La Procura di Brescia ha convocato per oggi, giovedì 13 novembre, alle ore 16, l’avvocato Massimo Lovati, ex legale di Andrea Sempio, per essere ascoltato come persona informata sui fatti nell’ambito dell’inchiesta sulla presunta corruzione in atti giudiziari che vede indagati l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti e Giuseppe Sempio, padre dell’indagato. Il settantatreenne legale di Vigevano si presenterà negli uffici della procuratrice Claudia Moregola senza l’assistenza di alcun difensore, in quanto convocato come persona interessata e non indagato. L’audizione rappresenta un passaggio cruciale nelle indagini condotte dai magistrati bresciani, che stanno cercando di fare luce sui presunti pagamenti in nero connessi al caso Garlasco, il giallo irrisolto dell’omicidio di Chiara Poggi avvenuto il 13 agosto 2007.
La convocazione di Lovati giunge dopo le deposizioni degli altri due avvocati che componevano il collegio difensivo di Andrea Sempio nel 2017, Federico Soldani e Simone Grassi, ascoltati come testimoni dalla Procura di Brescia guidata dal procuratore capo Francesco Prete e dalla sostituta procuratrice Moregola. Gli inquirenti stanno ricostruendo il flusso di denaro che dalla famiglia Sempio sarebbe transitato attraverso i legali, con l’ipotesi accusatoria che una parte di queste somme, comprese tra ventimila e trentamila euro, possa essere stata destinata a corrompere l’allora procuratore aggiunto Venditti per ottenere l’archiviazione della posizione di Andrea Sempio nell’indagine riaperta nel dicembre 2016 e chiusa appunto il 23 marzo 2017.
Al centro dell’inchiesta vi è un biglietto rinvenuto durante la perquisizione del 26 settembre scorso presso l’abitazione della famiglia Sempio, sul quale erano annotate le parole “Venditti gip archivia per 20.30 euro”, interpretate dagli investigatori come un riferimento a una somma compresa tra ventimila e trentamila euro. Secondo la ricostruzione della Procura di Brescia, tale cifra sarebbe stata versata per influenzare l’esito dell’indagine, mentre la famiglia Sempio ha sempre sostenuto che i movimenti bancari contestati fossero legati esclusivamente al pagamento delle parcelle legali dei tre avvocati che all’epoca difendevano Andrea. Gli accertamenti della Guardia di Finanza hanno evidenziato movimentazioni anomale di denaro tra dicembre 2016 e giugno 2017, con prelievi effettuati dai familiari dell’indagato, in particolare dalle zie paterne, che avrebbero fornito prestiti in contanti alla famiglia.
Lovati, nel corso delle numerose apparizioni televisive delle ultime settimane, ha ammesso di aver ricevuto compensi in contanti dalla famiglia Sempio, dichiarando di aver percepito circa quindicimila o sedicimila euro come sua quota parte delle parcelle, corrispondente a un terzo del totale versato ai tre legali. Il legale ha sempre difeso la legittimità del proprio operato, affermando che i pagamenti in contanti rappresentavano una prassi accettabile e che le somme ricevute erano commisurate all’attività svolta durante i tre mesi di indagine. Ha inoltre precisato che, applicando le tabelle forensi, i compensi per un caso di tale portata avrebbero dovuto essere ben superiori ai sessantamila euro complessivamente versati dalla famiglia Sempio ai tre avvocati. Tuttavia, gli inquirenti ritengono che tali cifre appaiano sproporzionate rispetto alla breve durata dell’inchiesta e al fatto che essa si sia conclusa con un’archiviazione, circostanza che secondo Lovati stesso era prevedibile fin dall’inizio trattandosi di un’indagine priva di elementi concreti.
Le indagini hanno fatto emergere anche aspetti controversi relativi alla situazione patrimoniale dello stesso Lovati, che in diverse interviste aveva dichiarato di non possedere alcun conto corrente e di trovarsi in condizioni economiche precarie. Gli accertamenti della Procura hanno invece rivelato l’esistenza di ben otto conti correnti intestati all’avvocato, sebbene solo uno risulti attivo, mentre in altri istituti di credito il legale risulta coinvolto in rapporti di fideiussione. Tali discrepanze tra le dichiarazioni pubbliche e la documentazione bancaria hanno ulteriormente alimentato i sospetti degli investigatori, che hanno disposto approfondimenti sui movimenti di denaro relativi al periodo compreso tra il primo gennaio 2016 e il 31 dicembre 2017, arco temporale nel quale si collocano i fatti oggetto dell’indagine per corruzione.
