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Legittima difesa, la stretta di FdI: niente risarcimenti all’aggressore violento

Il ddl 1532 di Fratelli d’ Italia azzera o riduce i risarcimenti per l’aggressore in caso di eccesso colposo di legittima difesa, riscrivendo art. 2044 c.c. e 185 c.p.

L’ultima iniziativa legislativa presentata da Fratelli d’Italia riapre il dossier della legittima difesa sul versante civilistico con una proposta che, se approvata, escluderà il diritto al risarcimento per l’aggressore che abbia fatto ricorso a violenza o minaccia di armi anche quando il difensore venga condannato per eccesso colposo. Il disegno di legge, depositato al Senato il 12 giugno con il numero 1532 e firmato dal vicepresidente vicario del gruppo Raffaele Speranzon insieme ad altri diciotto senatori, si inserisce nella strategia dichiarata di «rafforzare, sul piano civile, la tutela di chi si difende da un’offesa ingiusta».

Il testo interviene in due punti chiave dell’ordinamento. Il nuovo comma inserito nell’articolo 2044 del codice civile stabilisce che, qualora l’eccesso colposo di legittima difesa derivi da un’aggressione posta in essere «con violenza non lieve alla persona o al patrimonio, o con minaccia di armi o di altri mezzi di coazione fisica», il risarcimento in favore del danneggiato viene azzerato; negli altri casi esso è comunque ridotto applicando il criterio del concorso di colpa previsto dall’articolo 1227 dello stesso codice. Parallelamente, l’articolo 185 del codice penale è preceduto dall’inciso «Salvo che la legge disponga altrimenti», così da consentire deroghe puntuali al principio secondo cui ogni reato obbliga al risarcimento del danno.

La proposta si innesta su un quadro normativo già modificato nel 2019 con la legge n. 36, che ha introdotto la presunzione di proporzione nella cosiddetta legittima difesa domiciliare e, sul piano civilistico, ha previsto per l’eccesso colposo il pagamento di una indennità equitativa lasciando però intatta la possibilità per l’aggressore di agire in giudizio. Secondo i firmatari, tale assetto continua a risultare squilibrato perché «finisce col punire due volte chi si difende», prima con la condanna penale per l’eccesso e poi con l’esborso economico in favore di chi ha creato il pericolo.

Durante la presentazione alla stampa il senatore Speranzon ha sintetizzato la filosofia del progetto nello slogan «la violenza non paga», sostenendo che chi sceglie di mettere a repentaglio l’incolumità altrui deve accollarsi anche le conseguenze patrimoniali di una reazione che, per concitazione, possa eccedere i limiti di proporzionalità. Lo stesso relatore ha precisato che il reato di eccesso colposo non viene abrogato: rimangono la rilevanza penale della condotta e l’eventuale condanna, ma all’aggressore non spetterà più alcun ristoro economico se la sua iniziativa violenta rientra nelle fattispecie individuate.

L’iter parlamentare, avviato con l’assegnazione in sede redigente alla Commissione Giustizia il 2 luglio, si preannuncia tutt’altro che rapido. Nelle prime audizioni le associazioni forensi e parte della dottrina penalistica hanno sollevato dubbi sulla coerenza costituzionale di una norma che sottrae al giudice la valutazione sul danno, comprimendo il principio di uguaglianza delle parti. L’opposizione, richiamando le recenti polemiche sulla riforma del Csm, parla di «ennesimo intervento propagandistico destinato a creare disarmonia fra codice penale e codice civile».

Sotto il profilo tecnico-giuridico il dibattito ruota attorno alla distinzione fra legittima difesa piena, che esclude l’antigiuridicità, ed eccesso colposo, che invece conserva la colpevolezza seppur attenuata. La Corte di cassazione ha più volte riconosciuto, in caso di eccesso, il concorso causale dell’offesa iniziale dell’aggressore con conseguente riduzione del risarcimento, ma non la sua esclusione totale. Il nuovo disegno di legge traduce tale orientamento in una regola rigida, trasformando la riduzione in automatica inapplicabilità quando la violenza sia qualificata come «non lieve».

Gli stessi proponenti riconoscono che i casi concreti di richiesta di danni da parte dell’aggressore sono numericamente contenuti: i dati parlamentari indicano quindici procedimenti pendenti fra il 2013 e il 2016 e pochissime sentenze definitive. La modifica ha dunque prevalente valore simbolico e deterrente. Su questo punto i critici contestano la proporzionalità dell’intervento, ravvisando il rischio di una deroga incompatibile con l’articolo 2 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che impone un controllo rigoroso di necessità e proporzionalità nell’uso della forza letale.

Il principio di responsabilità dell’aggressore non è tuttavia nuovo. Già la proposta emendativa 7.4 al disegno di legge 1309 del 2019 ipotizzava una diminuzione del risarcimento in caso di concorso di colpa del danneggiato, e parte della dottrina civilistica ha da tempo prospettato la necessità di parametrizzare l’indennizzo all’effettivo contributo causale della vittima onde evitare ingiustificate locupletazioni.

Sul piano politico il dispositivo s’inserisce in una campagna più ampia della maggioranza, culminata nella recente approvazione in prima lettura della riforma costituzionale che introduce la tutela delle vittime di reato nell’articolo 24 della Carta. In questo contesto il disegno di legge 1532 è presentato come corollario necessario per dare coerenza tra principi costituzionali e disciplina ordinaria.

Il Governo attende il parere del Ministero dell’Economia sugli eventuali riflessi finanziari derivanti dal possibile maggior ricorso al Fondo di solidarietà per le vittime di reati violenti, mentre gli operatori assicurativi temono un aumento dei premi di responsabilità civile se le controversie si sposteranno sull’indennizzo pubblico.

In un Paese in cui i processi civili per lesioni superano mediamente i cinque anni e la percezione di insicurezza resta elevata, la proposta di Fratelli d’ Italia solleva nuovamente il problema dell’equilibrio fra diritto di difendersi e tutela giurisdizionale dell’aggressore. Se approvata, la riforma lascerà inalterata la sfera penale ma ridefinirà radicalmente la distribuzione del rischio economico nei conflitti violenti fra privati.

Il calendario dei lavori prevede la ripresa della discussione in Commissione a settembre, con l’obiettivo della maggioranza di portare il testo in Aula entro la fine dell’anno. Sarà allora che il Parlamento dovrà decidere se la nuova stretta sulla legittima difesa diventerà legge o resterà l’ennesimo capitolo di una saga legislativa che da oltre vent’anni accompagna ciclicamente il dibattito pubblico italiano. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!

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