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Manovra, al vaglio una tassa sull’oro: con gettito fino a oltre due miliardi

La maggioranza valuta una rivalutazione agevolata dell’oro da investimento con aliquota al 12,5% per generare fino a due miliardi di gettito e ampliare i margini di modifica della legge di bilancio 2026.

La maggioranza di governo sta studiando una nuova misura fiscale che potrebbe garantire risorse significative per la legge di bilancio 2026: si tratta di una procedura di rivalutazione agevolata dell’oro da investimento, presentata sotto forma di emendamento alla manovra, che potrebbe generare un gettito compreso tra 1,67 e 2,08 miliardi di euro. L’ipotesi, contenuta in una proposta parlamentare firmata da Giulio Centemero della Lega e Maurizio Casasco di Forza Italia, introduce un meccanismo straordinario e temporaneo destinato a facilitare l’emersione fiscale del metallo prezioso detenuto dai privati senza documentazione di acquisto.

Il meccanismo previsto non si configura come una patrimoniale, bensì come un’opportunità di regolarizzazione volontaria per i contribuenti che, al primo gennaio 2026, possiedono oro fisico da investimento sotto forma di monete, lingotti o placchette ma non dispongono della documentazione attestante il costo o il valore di acquisto originario. Secondo la normativa fiscale attuale, in assenza di tale documentazione, chi vende oro deve versare il ventisei percento sull’intero valore ceduto, e non soltanto sulla plusvalenza effettivamente realizzata. Questo sistema penalizzante ha finora compresso il mercato dell’oro da investimento, disincentivando le cessioni da parte dei privati e riducendo il gettito fiscale per l’Erario.

La proposta di emendamento introduce pertanto un’aliquota agevolata del dodici virgola cinque percento, sostanzialmente dimezzata rispetto a quella ordinaria, applicabile a chi decida di rivalutare fiscalmente il proprio oro entro il 30 giugno 2026. Una volta effettuata la rivalutazione presso un intermediario abilitato e versata l’imposta sostitutiva ridotta, il contribuente potrà aggiornare il valore fiscale del metallo prezioso a quello di mercato attuale. Da quel momento in avanti, ogni futura cessione verrà tassata al ventisei percento solo sulla plusvalenza effettiva, calcolata come differenza tra il prezzo di vendita e il valore rivalutato. Il meccanismo, denominato affrancamento fiscale, mutua la logica già utilizzata per titoli e partecipazioni, offrendo certezza fiscale e liquidità al patrimonio immobilizzato.

Secondo le stime tecniche contenute nella relazione di accompagnamento all’emendamento, l’oro da investimento in mano ai privati italiani ammonterebbe a circa milleduecento-millecinquecento tonnellate, pari al venticinque-trenta percento dell’oro privato totale, che include anche i gioielli. Quest’ultimo si attesterebbe complessivamente tra quattromilacinquecento e cinquemila tonnellate, con un controvalore indicativo compreso tra quattrocentonovantanove e cinquecentocinquanta miliardi di euro, considerando il prezzo di mercato dell’oro attualmente pari a circa centoundicimila euro al chilogrammo. Le simulazioni tecniche ipotizzano che soltanto il dieci percento delle quantità di oro da investimento possa aderire alla procedura di rivalutazione agevolata. Su questa base prudenziale, la misura garantirebbe comunque un introito significativo per le casse pubbliche, risorse che contribuirebbero a finanziare le modifiche alla manovra attualmente all’esame del Parlamento.

L’obiettivo dichiarato della misura è duplice: da un lato facilitare l’emersione e la circolazione dell’oro fisico da investimento, oggi in gran parte blindato nelle cassette di sicurezza proprio per evitare l’incertezza del trattamento tributario; dall’altro garantire un incremento significativo del gettito in tempi rapidi. Per il governo, l’incentivo alla rivalutazione presenta il vantaggio politico di non toccare nessuno che non voglia aderire volontariamente, di non pesare sul reddito, di incidere soltanto su un patrimonio reale ma di fatto immobilizzato, e di portare molto gettito in pochissimo tempo. Si tratta di una misura che l’esecutivo può presentare senza particolari criticità comunicative, evitando l’accusa di introdurre una tassazione generalizzata o una patrimoniale.

La proposta si inserisce nel più ampio contesto della ricerca di coperture necessarie a sostenere gli interventi che la maggioranza intende introdurre nella legge di bilancio, con l’obiettivo di ampliare il margine di intervento sul testo all’esame del Parlamento. Il tema sarà al centro del confronto nella maggioranza, che tornerà a riunirsi la prossima settimana in vista dell’arrivo degli emendamenti dei gruppi in commissione Bilancio al Senato. L’Ufficio di presidenza della commissione ha fissato alle dieci di venerdì quattordici novembre il termine ultimo per la presentazione degli emendamenti e degli ordini del giorno. L’obiettivo del governo è iniziare il voto in commissione dal tre dicembre, dopo l’esame del Ministero dell’Economia, e arrivare in Aula al Senato il quindici dicembre. Il passaggio alla Camera per l’approvazione definitiva dovrebbe avvenire entro Natale, evitando il ricorso a un terzo passaggio parlamentare.

Parallelamente alla questione della tassa sull’oro, prosegue il lavoro su altri interventi già previsti o allo studio. Tra questi figurano i dazi sui piccoli pacchi extra Unione Europea, anticipabili al 2026 dopo il via libera dell’Ecofin, e la possibile riduzione della partecipazione richiesta per mantenere il regime di esenzione parziale sui dividendi, attualmente fissata al dieci percento ma che potrebbe scendere al cinque percento oppure essere sostituita da una soglia qualificata a un milione e duecentomila euro. Per quanto riguarda l’aumento dell’Irap previsto per banche e assicurazioni, si sta valutando l’esclusione delle holding finanziarie non strettamente riconducibili al settore creditizio o assicurativo, al fine di evitare ricadute indesiderate su gruppi industriali che operano attraverso strutture societarie complesse.