L’interrogatorio odierno si inserisce in un contesto già complesso e caratterizzato da tensioni all’interno dello stesso team difensivo di Lovati. Nei giorni scorsi è emersa la figura di Alfredo Scaccia, nominato portavoce dell’avvocato, una scelta che ha generato sconcerto e polemiche. Scaccia è un ex legale romano che ha abbandonato la professione forense dopo essere stato arrestato nel marzo scorso nell’ambito di un’indagine della Procura di Verbania per corruzione, accesso abusivo a sistema informatico e rivelazione di segreti d’ufficio, insieme al figlio Gabriele e a un luogotenente dei carabinieri. La nomina di Scaccia come portavoce è avvenuta senza che Fabrizio Gallo, difensore di Lovati, ne fosse informato, circostanza che ha provocato un durissimo sfogo del legale romano in diretta televisiva durante la trasmissione Ore 14 condotta da Milo Infante su Rai 2.
Gallo ha dichiarato di aver appreso della convocazione di Lovati e dell’esistenza del nuovo portavoce soltanto attraverso un’anticipazione della trasmissione Chi l’ha visto, manifestando irritazione per la mancanza di comunicazione da parte del suo assistito. Il legale ha sottolineato di non essere disposto a fare da pupazzo e ha minacciato di rimettere il mandato se non gli fosse stato garantito il dovuto rispetto per il lavoro svolto. Successivamente, tuttavia, Gallo ha smentito le indiscrezioni su una sua possibile rinuncia all’incarico, precisando di aver parlato con Lovati e di aver ricevuto conferma del mandato difensivo. La vicenda ha messo in luce le difficoltà comunicative e organizzative che hanno caratterizzato la gestione mediatica del caso da parte di Lovati, il cui rapporto professionale con Andrea Sempio si è interrotto a metà ottobre proprio a causa di alcune uscite pubbliche ritenute inopportune dalla famiglia dell’indagato.
Il clima attorno a Lovati si è ulteriormente inasprito a seguito della ricezione di una lettera anonima contenente minacce, nella quale si leggeva l’inequivocabile invito a stare zitto. La missiva, recapitata anche all’avvocato Gallo, ha spinto il difensore a presentare un esposto ai carabinieri, pur riconoscendo che potrebbe trattarsi dell’opera di mitomani attratti dalla risonanza mediatica del caso. Gallo ha raccontato di aver notato anche comportamenti sospetti, come la presenza di persone sconosciute che lo avrebbero avvicinato a Vigevano invitandolo a guardarsi le spalle, e di aver percepito di essere seguito da un’automobile. Lovati, dal canto suo, avrebbe reagito con distacco alle minacce, liquidandole come opera di persone prive di credibilità, ma l’episodio ha contribuito ad alimentare un clima di tensione e sospetto attorno all’inchiesta bresciana.
L’indagine per corruzione in atti giudiziari si intreccia con la nuova inchiesta della Procura di Pavia che vede Andrea Sempio nuovamente indagato per l’omicidio in concorso di Chiara Poggi, la ventiseienne trovata morta nella villetta di famiglia a Garlasco il 13 agosto 2007. Per quel delitto è stato condannato in via definitiva nel 2015 l’allora fidanzato della vittima, Alberto Stasi, a sedici anni di reclusione. Sempio, amico del fratello di Chiara, Marco Poggi, era stato indagato una prima volta nel 2007 e poi nuovamente nel 2016, con entrambe le indagini conclusesi con l’archiviazione. La riapertura del caso nel 2025 si basa sull’attribuzione di un’impronta palmare, denominata traccia numero 33, repertata sulle scale che conducono alla taverna dell’abitazione dei Poggi, che i periti hanno ora ricondotto a Sempio.
Parallelamente all’inchiesta per corruzione, è in corso presso il tribunale di Pavia un incidente probatorio che ha come oggetto l’analisi di impronte e tracce biologiche rinvenute sulla scena del crimine. I primi risultati comunicati dal perito Giovanni Di Censo, nominato dal giudice per le indagini preliminari, hanno escluso la presenza di impronte digitali attribuibili ad Andrea Sempio sui reperti analizzati, tra cui il sacchetto dei cereali e la busta della spazzatura, sui quali sono state trovate soltanto le impronte della vittima. Due ulteriori impronte sono state individuate sulla porta del garage della villetta, una delle quali appartiene a Marco Poggi e l’altra a un carabiniere intervenuto sulla scena del delitto per apporre i sigilli. La difesa di Sempio, composta dagli avvocati Liborio Cataliotti e Angela Taccia, ha accolto con cautela questi risultati, sottolineando che si tratta di un atto processuale e non di mere ipotesi, ma evitando di cantare vittoria prematuramente.
