C’è qualcosa di profondamente stonato nell’autocelebrazione di Pier Silvio Berlusconi durante la registrazione de La Ruota della Fortuna, game show tornato su Canale 5 con Gerry Scotti alla conduzione. La sorpresa dell’AD Mediaset, che si è presentato in studio con toni trionfali parlando di “piccolo miracolo”, “valore culturale” e “nuova televisione”, somiglia più a una strategia di comunicazione che a una reale consapevolezza editoriale. Perché, per dirla senza giri di parole, Pier Silvio oggi esalta ciò che ieri ha contribuito a smantellare.
Le sue dichiarazioni suonano revisioniste: “Abbiamo fatto la storia”, “abbiamo riportato l’amore per la lingua italiana nelle case degli italiani”, “abbiamo scelto l’impossibile e lo abbiamo realizzato”. Ma davvero? Dovremmo forse dimenticare che fu proprio lui, anni fa, a voltare le spalle a questo tipo di televisione, archiviando titoli iconici come La Ruota della Fortuna, Passaparola, Chi vuol essere milionario, per inseguire il boom dei reality, del trash da prima serata e della tv urlata? Un cambio di rotta che ha segnato per anni la linea editoriale dell’azienda, lasciando spazio a dinamiche voyeuristiche e format a basso costo, spesso discutibili sul piano culturale.
Eppure, oggi Pier Silvio Berlusconi si presenta come il rinnovatore illuminato che riporta “la lingua italiana” sugli schermi, contrapponendosi a una concorrenza definita troppo legata alla “fortuna senza merito”. Parole ambiziose, certo, ma anche facili da smontare. L’operazione nostalgia che sta portando avanti Mediaset non ha nulla di rivoluzionario. È, al contrario, un ritorno strategico a un passato che funziona ancora, soprattutto per un pubblico che cerca rassicurazione nei volti familiari e nei format rodati. E in quel passato il vero protagonista fu Silvio Berlusconi, che quei programmi li aveva voluti, costruiti e resi popolari. L’unica vera “modernizzazione” odierna è quella dell’immagine: prendere ciò che già c’era, lucidarlo e venderlo come inedito.
Certo, il ritorno di Gerry Scotti e il successo di ascolti meritano attenzione e rispetto, così come il lavoro dei professionisti coinvolti. Ma il problema è un altro: la narrazione costruita intorno a questo rilancio. Pier Silvio oggi si prende meriti che cozzano con la memoria storica di chi, negli anni, ha visto Mediaset trasformarsi da casa della grande tv generalista a fabbrica di contenuti discutibili, spesso lontani da qualsiasi intento culturale o pedagogico.
Se davvero Mediaset vuole aprire un nuovo corso, allora servirebbe prima di tutto un atto di onestà. Riconoscere che non si sta inventando nulla, ma che si sta tornando (giustamente) a un modello che funzionava e che era stato abbandonato con leggerezza. Solo così si potrà parlare, davvero, di futuro.Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!