La Commissione europea ha ufficialmente confermato una revisione sostanziale dei suoi propositi iniziali relativamente alla decarbonizzazione del settore automobilistico continentale. Dopo mesi di intensi negoziati e forti pressioni provenienti dall’industria auto e da numerosi governi, Bruxelles ha annunciato il 16 dicembre il nuovo pacchetto di misure destinato a rilanciare il settore automotive europeo, abbandonando di fatto il divieto totale di vendita di nuove auto a benzina e diesel previsto originariamente per il 2035. Questo cambiamento di rotta rappresenta una delle modifiche più significative al Green Deal europeo dall’approvazione iniziale della normativa nel 2022, segnando il passaggio da un approccio dogmatico all’elettrificazione a una strategia centrata sulla neutralità tecnologica e su un’ambizione climatica pur sempre considerevole, sebbene ricalibrala.
L’impianto originario della normativa sulle emissioni, approvato nel 2022 come parte integrante del pacchetto Fit for 55, prevedeva che il 100% dei nuovi veicoli e dei furgoni leggeri immatricolati nell’Unione europea dovesse raggiungere l’azzeramento delle emissioni di anidride carbonica entro il 2035. Un obiettivo che aveva generato non poche tensioni all’interno del mercato automobilistico europeo e che aveva suscitato preoccupazioni circa la competitività dell’industria rispetto ai concorrenti extracomunitari, in particolare la Cina. La Commissione, riconoscendo la necessità di bilanciare le ambizioni climatiche con la sostenibilità economica e occupazionale del settore, ha ora ridotto questa soglia al 90%, introducendo nel contempo una serie di meccanismi compensativi volti a garantire comunque il raggiungimento di riduzioni effettive delle emissioni.
Secondo il nuovo quadro normativo presentato dall’esecutivo comunitario, il 10% residuo di emissioni dovrà essere neutralizzato attraverso l’adozione di misure di compensazione specifiche lungo l’intera filiera produttiva. Il meccanismo prevede che i costruttori automobilistici possano soddisfare gli obblighi normativi utilizzando acciaio a basse emissioni di carbonio prodotto all’interno dell’Unione europea, ricorrendo contemporaneamente ai carburanti elettronici, comunemente definiti e-fuel, oppure sfruttando biocarburanti avanzati e rinnovabili. Questo approccio consente ai costruttori europei di conservare una notevole flessibilità nella scelta delle tecnologie da implementare, pur mantenendo un impegno concreto verso la riduzione delle emissioni inquinanti. Bruxelles ha qualificato questa strategia come “ambizioso ma pragmatico”, sottolineando come essa consenta di tracciare un percorso credibile verso la neutralità climatica al 2050 senza compromettere la vitalità economica dell’industria continentale.
Per quanto concerne le tecnologie abilitanti, il nuovo assetto normativo apre esplicitamente lo spazio a una pluralità di soluzioni. Sono infatti ammessi i veicoli ibridi plug-in, le auto dotate di range extender ossia di piccoli motori endotermici che fungono da generatori per ricaricare le batterie, gli ibridi leggeri e persino i veicoli equipaggiati con motori a combustione interna vera e propria, a condizione che le loro emissioni residue vengano opportunamente compensate attraverso i meccanismi illustrati. La transizione all’elettrico rimane tuttavia centrale negli obiettivi comunitari, con i veicoli completamente elettrici e quelli alimentati a celle a combustibile che continuano a rappresentare le soluzioni prioritarie nel nuovo disegno normativo.
Le ragioni che hanno condotto la Commissione europea verso questo ripensamento sono da ricercarsi in una molteplicità di fattori di natura politica, economica e industriale. Innanzitutto, il settore automobilistico europeo ha sottoposto una pressione crescente dovuta alle difficoltà riscontrate nella transizione verso la mobilità completamente elettrica. I costi elevati delle batterie e dei veicoli elettrici, la domanda di mercato che cresce a ritmi inferiori alle previsioni iniziali, l’insufficienza delle infrastrutture di ricarica e il timore di una perdita di competitività globale hanno rappresentato fattori decisivi nel sollecitare una modifica delle ambizioni normative.
Oltre alle pressioni industriali, il cambiamento di rotta riflette anche il peso della politica internazionale e delle dinamiche negoziali europee. La Germania, attraverso la posizione ferma del cancelliere Friedrich Merz, ha esercitato un’influenza considerevole sulla decisione finale, così come l’Italia e altri paesi membri hanno sottoposto richieste formali per un ammorbidimento della norma. In una lettera congiunta al presidente della Commissione Ursula von der Leyen, i capi di governo di Italia, Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia e Slovacchia hanno esplicitamente richiesto l’introduzione della “neutralità tecnologica” e la possibilità di continuare la vendita di veicoli ibridi e alimentati a combustibili rinnovabili anche dopo il 2035.