L’inchiesta di Brescia sta mettendo sotto la lente di ingrandimento non soltanto i flussi di denaro, ma anche le presunte anomalie che avrebbero caratterizzato l’indagine del 2017 condotta dalla Procura di Pavia sotto la direzione di Mario Venditti. Nel decreto di perquisizione emesso dai magistrati bresciani si fa riferimento alla breve durata dell’interrogatorio di Andrea Sempio, alla verosimile conoscenza anticipata da parte dei familiari degli argomenti sui quali sarebbero stati sentiti dai pubblici ministeri, e alla rapidità con cui l’inchiesta si è conclusa con l’archiviazione disposta dal giudice per le indagini preliminari Fabio Lambertucci. Questi elementi, unitamente ai movimenti bancari ritenuti anomali e al biglietto ritrovato in casa Sempio, hanno indotto la Procura di Brescia a ipotizzare l’esistenza di un accordo corruttivo tra Giuseppe Sempio e Mario Venditti, con il coinvolgimento, almeno sul piano della movimentazione del denaro, del pool difensivo.
Mario Venditti, dal canto suo, ha sempre respinto con fermezza le accuse, definendo l’inchiesta infondata e sostenendo che la propria attività di magistrato sia stata sempre improntata alla massima correttezza. L’ex procuratore aggiunto, oggi presidente del Casinò di Campione d’Italia, ha denunciato un clima ostile nei suoi confronti e ha contestato la legittimità dei decreti di perquisizione e sequestro emessi dalla Procura di Brescia, ricorrendo per ben tre volte al Tribunale del Riesame, che in due occasioni ha accolto le sue istanze annullando i provvedimenti relativi al sequestro dei dispositivi informatici. Venditti ha anche lasciato intendere di voler presentare una denuncia nei confronti dei pubblici ministeri di Pavia che hanno iscritto Andrea Sempio nel registro degli indagati con l’ipotesi di omicidio in concorso, ritenendo tale contestazione in contrasto con la sentenza definitiva di condanna di Alberto Stasi, che ha stabilito la presenza di un unico assassino sulla scena del crimine.
Le testimonianze di Federico Soldani e Simone Grassi, ascoltati nei giorni scorsi dalla Procura di Brescia, potrebbero fornire elementi utili a chiarire la destinazione delle somme versate dalla famiglia Sempio e a verificare se effettivamente l’intero ammontare sia stato destinato al pagamento delle parcelle legali o se una parte di esso abbia seguito un percorso diverso. Soldani, che secondo quanto riferito dalla madre di Andrea Sempio fungeva da collettore dei pagamenti presso il suo studio, non ha rilasciato dichiarazioni pubbliche in merito ai compensi ricevuti, mentre Grassi ha sostenuto in alcune interviste di non aver percepito denaro, affermando che la sua retribuzione sarebbe consistita nell’esposizione mediatica derivante dalla partecipazione al caso. Tale affermazione ha suscitato perplessità, considerato che il padre di Andrea Sempio ha dichiarato ai pubblici ministeri di aver versato complessivamente tra cinquantacinque e sessantamila euro ai tre avvocati, portando il denaro direttamente nello studio di Soldani, talvolta accompagnato dal figlio e dalla moglie Daniela Ferrari.
L’interrogatorio di oggi potrebbe rappresentare un momento decisivo per l’evoluzione dell’inchiesta, che secondo alcuni osservatori potrebbe allargarsi ulteriormente qualora emergessero ulteriori elementi a sostegno dell’ipotesi accusatoria. Lovati, che ha dichiarato pubblicamente di non avvalersi del segreto professionale, dovrebbe riferire quanto già dichiarato alla stampa nelle numerose interviste rilasciate nelle ultime settimane, nelle quali ha rivendicato la legittimità dei compensi percepiti e ha difeso l’operato dell’allora procuratore aggiunto Venditti, definendolo completamente innocente rispetto alle accuse formulate. Secondo Lovati, l’inchiesta bresciana sul caso Garlasco rappresenterebbe un rompighiaccio, un grimaldello utilizzato per condurre un’indagine più ampia sul cosiddetto sistema Pavia, altro filone investigativo nel quale Venditti e l’ex pubblico ministero Pietro Paolo Mazza sono indagati per corruzione e peculato in relazione alla gestione della Procura pavese.
Il caso Garlasco continua dunque a riservare colpi di scena a distanza di diciotto anni dall’omicidio di Chiara Poggi, con un groviglio giudiziario che vede intrecciarsi l’indagine per omicidio in concorso a carico di Andrea Sempio, l’inchiesta per corruzione in atti giudiziari che coinvolge Mario Venditti e Giuseppe Sempio, e il procedimento disciplinare aperto dall’Ordine degli avvocati nei confronti di Massimo Lovati per le dichiarazioni rese pubblicamente in merito ai pagamenti in contanti. La Procura di Brescia sta conducendo le indagini con il supporto della Guardia di Finanza e dei Carabinieri, che hanno eseguito perquisizioni, sequestri e accertamenti bancari al fine di ricostruire con precisione i flussi di denaro e verificare l’eventuale sussistenza di condotte illecite. L’esito dell’interrogatorio di Lovati e le risultanze dell’incidente probatorio in corso a Pavia saranno determinanti per definire i contorni di una vicenda che continua a tenere banco nell’opinione pubblica e nei palazzi di giustizia lombardi. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!
