’inizio del secolo a un minimo storico di appena 5.000 esemplari alla fine degli anni Settanta. Il declino fu causato dalla caccia intensiva, dall’inquinamento da policlorobifenili (PCB) e dalla distruzione degli habitat riproduttivi. Grazie agli sforzi di conservazione implementati negli ultimi decenni, la popolazione si è gradualmente ripresa, raggiungendo attualmente circa 55.000 individui distribuiti in tutto il Mar Baltico.
Nonostante questo recupero demografico apparentemente positivo, la popolazione di foche grigie del Baltico continua ad affrontare numerose sfide che ne minacciano la stabilità a lungo termine. I cambiamenti climatici stanno alterando la disponibilità di ghiaccio marino, fondamentale per la riproduzione di questa sottospecie che, a differenza delle popolazioni atlantiche, utilizza i banchi di ghiaccio per partorire e allattare i cuccioli. Su questi substrati ghiacciati, i giovani esemplari beneficiano di maggiori possibilità di sopravvivenza, trovando protezione da predatori, disturbi antropici e infezioni che si diffondono facilmente nelle affollate colonie terrestri. La riduzione della copertura glaciale dovuta al riscaldamento globale sta quindi compromettendo le strategie riproduttive tradizionali di questa popolazione.
La ripresa demografica delle foche grigie del Baltico ha paradossalmente intensificato i conflitti con le attività di pesca commerciale, portando a richieste di aumento delle quote di caccia autorizzata. Nel 2020 è stato stabilito un tetto annuale di 3.550 esemplari abbattibili, una cifra che secondo i ricercatori dell’Università di Göteborg risulta eccessivamente elevata per garantire la sostenibilità della popolazione. Gli studi modellistici hanno dimostrato che l’abbattimento di 3.000 animali all’anno provocherebbe un calo demografico del 10% nell’arco di tre generazioni, mettendo a rischio la sopravvivenza a lungo termine della sottospecie baltica. Attualmente vengono uccise circa 1.500 foche annualmente, principalmente da Svezia e Finlandia, avvicinandosi pericolosamente al limite massimo di sostenibilità stimato in 1.900 esemplari.
Il conflitto tra conservazione e attività economiche si manifesta particolarmente lungo le coste lituane, dove le foche grigie rappresentano visitatori relativamente rari ma in aumento numerico negli ultimi anni. L’incremento della presenza di questi mammiferi marini genera apprezzamento tra scienziati, conservazionisti e opinione pubblica, ma crea anche problemi economici significativi per la pesca su piccola scala attraverso la distruzione delle reti da pesca e il danneggiamento dei raccolti ittici. Questa tensione tra esigenze conservative e necessità economiche richiede approcci di gestione integrata che considerino tanto la protezione della specie quanto il sostentamento delle comunità costiere.
L’episodio di mortalità registrato in Lituania si inserisce in un quadro più ampio di vulnerabilità ecosistemica del Mar Baltico, un ambiente marino semichiuso particolarmente sensibile ai cambiamenti ambientali e alle pressioni antropiche. La concentrazione temporale e geografica di questi decessi solleva interrogativi sulla resilienza della popolazione locale di foche grigie e sulla necessità di intensificare i programmi di monitoraggio sanitario. Le indagini in corso rappresentano un’opportunità cruciale per comprendere meglio i fattori di stress che agiscono su questa popolazione e per sviluppare strategie preventive più efficaci. La comunità scientifica internazionale osserva con attenzione l’evolversi della situazione, consapevole che eventi simili potrebbero verificarsi in altre aree del Baltico se non vengono identificate e affrontate tempestivamente le cause scatenanti.
La salvaguardia delle foche grigie del Baltico richiede un approccio coordinato tra tutti i paesi rivieraschi, che consideri tanto gli aspetti sanitari quanto quelli gestionali della popolazione. L’evento lituano sottolinea l’importanza di mantenere sistemi di sorveglianza epidemiologica costanti e di sviluppare protocolli di risposta rapida per eventi di mortalità anomala. Solo attraverso un impegno scientifico continuo e una cooperazione internazionale rafforzata sarà possibile garantire la sopravvivenza a lungo termine di questa sottospecie unica, preservando un patrimonio biologico che rappresenta millenni di evoluzione adattativa nell’ambiente baltico.