Accanto alla revisione dei target di riduzione delle emissioni, la Commissione ha presentato un pacchetto di misure complementari volte a sostenere la transizione del settore verso tecnologie alternative. Sono stati stanziati fondi consistenti, pari a 1,8 miliardi di euro, destinati specificamente alla riconversione dei siti produttivi europei verso la fabbricazione di batterie per veicoli elettrici. Contestualmente, Bruxelles ha introdotto un regime di incentivi denominato “super-crediti”, secondo il quale ogni piccola auto elettrica prodotta dai costruttori verrà conteggiata come 1,3 veicoli ai fini del calcolo della conformità ai nuovi standard di emissione, fino al 2035. Questa misura mira a stimolare la produzione di veicoli elettrici di piccole dimensioni e a prezzi contenuti, fondamentale per rendere la mobilità sostenibile accessibile anche alle fasce di popolazione con redditi più modesti.
Il pacchetto automobilistico presentato dalla Commissione comprende altresì un’accelerazione significativa nella pianificazione delle infrastrutture di ricarica, considerata un collo di bottiglia cruciale per lo sviluppo del mercato dei veicoli elettrici in Europa. Bruxelles ha inoltre focalizzato l’attenzione sulla strategia di stoccaggio energetico e sulla necessità di sviluppare una filiera europea di batterie competitive rispetto alle produzioni asiatiche, fattore considerato strategico sia dal punto di vista geopolitico che da quello della sostenibilità occupazionale. La Commissione ha inoltre indicato l’importanza di stimolare la domanda di veicoli elettrici da parte delle grandi flotte aziendali e amministrative, ritenute fondamentali per alimentare il mercato dell’auto usata, a sua volta essenziale per rendere la mobilità a zero emissioni realmente alla portata di strati più ampi della popolazione.
La decisione della Commissione ha generato reazioni contrastanti nel panorama politico europeo. L’industria automobilistica continentale ha salutato il nuovo corso come una vittoria, riconoscendo nella maggiore flessibilità normativa e negli incentivi finanziari la possibilità di navigare la transizione energetica senza compromettere la competitività globale dell’Europa. I costruttori hanno in particolare apprezzato il riconoscimento della validità dei biocarburanti e dei carburanti sintetici, tecnologie su cui numerosi gruppi automobilistici europei hanno investito risorse significative negli ultimi anni. Tuttavia, il gruppo dei Verdi al Parlamento europeo ha sollevato critiche durissime, denunciando l’ammorbidimento delle norme come uno “smantellamento” di una delle leggi simbolo della lotta al cambiamento climatico e della decarbonizzazione globale.
Il nuovo assetto normativo dovrà ora sottoporsi al processo di approvazione presso il Parlamento europeo, dove sono attese ulteriori discussioni e possibili negoziazioni. L’esame parlamentare rappresenta un momento critico nel quale potranno essere apportati emendamenti e chiarimenti al testo proposto dalla Commissione, considerando anche il peso significativo della componente ambientalista e climatica all’interno dell’assemblea legislativa europea. Rimane inoltre da definire nei dettagli il funzionamento operativo dei meccanismi di compensazione, in particolare le modalità precise di conteggio delle riduzioni di emissione conseguite mediante l’uso di acciaio a basse emissioni e l’impiego di biocarburanti e e-fuel.
In termini pratici e prospettici, il nuovo quadro normativo mantiene la transizione verso l’elettrico quale obiettivo centrale della politica comunitaria, pur introducendo una significativa maggiore elasticità nella modalità di raggiungimento dei target climatici. Ciò significa che la stragrande maggioranza del parco auto europeo continuerà inevitabilmente a evolversi verso la motorizzazione elettrica, considerando che le case automobilistiche dovranno comunque ridurre le emissioni del 90% e trovare meccanismi di compensazione per il restante 10%. Tuttavia, il nuovo approccio riconosce esplicitamente l’esistenza di nicchie di mercato, potenzialmente anche significative, di consumatori non interessati all’acquisto di veicoli completamente elettrici, e consente ai costruttori europei di servire questi segmenti attraverso tecnologie alternative compatibili con gli obiettivi di decarbonizzazione.
La modifica agli standard di emissione rappresenta pertanto un momento di ridefinizione strategica della politica climatica europea nel settore dei trasporti. Se da un lato essa comporta l’abbandono del principio di un’eliminazione totale dei motori a combustione interna dal mercato europeo, dall’altro essa persegue comunque riduzioni sostanziali delle emissioni inquinanti e mantiene l’impegno verso la neutralità climatica al 2050. La Commissione ha qualificato questa strategia come basata su “prevedibilità” per i produttori e su un “chiaro segnale di mercato verso l’elettrificazione”, sottolineando come essa sia stata concepita per garantire una transizione più sostenibile sia dal punto di vista ambientale che da quello economico e occupazionale del continente. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!
