Una vasta operazione antiterrorismo condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo di Genova ha portato all’arresto di nove persone accusate di aver finanziato l’organizzazione terroristica Hamas attraverso un sistema ramificato di associazioni benefiche apparentemente dedicate all’aiuto umanitario per la popolazione palestinese. L’operazione, eseguita dalla Digos di Genova insieme al Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza e al Nucleo Speciale della Polizia Valutaria, ha consentito di sequestrare beni per un valore complessivo di oltre otto milioni di euro.
L’indagine, coordinata dalla Procura nazionale antimafia e antiterrorismo guidata da Giovanni Melillo, è scaturita dall’analisi di segnalazioni di operazioni finanziarie sospette individuate in data antecedente al 7 ottobre 2023, data del devastante attacco terroristico perpetrato da Hamas contro Israele che causò la morte di circa 1200 persone tra civili e militari, oltre alla cattura di circa 250 ostaggi. L’impulso investigativo fornito dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo ha permesso di far luce su una rete europea di finanziamento occulto che avrebbe consentito all’organizzazione terroristica di raccogliere ingenti capitali attraverso canali apparentemente legittimi.
Gli investigatori hanno ricostruito un sistema complesso di triangolazioni finanziarie attraverso il quale, dal 18 ottobre 2001 fino alla data odierna, sarebbero stati convogliati circa 7,3 milioni di euro verso Hamas o verso associazioni ad essa collegate o controllate, dichiarate illegali dallo Stato di Israele. Il finanziamento delle attività terroristiche sarebbe avvenuto mediante operazioni di bonifici bancari o altre modalità per il tramite di associazioni con sede all’estero, in favore di enti con sede a Gaza, nei Territori Palestinesi o in Israele. Secondo la tesi accusatoria formulata dalla Procura genovese, tali fondi sarebbero stati sottratti alle finalità assistenzialistiche dichiarate e alle reali necessità della popolazione civile di Gaza, per essere dirottati verso il finanziamento diretto dell’organizzazione terroristica e delle sue attività criminose.
Al centro dell’inchiesta figurano tre associazioni formalmente impegnate in attività di solidarietà con il popolo palestinese. La prima è l’Associazione benefica di solidarietà con il popolo palestinese, costituita a Genova nel 1994 e identificata con l’acronimo ABSPP. La seconda è l’Associazione benefica di solidarietà con il popolo palestinese – Organizzazione di volontariato, anch’essa con sede a Genova, costituita nel 2003. La terza è l’Associazione benefica La Cupola d’oro, costituita a Milano nel 2023. Secondo gli inquirenti, queste strutture associative avrebbero operato come entità di copertura, presentandosi come organizzazioni umanitarie dedicate alla raccolta di fondi per la popolazione palestinese, ma destinando in realtà una parte preponderante delle risorse raccolte al finanziamento diretto di Hamas.
La figura centrale dell’indagine è Mohammad Mahmoud Ahmad Hannoun, definito dagli investigatori come membro del comparto estero dell’organizzazione terroristica Hamas e vertice della cellula italiana. Hannoun, architetto palestinese con base operativa in Italia, è presidente dell’Associazione dei palestinesi in Italia e componente del board of directors della European Palestinians Conference. Le indagini hanno permesso di accertare che Hannoun avrebbe gestito per anni la raccolta fondi destinando, secondo le stime della Procura, oltre il settantuno per cento delle donazioni al finanziamento diretto dell’organizzazione terroristica. L’architetto palestinese avrebbe intrattenuto contatti stabili con dirigenti di Hamas in Europa e Medio Oriente, partecipando a riunioni internazionali e coordinandosi con analoghe strutture presenti in altri Paesi dell’Unione europea, tra cui Olanda, Francia, Austria e Regno Unito.