Tra gli interventi più significativi sui quali la maggioranza intende concentrarsi figurano inoltre quelli dedicati alle forze dell’ordine, con aumenti degli stanziamenti per assunzioni e straordinari, e alla compensazione dei crediti fiscali, con l’ipotesi di un rinvio almeno fino a luglio 2026 del divieto di compensazione dei bonus fiscali con i debiti contributivi, misura originariamente pensata per contrastare le frodi ma che avrebbe impatti diretti sulla liquidità aziendale. Sul fronte degli incentivi agli investimenti, si punta a rafforzare il piano Transizione 5.0, rendendo l’incentivo triennale fino al 2028 e ampliando lo stanziamento attuale, fissato a quattro miliardi di euro, attraverso un incremento rispetto ai fondi già previsti.

Un altro dossier sul tavolo della maggioranza riguarda la questione della cedolare secca sugli affitti brevi, per la quale Forza Italia e Lega continuano a chiedere lo stop all’aumento dal 21 al 26% introdotto dalla bozza di manovra. Fonti di Fratelli d’Italia considerano tuttavia il tema importante ma non prioritario nell’immediata fase di limatura della legge di bilancio. La premier Giorgia Meloni ha difeso la ratio del provvedimento, sostenendo che l’obiettivo non è fare cassa ma favorire gli affitti alle famiglie, evitando che la maggiore convenienza fiscale per le locazioni turistiche riduca ulteriormente l’offerta abitativa a lungo termine. La Lega insiste inoltre per ampliare la rottamazione delle cartelle esattoriali, includendo anche chi ha accertamenti in corso o chi è in regola con l’ultima rottamazione quater, aumentando il numero delle rate per evitare decadenze. Le modifiche possibili sarebbero tuttavia marginali, secondo i tecnici del Ministero dell’Economia.

Quasi certo appare invece il rifinanziamento della cosiddetta legge Cisl sulla partecipazione dei lavoratori alle imprese, con quarantanove milioni di euro aggiuntivi che si sommano ai venticinque milioni residui, per garantire anche nel 2026 un ammontare complessivo di settanta milioni di fondi destinati a sostenere la partecipazione dei lavoratori agli utili aziendali. Forza Italia, dopo un confronto con il leader Antonio Tajani, ribadisce una linea responsabile sulle proprie priorità, concentrate su casa, sicurezza e riduzione della tassazione sulle imprese. Nel frattempo, sul fronte procedurale, prosegue l’attività dei ministeri nella definizione delle proposte da limare e delle posizioni da portare al confronto politico. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani è intervenuto per sollecitare alcuni dicasteri sulla presenza nelle commissioni dopo episodi di ritardo nei pareri.

In commissione Bilancio al Senato sono attesi migliaia di emendamenti, ma i gruppi hanno già iniziato a selezionare le proposte da segnalare, fissate in quattrocentoquattordici, di cui duecentotrentotto della maggioranza. Sul piano politico restano aperte diverse questioni, che verranno affrontate nel vertice di maggioranza previsto per la prossima settimana. La premier Meloni, i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, e il leader di Noi Moderati Maurizio Lupi si confronteranno con il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti per trovare la quadra definitiva sulle modifiche da introdurre. Nel precedente vertice, tenutosi all’inizio della settimana, la premier ha ricordato a tutti la necessità dell’invarianza dei saldi della legge di bilancio, sottolineando che ogni proposta, pur legittima, dovrà avere la sua copertura. Giorgetti ha ribadito che quest’anno i margini sono strettissimi e non esistono tesoretti, precisando che mantenere il rapporto deficit-Pil per quest’anno sotto il tre percento è fondamentale per rientrare dalla procedura di infrazione europea.

La premier non intende assolutamente perdere la credibilità guadagnata sui mercati con l’upgrade delle agenzie di rating e il riconoscimento internazionale ottenuto da autorevoli testate economiche, che hanno definito l’Italia un modello virtuoso per l’intera Unione Europea. La coperta rimane dunque cortissima, e alla fine sarà la stessa Meloni a decidere, assumendosi tutte le responsabilità, eventualmente scontentando sia Tajani che Salvini e anche una parte di Fratelli d’Italia. Non è escluso che anche per questa manovra si ricorra a un maxi-emendamento della maggioranza che raccolga tutte le proposte dei partiti, sul quale il governo porrà la questione di fiducia in Aula al Senato poco prima di Natale, per poi ottenere il via libera finale della Camera prima della notte di San Silvestro.

La proposta di tassazione agevolata sull’oro si inserisce quindi in un quadro complesso di negoziazioni e mediazioni politiche, dove la ricerca di risorse aggiuntive si intreccia con le esigenze di tenuta dei conti pubblici e con le richieste specifiche dei vari partiti della coalizione di governo. La settimana che precede la scadenza per la presentazione degli emendamenti sarà decisiva per capire quali proposte troveranno effettivamente spazio nel testo finale della legge di bilancio e quali invece resteranno sul tavolo delle promesse non mantenute. L’ipotesi della tassa sull’oro, presentata come misura volontaria e vantaggiosa per i contribuenti, rappresenta uno degli strumenti più innovativi e meno divisivi sul piano politico tra quelli attualmente allo studio, ma la sua effettiva capacità di generare il gettito stimato dipenderà dall’adesione effettiva dei possessori di metallo prezioso, che dovranno valutare la convenienza dell’operazione rispetto al mantenimento dello status quo. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!