La conferma è arrivata dai più recenti bollettini climatici della NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration): La Niña è destinata a instaurarsi nei prossimi mesi, con effetti attesi sul pattern atmosferico globale già a partire dall’autunno. Dopo un’intensa e prolungata fase di El Niño, che ha contribuito a spingere il 2024 verso il record di anno più caldo mai registrato, ci troviamo ora davanti alla fase opposta del ciclo ENSO (El Niño-Southern Oscillation), che modulerà in maniera significativa la circolazione atmosferica a livello planetario.
Nel dettaglio, la NOAA stima con una probabilità superiore al 70% l’insorgenza di una Niña moderata entro la fine del 2025. Si tratta di un raffreddamento anomalo delle acque superficiali del Pacifico equatoriale orientale, che innesca una serie di risposte teleconnettive su scala globale. A differenza dell’El Niño, che tende a indebolire gli alisei, La Niña li rafforza, contribuendo a una circolazione più zonale in alcune aree e a un’accresciuta instabilità in altre.
A livello globale, le ripercussioni della Niña sono ben documentate. Il Sud-Est asiatico, il Brasile, l’Australia e alcune aree equatoriali africane sperimentano un sensibile aumento delle precipitazioni, con potenziali impatti su coltivazioni e infrastrutture. Al contrario, zone come l’America occidentale, il Golfo del Messico e l’Africa nord-orientale tendono a registrare condizioni di siccità prolungata. In Nord America, la risposta è ancora più netta: inverni più rigidi e nevosi nel Midwest e nel Nord-Est degli Stati Uniti, mentre il Sud vive stagioni più secche e miti.
In Europa, e più specificamente nel bacino del Mediterraneo, le influenze della Niña sono meno dirette ma comunque rilevanti. Il rafforzamento della corrente a getto polare e la modifica delle ondulazioni troposferiche possono comportare un aumento della variabilità atmosferica. Alcuni studi (ad esempio quelli pubblicati su Geophysical Research Letters e Climate Dynamics) indicano una correlazione tra episodi di Niña e l’aumento delle irruzioni di aria artica verso l’Europa centro-meridionale. Questo porta con sé la possibilità di fasi invernali più fredde e instabili, soprattutto tra novembre e febbraio.
Per quanto riguarda l’Italia, le proiezioni stagionali ECMWF e NOAA convergono su un’anomalia positiva del regime pluviometrico nel trimestre ottobre-dicembre. In particolare, le regioni centro-settentrionali e tirreniche sembrano maggiormente esposte al rischio di eventi estremi, come nubifragi, cicloni mediterranei e alluvioni lampo. Non si esclude l’insorgenza di configurazioni depressionarie persistenti, alimentate da un flusso umido subtropicale e da contrasti termici marcati tra il Nord Atlantico e il Mediterraneo centrale.
Va sottolineato, tuttavia, che una stagione piovosa non implica necessariamente un autunno freddo. Anzi, l’anomalia termica prevista mostra valori sopra la media su gran parte dell’Europa meridionale, indicando che potremmo assistere a un autunno mite ma meteorologicamente turbolento, soprattutto tra ottobre e la prima parte di novembre. Le temperature potrebbero mantenersi superiori alle medie climatiche 1991-2020, specie nelle fasi anticicloniche prefrontali, alternate però a fasi di intenso maltempo.
In sintesi, l’instaurarsi di La Niña rappresenta un fattore climatico di primo piano nella previsione stagionale per l’area mediterranea. Sebbene non sia possibile delineare nel dettaglio i singoli eventi meteorologici futuri, la tendenza suggerisce una stagione autunnale caratterizzata da elevata instabilità, con piogge sopra la norma e un aumento del rischio idrogeologico per diverse regioni italiane.Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!