Hannoun non è nuovo alle attenzioni delle autorità internazionali. Il 7 ottobre 2024, esattamente un anno dopo l’attacco terroristico di Hamas contro Israele, il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha inserito Mohammad Hannoun nella lista delle Specially Designated Nationals, bloccando i suoi beni e impedendogli di effettuare transazioni finanziarie con individui o entità americane. Nel comunicato del Dipartimento del Tesoro si legge che Hannoun, membro di Hamas con base in Italia, avrebbe fondato l’ABSPP come ente di beneficenza fittizio che apparentemente raccoglie fondi per scopi umanitari, ma in realtà aiuta a finanziare l’ala militare di Hamas. Secondo le autorità statunitensi, come dirigente dell’ABSPP, Hannoun avrebbe inviato denaro a organizzazioni controllate da Hamas almeno dal 2018, sollecitando finanziamenti con alti funzionari dell’organizzazione terroristica e trasferendo almeno quattro milioni di dollari in un periodo di dieci anni. Inoltre, nel novembre 2024, le autorità italiane hanno notificato a Hannoun un foglio di via da Milano per accuse di istigazione all’odio.
Tra gli indagati figurano anche altri presunti membri del comparto estero di Hamas attivi in Italia. Dawoud Ra’Ed Hussny Mousa, Al Salahat Raed, Elasaly Yaser e Albustanji Riyad Abdelrahim Jaber sono accusati di aver condiviso decisioni operative, promosso la raccolta fondi, gestito sedi territoriali delle associazioni e supervisionato i trasferimenti di denaro. Particolare rilievo assume la posizione di Osama Alisawi, già ministro del Governo di fatto di Hamas a Gaza, che secondo gli inquirenti avrebbe sollecitato in varie circostanze supporto finanziario, ricevendo direttamente fondi dalle associazioni monitorate. Altri tre indagati, Abu Rawwa Adel Ibrahim Salameh, Abu Deiah Khalil e Abdu Saleh Mohammed Ismail, sono accusati di complicità esterna, avendo fornito sostegno finanziario continuativo all’organizzazione pur non facendone formalmente parte. In particolare, ad Abu Deiah Khalil viene contestata la creazione dell’associazione La Cupola d’oro e l’apertura di conti bancari finalizzati ad aggirare i blocchi finanziari internazionali.
Le modalità operative ricostruite dagli investigatori evidenziano un sistema sofisticato di occultamento dei flussi finanziari. I fondi raccolti attraverso le associazioni benefiche sarebbero stati trasferiti mediante operazioni di triangolazione attraverso bonifici bancari o con altre modalità, utilizzando enti con sede all’estero come intermediari. Il denaro sarebbe poi giunto a destinazione presso associazioni con sede a Gaza, nei Territori Palestinesi o in Israele, formalmente indipendenti ma in realtà appartenenti, controllate o comunque collegate ad Hamas. Secondo l’ipotesi accusatoria, una parte dei finanziamenti sarebbe stata destinata anche al sostegno delle famiglie di attentatori suicidi o di detenuti condannati per reati con finalità di terrorismo, configurando un sistema di incentivazione e supporto alle attività terroristiche.
L’inchiesta si è sviluppata attraverso un’attività investigativa complessa e articolata, condotta con il supporto di strumenti tecnici avanzati e con la cooperazione internazionale. Gli investigatori hanno effettuato intercettazioni telefoniche e ambientali, monitorato i flussi di denaro attraverso canali bancari e sistemi di pagamento alternativi, acquisito documenti e messaggi conservati nel server presso la sede dell’ABSPP a Genova. Particolare importanza ha assunto la cooperazione giudiziaria internazionale, sviluppata grazie a scambi informativi con altri uffici inquirenti italiani, nell’ambito della costante azione di coordinamento del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, nonché con le autorità dei Paesi Bassi e di altri Paesi dell’Unione europea, attraverso riunioni organizzate da Eurojust, l’agenzia europea per la cooperazione giudiziaria penale. Anche le autorità israeliane hanno fornito documentazione e informazioni nell’ambito della collaborazione investigativa.
