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Crisi del commercio, un comune su otto è senza negozi alimentari

In oltre mille comuni italiani non esistono più negozi alimentari: la desertificazione commerciale avanza e mina la qualità della vita di milioni di cittadini, soprattutto nei piccoli centri.

La mappa commerciale dell’Italia si fa sempre più rarefatta, lasciando interi territori privi di servizi essenziali e contribuendo a un progressivo impoverimento della vita quotidiana, soprattutto nei centri più piccoli. A lanciare un grido d’allarme è Confesercenti, che nel corso della sua assemblea annuale ha diffuso dati allarmanti: nel 2025, oltre 1.100 comuni italiani – circa uno su otto – sono completamente privi di esercizi del commercio alimentare di prossimità, come macellerie, ortofrutta o pescherie. Un fenomeno che coinvolge circa 650mila residenti, costretti a spostarsi altrove anche solo per comprare il pane o il latte.

E non si tratta di casi isolati. Sono 535 i comuni italiani dove mancano non solo i negozi di quartiere, ma anche supermercati, ipermercati o grandi magazzini: in queste aree, oltre 250mila persone vivono in una sorta di “vuoto commerciale” che impatta non solo sull’economia, ma anche sulla qualità della vita e sul tessuto sociale. Ancora più drammatica è la situazione relativa ai panifici, che risultano assenti in 2.130 comuni, interessando 2,38 milioni di abitanti.

Quello che emerge dal report di Confesercenti è un vero e proprio processo di desertificazione commerciale che, tra il 2014 e il 2024, ha colpito oltre 26 milioni di italiani, i quali hanno assistito alla scomparsa progressiva di una o più attività essenziali dal proprio comune. E se il commercio alimentare è in crisi, ancor peggiore appare il quadro per i negozi specializzati in beni culturali e ricreativi. In oltre 3.200 comuni italiani non è più possibile acquistare un libro, un giornale, un disco o un gioco: un buco nero che coinvolge più di 3,8 milioni di persone e che rivela anche una crisi profonda della domanda culturale e del tempo libero.

La ritirata riguarda anche la rete distributiva dei carburanti: secondo Confesercenti, oggi ci sono 3.796 comuni italiani completamente privi di un distributore di benzina. Più di 6,6 milioni di residenti devono quindi affrontare spostamenti sempre più lunghi anche solo per rifornire l’auto, con impatti evidenti in termini di disagio e costi.

“Fare impresa in Italia oggi è una corsa a ostacoli”, ha commentato Nico Gronchi, presidente di Confesercenti. “In dieci anni abbiamo perso oltre 140mila imprese del terziario. A fine 2025, il saldo negativo tra aperture e chiusure sarà di 23mila attività, quasi tutte imprese individuali”. Una crisi trasversale che colpisce sia i piccoli centri che le grandi periferie urbane, aggravando le disuguaglianze territoriali e rendendo più difficile l’accesso ai servizi primari.

A fronte di questo scenario, l’unico spiraglio positivo arriva dal settore turistico, trainato dalla domanda estera in crescita. Ma anche qui si nasconde una contraddizione profonda: mentre i visitatori stranieri aumentano, gli italiani viaggiano meno. Nei primi nove mesi del 2025, gli arrivi di italiani sono calati del 3,9% rispetto all’anno precedente, con una perdita secca di oltre 131mila presenze. “Segno – osserva Gronchi – che molte famiglie hanno tagliato su viaggi e vacanze, nonostante i numeri complessivi del comparto turismo restino positivi”.

Alla base di questa stagnazione – e del rallentamento generale dell’economia – c’è un fattore strutturale che si conferma anno dopo anno: il freno ai consumi interni. Senza una decisa inversione di tendenza della domanda interna, ammonisce Confesercenti, l’Italia resterà intrappolata nello “zero virgola” della crescita del PIL. Una crescita debole che riflette non solo la difficoltà delle imprese, ma anche una progressiva erosione della coesione sociale nei territori, là dove mancano i presidi fondamentali della quotidianità. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!