Il caso giudiziario di Garlasco si arricchisce di un nuovo capitolo di ombre e interrogativi dopo la scoperta che alcune delle fotografie scattate immediatamente dopo l’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto 2007 nella villetta di via Pascoli, non sono mai state acquisite agli atti del procedimento e risulterebbero addirittura cancellate dai Carabinieri del Reparto Investigazioni Scientifiche (Ris). Questa circostanza, già emersa durante il processo di primo grado contro Alberto Stasi nel marzo 2009, è tornata alla ribalta in occasione della recente riapertura delle indagini da parte della Procura di Pavia, che ha accusato Andrea Sempio di omicidio in concorso e sta valutando la possibilità di riesumare la salma della vittima per nuovi accertamenti.
Le fotografie erano state realizzate con una fotocamera digitale fornita ai Ris di Parma e ai Carabinieri di Vigevano per documentare la scena del delitto. Durante l’udienza a porte chiuse del 17 marzo 2009, il pubblico ministero Rosa Muscio aveva ammesso che nel fascicolo erano presenti soltanto i fascicoli fotografici cartacei e i supporti informatici (cd e dvd) consegnati dagli ufficiali di polizia giudiziaria, mentre tutte le altre immagini risultavano mancanti perché sovrascritte in occasione di sopralluoghi successivi.
La difesa di Stasi segnalò immediatamente che era stato riscontrato un «salto» nella numerazione progressiva dei file, sintomo evidente di una perdita di materiale fotografico. L’avvocato Angelo Giarda sollevò un’eccezione di nullità e inutilizzabilità del materiale fotografico residuo, sostenendo che la mancanza di immagini potesse alterare la ricostruzione della dinamica del delitto e la valutazione delle tracce ematiche sulla scena.
Il giudice Stefano Vitelli chiese allora alla pm Muscio se la Procura di Pavia avesse ricevuto dai Ris l’intero contenuto della memoria digitale. La risposta, sconfortante, fu che la stessa scheda di memoria utilizzata per le fotografie era stata riutilizzata per altri sopralluoghi, cancellando definitivamente le immagini originali di via Pascoli.
Questo vuoto documentale assume un rilievo ancora maggiore nell’ambito della nuova inchiesta, che si basa in gran parte sui rilievi Bloodstain Pattern Analysis (BPA) eseguiti dai Ris di Cagliari. Le immagini mancanti avrebbero potuto mostrare i dettagli delle macchie di sangue, la distribuzione delle tracce ematiche e persino impronte finora non emerse, utili a confermare o smentire l’ipotesi di un solo autore del delitto.
Oggi la Procura guidata dal procuratore Fabio Napoleone ha avviato un incidente probatorio nel quale genetisti e dattiloscopisti stanno confrontando il Dna maschile rinvenuto sul pollice di Chiara Poggi con i campioni prelevati da Andrea Sempio e con altre tracce femminili isolate in vari punti della stanza. Tuttavia, l’assenza di un numero significativo di scatti originari impedisce di ricostruire compiutamente la scena e di verificare se i rilevamenti biometrici fossero stati eseguiti su punti cruciali del cadavere e dell’ambiente.
La procedura in corso prevede il deposito dei dati grezzi presso il Gip e una serie di audizioni peritale da concludere entro novanta giorni, ma è già allo studio una richiesta di proroga, considerata la complessità degli approfondimenti e la necessità di integrare le risultanze con le immagini perdute.
Le famiglie dei protagonisti del processo osservano con attenzione gli sviluppi: da un lato il padre di Chiara Poggi invoca verità e giustizia, dall’altro la difesa di Stasi e quella di Sempio sollevano dubbi sulla correttezza di un fascicolo privo di prove fondamentali. L’associazione vittime del delitto di Garlasco ha chiesto ufficialmente di accedere ai cd e alle memorie digitali custodite dai Ris per verificare l’effettiva disponibilità delle immagini.
Nel frattempo, proseguono le indagini sui reperti biologici. Il Dna maschile contrassegnato con la sigla MDX1, estratto da un tampone sul pollice della mano destra di Chiara Poggi, era stato ritenuto non interpretabile nel 2007 a causa di un effetto ladder nei marcatori autosomici. Nel 2014 il profilo è stato riesaminato dal professor Francesco De Stefano e riqualificato come potenzialmente significativo, ma senza che le immagini originali consentissero di contestualizzare le tracce su superfici precise.
Per la difesa di Sempio, rappresentata dall’avvocato Massimo Lovati, l’assenza di prove visive aggrava l’incertezza: «Non si sa quali scatti siano davvero andati persi e quali invece siano stati regolarmente depositati. Senza la loro contestualizzazione, i rilievi sul sangue e le impronte rischiano di restare sterile esercizio di riconoscimento genetico— ha dichiarato Lovati—. È necessario poter contare su ogni elemento originario della scena del crimine».
Alla luce di questi sviluppi, il procedimento giudiziario riaccende il dibattito sul corretto trattamento delle prove scientifiche e sul ruolo fondamentale della conservazione del materiale fotografico in un processo penale. Le norme in materia di catena di custodia, conservazione delle memorie digitali e affidabilità degli strumenti tecnici vengono messe in discussione, mentre gli investigatori si preparano a integrare i rilievi attuali con eventuali nuove acquisizioni fotografiche, qualora si trovassero copie di backup o altri supporti non ancora esaminati.
La vicenda delle foto cancellate dai Ris rappresenta un monito sull’importanza della documentazione integrale delle scene di reato e sulla necessità di un monitoraggio costante delle procedure tecniche, per evitare che errori o riutilizzi impropri di strumenti digitali possano compromettere la ricerca della verità.Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!