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Chiara Ferragni, la prima udienza sul Pandoro-Gate: una 70enne ha chiesto 500 euro di risarcimento

Prima udienza predibattimentale del processo a Chiara Ferragni per truffa aggravata: una 70enne di Avellino chiede 500 euro di risarcimento per l’acquisto del pandoro benefico, mentre si costituiscono due associazioni consumatori.

Si è aperto oggi con un’udienza pre-dibattimentale a porte chiuse, il processo a Chiara Ferragni, un primo passaggio tecnico dedicato alla costituzione delle parti civili che a sorpresa si sono presentate. Tra queste figurano due associazioni e una donna, ovvero Casa Del Consumatore, ADICU e Adriana, una 70enne di Avellino che aveva acquistato il pandoro pensando di fare beneficenza.

A quest’ultima è stato proposto un risarcimento, per questo motivo la sua avvocata esclude di andare in dibattimento. "La signora Adriana, di Avellino, voleva fare beneficenza e per questo ha acquistato il Pandoro, ha ancora la foto a prova dell’acquisto: era convinta di fare beneficenza ma nell’aprile del 25 si è accorta di quello che stava succedendo e ha sporto denuncia, tutte confluite nel fascicolo del pm. Sono stati propositivi nel farci una richiesta di risarcimento e quindi non credo andremo a discutere in dibattimento". La sua richiesta di risarcimento è pari a 500 euro.

L’udienza predibattimentale presso la terza sezione penale del Tribunale di Milano, presieduta dal giudice Ilio Mannucci Pacini, rappresenta il primo atto formale di un procedimento giudiziario che vede l’imprenditrice digitale accusata di truffa aggravata insieme ad altre due persone per la vicenda del Pandoro Pink Christmas e delle uova di Pasqua Dolci Preziosi. L’influencer non si è presentata in aula, come era prevedibile per questo tipo di udienza tecnica, ma parteciperà alle successive fasi processuali per difendersi dalle contestazioni mosse dalla Procura di Milano.

Insieme alla Ferragni sono stati convocati Fabio Maria Damato, l’ex braccio destro dell’imprenditrice, e Francesco Cannillo, presidente del consiglio di amministrazione di Cerealitalia, società proprietaria del marchio Dolci Preziosi. L’udienza ha visto anche l’emissione di una sentenza di non luogo a procedere per Alessandra Balocco, amministratore delegato dell’omonima azienda dolciaria, deceduta lo scorso agosto dopo una battaglia contro la malattia.

La fase predibattimentale, introdotta dalla Riforma Cartabia per snellire i processi relativi ai reati a citazione diretta, si è concentrata sulla valutazione delle richieste di costituzione di parte civile. Oltre alla signora Adriana di Avellino, si sono presentate due associazioni di consumatori: Casa del Consumatore e ADICU, che ritengono di essere state danneggiate dalle presunte condotte fraudolente oggetto dell’inchiesta.

Il caso della settantenne campana assume particolare rilevanza simbolica nell’economia del processo. La donna, erroneamente identificata in alcune fonti come settantaseienne, aveva acquistato il pandoro natalizio firmato Ferragni nella convinzione di contribuire concretamente a un’iniziativa benefica a favore dell’ospedale Regina Margherita di Torino. Secondo quanto riferito dalla sua legale, l’avvocata Giulia Cenciarelli, la signora aveva conservato scrupolosamente la fotografia dell’acquisto come testimonianza del gesto che riteneva caritatevole.

La vicenda giudiziaria ha origine dalle indagini condotte dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza tra il 2021 e il 2022, su impulso del Pubblico Ministero Cristian Barilli e del Procuratore Aggiunto Eugenio Fusco. Secondo l’impianto accusatorio, le campagne pubblicitarie legate al pandoro Balocco e alle uova pasquali avrebbero indotto i consumatori a credere che parte del ricavato fosse destinato a iniziative solidali, quando in realtà le donazioni erano somme fisse predeterminate, indipendenti dal volume delle vendite.

L’accusa sostiene che la comunicazione commerciale, veicolata massivamente attraverso i canali social dell’influencer seguita da milioni di follower, sarebbe stata ingannevole e avrebbe permesso alla Ferragni e alle società a lei riconducibili di ottenere un ingiusto profitto stimato in circa 2,2 milioni di euro, oltre a benefici non quantificabili derivanti dal ritorno di immagine. Nel caso specifico del pandoro Balocco, il prodotto griffato veniva venduto al prezzo di 9,37 euro invece dei 3,68 euro del prodotto tradizionale.

La difesa della Ferragni, affidata agli avvocati Giuseppe Iannaccone e Marcello Bana, ha sempre sostenuto la tesi di un semplice errore di comunicazione, senza alcun intento fraudolento. L’imprenditrice ha dichiarato di essere assolutamente innocente e di voler dimostrare la propria estraneità ai fatti contestati attraverso il procedimento giudiziario.

Questa vicenda ha già comportato conseguenze economiche significative per la Ferragni, che ha versato complessivamente 3,4 milioni di euro tra sanzioni amministrative e donazioni benefiche. Nel dettaglio, ha corrisposto 2,2 milioni di euro al Garante della Concorrenza e del Mercato per pubblicità ingannevole, un milione all’ospedale Regina Margherita di Torino e 200mila euro alla Caritas nell’ambito dell’accordo transattivo raggiunto con il Codacons e l’Associazione Utenti Servizi Radiotelevisivi, che in cambio hanno ritirato la querela originaria.

Il Codacons, che aveva dato impulso al procedimento con il ricorso al Garante della Concorrenza nel 2021, non figura tra le parti civili costituite, avendo raggiunto l’accordo che prevedeva anche un risarcimento di 150 euro per ciascun acquirente rappresentato dall’associazione. Questo precedente potrebbe orientare la strategia difensiva nei confronti delle altre richieste risarcitorie.

La prossima udienza è stata fissata per il 4 novembre 2025, quando il giudice dovrà decidere sull’ammissibilità delle costituzioni di parte civile delle due associazioni di consumatori. In quella sede, la difesa potrà anche valutare l’opportunità di richiedere riti alternativi come il giudizio abbreviato, che comporterebbe la riduzione di un terzo della pena in caso di eventuale condanna, oppure il patteggiamento, che permetterebbe di definire il procedimento con l’accordo tra le parti.

Il reato di truffa aggravata per il quale la Ferragni è processata prevede una pena da uno a cinque anni di reclusione e una multa da 309 a 1.549 euro. Tuttavia, considerando l’incensuratezza dell’imputata e le azioni riparatorie già intraprese, in caso di condanna difficilmente si arriverebbe a una pena detentiva effettiva, potendo beneficiare della sospensione condizionale o di misure alternative al carcere.

Il caso ha assunto rilevanza nazionale non solo per la notorietà del personaggio coinvolto, ma anche per le implicazioni relative alla responsabilità degli influencer nella comunicazione commerciale sui social media. La vicenda ha evidenziato la necessità di maggiore trasparenza nelle collaborazioni commerciali e nelle iniziative benefiche promosse attraverso i canali digitali, aprendo un dibattito più ampio sulla regolamentazione del settore dell’influencer marketing.

L’udienza predibattimentale ha dunque segnato l’avvio formale di un processo che si preannuncia complesso e articolato, con implicazioni che travalicano il singolo caso giudiziario per toccare temi di più ampio interesse sociale ed economico legati alla comunicazione digitale e alla tutela dei consumatori nell’era dei social media.Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!