L’indagine ha permesso di accertare che Hamas si è dotata di un comparto estero e di articolazioni periferiche che operano con lo specifico scopo di promuovere l’immagine dell’organizzazione e, soprattutto, di contribuire al suo finanziamento, condizione ritenuta essenziale perché l’organizzazione terroristica possa esistere, svilupparsi e cercare di raggiungere i propri scopi. La tesi degli inquirenti è che Hamas avrebbe costruito una rete europea di associazioni caritative funzionali non solo alla raccolta fondi, ma anche alla propaganda e al consolidamento del consenso attorno all’organizzazione. Tale rete avrebbe operato attraverso collegamenti tra diverse entità presenti in Italia, Germania, Austria, Francia, Paesi Bassi e Regno Unito, creando un sistema transnazionale di supporto logistico e finanziario.
Il reato contestato agli indagati è quello previsto dall’articolo 270-bis del codice penale, che punisce chi promuove, costituisce, organizza, dirige o finanzia associazioni che si propongono il compimento di atti con finalità di terrorismo anche internazionale. Hamas è stata designata come organizzazione terroristica da parte dell’Unione europea fin dal 2003, designazione che riguarda sia l’ala politica sia quella militare del movimento. Tale classificazione comporta il congelamento dei capitali e delle risorse finanziarie detenute nel territorio comunitario e il divieto nei Paesi membri di mettere capitali e risorse economiche a disposizione dell’organizzazione. Nel 2014, il Tribunale dell’Unione europea aveva annullato per vizi procedurali l’iscrizione di Hamas nella lista delle organizzazioni terroristiche, ma la decisione era stata successivamente impugnata dal Consiglio europeo e la Corte di giustizia dell’Unione europea, con sentenza del 23 novembre 2021, ha respinto il ricorso di Hamas confermandone la classificazione come entità coinvolta in atti terroristici.
All’organizzazione vengono ricondotti, oltre al recente attacco del 7 ottobre 2023, una serie di attentati che hanno causato negli anni la morte di 484 persone e il ferimento di altre 3305, in gran parte civili. L’attacco del 7 ottobre 2023, denominato Operazione Diluvio al-Aqsa, è consistito in una serie di attacchi terroristici di gruppi armati provenienti dalla Striscia di Gaza, con il lancio di oltre 5000 razzi verso il territorio israeliano, l’infiltrazione di commando attraverso la recinzione di confine utilizzando esplosivi e bulldozer, e attacchi coordinati contro comunità di kibbutzim, basi militari e un festival musicale. L’attacco ha innescato la successiva operazione militare israeliana nella Striscia di Gaza, che ha causato la morte di oltre 70000 palestinesi secondo le autorità di Gaza.
Il Giudice per le Indagini preliminari presso il Tribunale di Genova ha emesso ordinanza di applicazione di misure cautelari personali e reali su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo di Genova. Le misure cautelari personali hanno riguardato nove indagati, tutti destinatari della custodia in carcere, mentre le misure cautelari reali hanno comportato il sequestro di beni per un ammontare complessivo di oltre otto milioni di euro. Il sequestro riguarda sia i fondi transitati attraverso le associazioni sia i beni riconducibili agli indagati, nell’ottica di privare l’organizzazione terroristica delle risorse finanziarie accumulate attraverso il sistema di raccolta fondi occulto.
L’operazione si inserisce nel quadro più ampio della lotta al finanziamento del terrorismo internazionale, fenomeno che costituisce una priorità assoluta per le autorità investigative e giudiziarie italiane ed europee. Il finanziamento rappresenta infatti un elemento cruciale per la sopravvivenza e l’operatività delle organizzazioni terroristiche, consentendo loro di acquisire armamenti, addestrare combattenti, condurre attività di propaganda e mantenere una struttura organizzativa complessa. Il contrasto ai flussi finanziari illeciti richiede un approccio integrato che combina strumenti investigativi tradizionali con tecniche avanzate di analisi finanziaria e con la cooperazione internazionale tra autorità giudiziarie e di polizia.
