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Allarme Caravella Portoghese, è arrivata sulle spiagge italiane: ecco come comportarsi

L’arrivo della caravella portoghese sulle spiagge italiane, favorito dalle correnti e dal cambiamento climatico, rende necessarie precise norme di comportamento per prevenire punture urticanti e gestire eventuali emergenze sanitarie.

La presenza della caravella portoghese lungo le spiagge italiane sta assumendo proporzioni sempre più rilevanti con l’arrivo dell’estate e l’innalzamento delle temperature dei mari. Questo organismo marino, noto per la sua struttura complessa costituita da un palloncino galleggiante traslucido e da lunghe braccia tentacolari capaci di veicolare potenti nematocisti, si distingue per le sue tonalità blu, azzurre e violette, che lo rendono al contempo affascinante e potenzialmente pericoloso. La sua comparsa in acque precedentemente libere da segnalazioni rappresenta un fenomeno collegato alle correnti atlantiche e al cambiamento climatico, che favorisce il trasporto di specie provenienti da aree temperate verso il Mediterraneo.

Per comprendere come comportarsi in caso di avvistamento, è essenziale riconoscere gli elementi distintivi della caravella portoghese. Il suo palloncino superiore, lungo circa dieci centimetri, emerge dalla superficie del mare e può assumere una forma a sella o semicircolare. Al di sotto, i tentacoli, sottili come filamenti di seta e lunghi talvolta fino a dieci metri, si snodano in modo irregolare, rendendo la fotografia diretta in mare difficoltosa. Al contatto con la pelle umana, le cellule urticanti rilasciano tossine che possono provocare un dolore acuto, eritema, ulcerazioni localizzate e, nei casi più gravi, sintomi sistemici quali nausea, vomito, febbre e difficoltà respiratorie, in particolare nei soggetti più sensibili o allergici.

Le autorità competenti, in collaborazione con il corpo della protezione civile e le Capitanerie di Porto, stanno predisponendo una rete di monitoraggio costiero e di segnalazione tempestiva per avvertire bagnanti e operatori balneari. Nei tratti di spiaggia in cui sono stati riscontrati avvistamenti, vengono affissi cartelli di avviso, mentre le pattuglie via mare e via terra sono incaricate di verificare la presenza di meduse e di rimuovere eventuali esemplari arenati sulla battigia. È fondamentale attenersi alle indicazioni fornite nei punti di salvataggio e non toccare mai direttamente le caravelle che si trovano a riva, poiché anche un esemplare apparentemente disidratato conserva la capacità di infliggere punture dolorose.

In caso di immersione accidentale e di contatto con i tentacoli, la prima misura da adottare consiste nell’allontanarsi immediatamente dall’acqua e valutare le condizioni della pelle. Non bisogna strofinare o grattare la parte interessata, per evitare che le nematocisti non ancora attivate rilascino ulteriore veleno. Si consiglia di detergere delicatamente la zona con acqua di mare, evitando l’uso di acqua dolce che può favorire la rottura delle cellule urticanti. Qualora siano disponibili, possono essere applicati impacchi di sabbia asciutta, ghiaccio o soluzioni disinfettanti specifiche, seguendo scrupolosamente le istruzioni presenti nelle confezioni.

Il ricorso a rimedi casalinghi, quali l’aceto o la soluzione di bicarbonato, è tuttora oggetto di dibattito tra gli specialisti, in quanto non esistono evidenze definitive sulla loro efficacia e il loro utilizzo potrebbe in alcuni casi intensificare il rilascio di tossine. Pertanto, è preferibile attenersi ai protocolli ufficiali elaborati dalle strutture sanitarie e apportare al pronto soccorso eventuali campioni di tentacoli staccatisi, immergendoli in contenitori di plastica con acqua di mare per facilitare l’identificazione scientifica e il trattamento.

L’intervento medico diventa indispensabile qualora compaiano sintomi sistemici quali difficoltà respiratorie, tachicardia, sudorazione profusa o alterazioni della pressione arteriosa. In tali circostanze, il personale sanitario potrà somministrare antistaminici, analgesici e terapia di supporto respiratorio, valutando l’eventuale uso di antitumor necrosis factor (anti-TNF) o altre terapie sperimentali nei casi più critici. Una gestione tempestiva e coordinata tra operatori di salvataggio e presidi ospedalieri assicura riduzione delle complicanze e un decorso più rapido.

Per prevenire incidenti, le attività di balneazione dovrebbero svolgersi preferibilmente in tratti di mare presidiati da bagnini, che mantengono sorveglianza costante e dispongono di kit di primo soccorso aggiornati. Gli stabilimenti balneari possono affiancare alle normali pratiche di sicurezza l’installazione di barriere galvaniche che, attraverso la diffusione di microcorrenti, tengono lontani gli organismi urticanti. L’utilizzo di mute leggere o di calzari protettivi riduce ulteriormente il rischio di punture durante le immersioni o il gioco in acqua.

L’informazione riveste un ruolo cruciale: campagne divulgative promosse da enti locali, università e associazioni ambientaliste illustrano le caratteristiche biologiche della caravella portoghese e le misure di autoprotezione, anche attraverso materiale audiovisivo e mappe interattive delle zone a rischio. La partecipazione dei cittadini, segnalando ogni avvistamento di meduse tramite app dedicate o numeri verdi, favorisce l’aggiornamento in tempo reale delle allerte e contribuisce a ottimizzare le operazioni di rimozione.

In conclusione, l’impatto della caravella portoghese sulle coste italiane richiede un approccio multidisciplinare che integri scienza, sanità e protezione civile. Solo attraverso un sistema di prevenzione efficiente, l’informazione corretta e la cooperazione tra istituzioni e comunità locali sarà possibile minimizzare i rischi per la salute dei bagnanti e al contempo preservare l’equilibrio degli ecosistemi marini, oggi sempre più soggetti a trasformazioni prodotte dal riscaldamento globale.Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!