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Il Turkmenistan spegne la Porta dell’Inferno dopo 54 anni di fiamme ininterrotte -VIDEO-

Dopo 54 anni di combustione continua, il Turkmenistan sta spegnendo il famoso cratere di Darvaza per motivi ambientali ed economici, ponendo fine a un fenomeno nato da un errore sovietico nel 1971.

Dopo oltre mezzo secolo di combustione incontrollata, la celebre “Porta dell’Inferno” del Turkmenistan si avvia verso il tramonto definitivo delle sue fiamme iconiche. Il cratere di gas naturale di Darvaza, che dal 1971 illumina le notti del deserto del Karakum con il suo bagliore arancione, sta progressivamente perdendo intensità grazie agli interventi della compagnia statale Turkmengaz, segnando la fine di una delle più straordinarie anomalie geologiche del pianeta.

La voragine infuocata, con i suoi 70 metri di diametro e 20 di profondità, nacque da un errore di calcolo dei geologi sovietici che nel 1971 stavano esplorando la zona alla ricerca di giacimenti petroliferi. Durante le operazioni di perforazione, il terreno cedette improvvisamente inghiottendo l’intera strumentazione e creando un’enorme cavità sotterranea dalla quale iniziò a fuoriuscire una quantità impressionante di metano ad alta pressione. Per evitare la diffusione di esalazioni tossiche che avrebbero potuto mettere a rischio la salute delle comunità circostanti e della fauna del deserto, i tecnici decisero di incendiare il gas convinti che si sarebbe esaurito nel giro di pochi giorni.

La realtà si rivelò drasticamente diversa dalle aspettative: il giacimento sotterraneo era molto più vasto e complesso di quanto immaginato, caratterizzato dalla presenza di numerosi strati sottili di idrocarburi intervallati da strati più densi contenenti acqua. Questa particolare conformazione geologica del deserto del Karakum rese la combustione praticamente perpetua, trasformando quello che doveva essere un intervento temporaneo di emergenza in un incendio permanente destinato a protrarsi per oltre cinquant’anni.

Nel corso dei decenni, la “Porta dell’Inferno” è diventata la principale attrazione turistica del Turkmenistan, uno dei Paesi più chiusi e inaccessibili al mondo. Nonostante le difficoltà logistiche per raggiungerla, le lunghe traversate del deserto e le restrizioni all’ingresso nel territorio nazionale, il cratere è riuscito ad attrarre oltre 10mila visitatori all’anno, offrendo un’esperienza quasi mistica a coloro che decidevano di accamparsi nelle vicinanze per assistere al fenomeno delle fiamme danzanti sotto il cielo stellato.

La svolta nella gestione del sito risale al 2022, quando l’allora presidente Gurbanguly Berdymukhamedov ordinò lo spegnimento del cratere per motivi sia ambientali che economici. Da un lato, l’impatto devastante del metano sulla salute pubblica e sull’ambiente, considerando che questo gas serra ha un potere di riscaldamento globale circa 25 volte superiore all’anidride carbonica su un periodo di cento anni. Dall’altro, lo spreco di una risorsa energetica fondamentale per un Paese che detiene le quarte riserve mondiali di gas naturale, con giacimenti stimati superiori a 13 trilioni di metri cubi.

Secondi i dati dell’Agenzia Internazionale per l’Energia, il Turkmenistan detiene nel 2024 il primato mondiale per le super-emissioni di metano, ovvero fughe massive di questo gas che contribuiscono per circa il 30% al riscaldamento globale dalla Rivoluzione Industriale. Benché il cratere di Darvaza contribuisca in modo marginale a queste emissioni complessive, è diventato il simbolo di una catastrofe ambientale che il governo di Ashgabat ha deciso di affrontare con determinazione.

L’operazione di spegnimento, tecnicamente complessa e senza precedenti, ha richiesto un approccio innovativo da parte degli ingegneri di Turkmengaz. Dal dicembre 2024 sono entrati in funzione due pozzi specializzati che hanno permesso di controllare parzialmente il flusso di gas che alimenta l’incendio, riducendo l’intensità delle fiamme di oltre tre volte rispetto ai livelli registrati nel 2013. Quello che un tempo era un bagliore visibile a chilometri di distanza è oggi percettibile soltanto nelle immediate vicinanze del sito.

I risultati dell’intervento sono stati confermati anche dai monitoraggi satellitari condotti da società specializzate nel rilevamento delle emissioni, che hanno documentato una significativa riduzione dell’intensità luminosa del cratere. L’obiettivo finale è quello di isolare completamente la superficie del cratere per eliminare definitivamente le emissioni incontrollate, una volta che il flusso di gas diminuirà ulteriormente.

La chiusura della Porta dell’Inferno rappresenta tuttavia anche la fine di un’epoca per il nascente settore turistico turkmeno. Le agenzie di viaggio locali temono forti perdite economiche, considerando che Darvaza era l’unico sito del Paese in grado di attrarre un flusso turistico internazionale stabile. Come ha dichiarato Ovez Muradov, operatore del settore turistico di Ashgabat, “se Darvaza smetterà di bruciare completamente, molte agenzie di viaggio perderanno fatturato”.

Per comprendere l’unicità del fenomeno che sta per concludersi, è significativo ricordare l’impresa dell’esploratore canadese George Kourounis, che nel 2013 divenne la prima e unica persona a calarsi fisicamente all’interno del cratere. Protetto da una tuta riflettente in Kevlar e munito di autorespiratore per navigare tra i fumi tossici, Kourounis riuscì a raccogliere campioni di suolo dal fondo del cratere a temperature di 400 gradi Celsius, scoprendo incredibilmente la presenza di batteri estremofili che erano riusciti ad adattarsi alle condizioni estreme, metabolizzando il gas metano attraverso un processo di chemiosintesi.

La decisione di spegnere definitivamente il cratere si inserisce in una strategia più ampia del Turkmenistan per recuperare risorse preziose e migliorare la propria reputazione ambientale. Il Paese ha aderito al Global Methane Pledge che mira a ridurre le emissioni di metano del 30% entro il 2030, e l’estinzione della Porta dell’Inferno rappresenta un passo simbolico in questa direzione, anche se l’impatto pratico sulle emissioni complessive rimarrà limitato.

L’economia del Turkmenistan, che dipende per il 35% del PIL dalle entrate derivanti dalla vendita di gas naturale, potrebbe beneficiare significativamente dal recupero delle risorse che attualmente vengono sprecate nella combustione incontrollata. Con il 90% delle esportazioni e l’80% delle entrate fiscali provenienti dal settore energetico, ogni metro cubo di gas recuperato rappresenta un guadagno potenziale per le casse statali di un Paese che cerca di diversificare le proprie rotte di esportazione oltre il tradizionale mercato cinese.

Il graduale spegnimento delle fiamme segna anche la fine di un mistero geologico che ha affascinato scienziati e viaggiatori per oltre mezzo secolo. Nonostante le numerose ricerche condotte nel corso degli anni, non esistono documenti ufficiali sovietici che confermino le circostanze esatte della formazione del cratere, rendendo la Porta dell’Inferno un enigma tanto scientifico quanto spettacolare.

Con l’imminente chiusura definitiva, il deserto del Karakum si prepara a tornare al suo silenzio millenario, mentre scompare dal panorama mondiale una delle immagini più suggestive e irreali della geografia terrestre. La fine della Porta dell’Inferno rappresenta una vittoria per l’ambiente e per l’utilizzo razionale delle risorse energetiche, ma segna contemporaneamente la conclusione di un capitolo irripetibile nella storia delle anomalie geologiche create dall’intervento umano.Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!

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