La vicenda solleva interrogativi rilevanti sulla capacità di controllo dei flussi finanziari che transitano attraverso enti del terzo settore che operano nel campo della cooperazione internazionale e dell’aiuto umanitario. La normativa italiana ed europea prevede stringenti obblighi di trasparenza e tracciabilità per le organizzazioni non profit, ma il caso dimostra come tali meccanismi possano essere aggirati attraverso sistemi di triangolazione internazionale e attraverso la frammentazione dei flussi finanziari su più enti e giurisdizioni. Le autorità di vigilanza e gli istituti bancari sono chiamati a rafforzare i presidi di controllo, intensificando l’analisi delle operazioni sospette e la segnalazione alle autorità competenti di transazioni che presentino elementi di anomalia.
L’indagine rappresenta anche un esempio significativo di cooperazione giudiziaria internazionale in materia di contrasto al terrorismo. Il coinvolgimento di Eurojust, agenzia europea che facilita il coordinamento tra autorità giudiziarie nazionali nei casi transnazionali, ha consentito di superare le barriere procedurali e giurisdizionali che spesso ostacolano le indagini che interessano più Stati membri. La collaborazione con le autorità olandesi e di altri Paesi europei ha permesso di ricostruire l’intera rete di finanziamento, identificando i collegamenti tra le diverse entità operative nei vari Stati e tracciando i flussi finanziari attraverso i confini nazionali. Tale approccio cooperativo costituisce un modello replicabile per future indagini su fenomeni criminali transnazionali.
La posizione degli indagati, che si trovano nella fase delle indagini preliminari, dovrà essere vagliata nel corso del procedimento penale nel rispetto del principio della presunzione di innocenza fino a condanna definitiva. La difesa degli indagati potrà presentare elementi di prova contrari alle ricostruzioni accusatorie e contestare la qualificazione giuridica dei fatti contestati. Tuttavia, l’emissione di misure cautelari custodiali nei confronti di tutti gli indagati segnala che il Giudice per le Indagini preliminari ha ritenuto sussistenti gravi indizi di colpevolezza e l’esigenza di applicare la massima misura cautelare per prevenire la reiterazione delle condotte illecite e garantire il corretto svolgimento delle indagini.
L’operazione si colloca in un momento di particolare tensione internazionale legata al conflitto israelo-palestinese, acuitosi drammaticamente dopo l’attacco del 7 ottobre 2023 e la successiva operazione militare israeliana nella Striscia di Gaza. In questo contesto, le attività di contrasto al finanziamento del terrorismo assumono una valenza strategica non solo sul piano della sicurezza interna, ma anche come contributo agli sforzi internazionali per prevenire nuove escalation di violenza. L’interruzione dei flussi finanziari destinati alle organizzazioni terroristiche rappresenta infatti uno strumento complementare alle iniziative diplomatiche finalizzate alla ricerca di una soluzione pacifica e duratura del conflitto.
La vicenda dimostra inoltre come il territorio italiano possa essere utilizzato come base logistica e finanziaria per attività di supporto a organizzazioni terroristiche che operano in altri teatri geografici. La presenza di comunità diasporiche numerose e articolate, se da un lato costituisce una ricchezza per il tessuto sociale e culturale del Paese, dall’altro può essere strumentalizzata da elementi radicali per condurre attività di propaganda, proselitismo e raccolta fondi a sostegno di cause estremiste. Le autorità italiane sono chiamate a mantenere alto il livello di attenzione, intensificando il monitoraggio delle attività associative e religiose che possano presentare profili di rischio, nel rispetto delle libertà costituzionalmente garantite ma con la fermezza necessaria a prevenire derive eversive. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!
