Quanto Guadagnano il Papa e i Cardinali? Ecco gli Stipendi dei Vertici della Chiesa

Un’analisi approfondita delle retribuzioni all’interno della gerarchia ecclesiastica, dai tagli voluti da Papa Francesco all’aumento del 2% per i sacerdoti previsto per il 2025.

Il tema delle retribuzioni all’interno della Chiesa Cattolica rappresenta un argomento di particolare interesse, soprattutto alla luce delle recenti riforme economiche volute da Papa Francesco per contenere le spese della Santa Sede. Contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, il sistema retributivo vaticano segue criteri di sobrietà che riflettono gli ideali evangelici di povertà e semplicità, valori che l’attuale Pontefice ha costantemente cercato di promuovere durante il suo mandato attraverso una serie di misure concrete di riduzione dei costi e dei privilegi storicamente associati alle alte cariche ecclesiastiche.

Un elemento di notevole interesse riguarda proprio lo stipendio del Papa. Jorge Mario Bergoglio, sin dal momento della sua elezione nel 2013, ha compiuto una scelta significativa rinunciando completamente al compenso mensile di circa 2.500 euro a cui avrebbe avuto diritto, cifra che invece veniva regolarmente percepita dal suo predecessore Benedetto XVI. Nonostante questa rinuncia, tutte le spese personali del Pontefice, comprese quelle relative a vitto, alloggio, trasporti, assistenza sanitaria e sicurezza, vengono interamente coperte dalla Santa Sede, garantendo così la dignità del ruolo senza compromettere il principio di sobrietà.

Ulteriore testimonianza della volontà di Bergoglio di incarnare un modello di Chiesa “povera per i poveri” è stata la decisione di non risiedere nel tradizionale appartamento pontificio all’interno del Palazzo Apostolico, preferendo invece una sistemazione più modesta presso la Domus Sanctae Marthae, la residenza utilizzata dai cardinali durante il Conclave. Una scelta simbolica che ha rappresentato una rottura con secoli di tradizione e un chiaro messaggio di cambiamento rivolto all’intera gerarchia ecclesiastica.

In teoria, il Papa avrebbe comunque accesso all’Obolo di San Pietro, un importante fondo vaticano alimentato dalle donazioni dei fedeli di tutto il mondo e destinato al finanziamento di iniziative caritative e missionarie. Secondo i dati riportati dall’Avvenire, nel 2022 questo fondo ha raccolto circa 107 milioni di euro, a fronte di uscite per attività benefiche pari a 95,5 milioni, ma non risulta che Bergoglio abbia mai attinto personalmente a queste risorse, mantenendo fede al suo impegno di distacco dalle questioni economiche personali.

La politica di contenimento dei costi promossa da Papa Francesco ha coinvolto direttamente anche i cardinali, specialmente quelli che operano all’interno della Curia Romana. Fino al 2021, i porporati con incarichi operativi in Vaticano percepivano uno stipendio mensile variabile tra i 4.000 e i 5.500 euro, a cui si aggiungevano numerosi benefit come alloggi gratuiti o a canone agevolato, utilizzo di autisti e personale di servizio, oltre alla copertura delle spese di rappresentanza, creando un trattamento economico certamente non paragonabile agli stipendi milionari di alcuni manager pubblici e privati, ma comunque significativo all’interno del contesto ecclesiastico.

La situazione è cambiata radicalmente nel marzo 2021, quando il Pontefice, in risposta alla crisi economica accentuata dalla pandemia, ha firmato un decreto che prevedeva una riduzione del 10% degli stipendi dei cardinali, corrispondente a circa 500-550 euro mensili in meno. L’intervento si è concentrato principalmente su due voci retributive: la “Gratifica per la Segreteria” e l'”Indennità di Ufficio”, componenti significative degli emolumenti mensili dei porporati. Questa prima misura ha riguardato in particolare la trentina di cardinali ai vertici dei dicasteri vaticani, su un totale di circa 230 porporati a livello mondiale.

La spending review non si è fermata qui. Nel novembre 2024, il Prefetto dell’Economia Maximino Caballero Ledo ha comunicato ai cardinali un’ulteriore sforbiciata, con la sospensione definitiva dell’erogazione delle due indennità sopra menzionate, con un’ulteriore riduzione di circa 500 euro mensili. Il taglio, operativo dal 1° novembre 2024, è stato presentato come un necessario “segno di concreta dimostrazione dello spirito di servizio ed essenzialità” richiesto ai più stretti collaboratori del Papa, in un momento in cui i conti della Santa Sede registrano un deficit sempre più preoccupante, che nel 2023 ha superato gli 83 milioni di euro.

Attualmente, dunque, lo stipendio medio di un cardinale della Curia si aggira intorno ai 5.000 euro mensili, cifra che può variare in base all’anzianità e alle responsabilità specifiche. Un compenso che resta superiore a quello della maggior parte dei dipendenti vaticani, ma che riflette una tendenza alla razionalizzazione delle spese e alla riduzione dei privilegi storicamente associati alle porpore cardinalizie.

Scendendo nella gerarchia ecclesiastica, troviamo i vescovi, che percepiscono uno stipendio mensile di circa 3.000 euro, mentre i sacerdoti si attestano su una retribuzione media di circa 1.200 euro mensili. A questo proposito, il Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana ha recentemente deliberato un aumento per il 2025, innalzando a 13,38 euro il valore del “punto”, l’indice utilizzato per calcolare il sostentamento mensile dei sacerdoti, con un incremento del 2% rispetto al valore attuale di 13,12 euro.

Grazie a questo adeguamento, che tiene conto dell’incremento del tasso di inflazione pur avendo un’incidenza decisamente parziale rispetto all’aumento del costo della vita registrato negli ultimi anni, nel 2025 un sacerdote appena ordinato avrà una remunerazione netta di 987,13 euro, mentre un vescovo in prossimità della pensione potrà contare su 1.625,49 euro netti. Cifre che evidenziano come, nonostante i benefit aggiuntivi come l’alloggio gratuito e altre forme di sostentamento indiretto, il clero italiano viva effettivamente in condizioni di relativa modestia economica.

Frati e suore, invece, non percepiscono un reddito vero e proprio, a meno che non ricoprano ruoli con responsabilità specifiche all’interno di enti o istituzioni ecclesiastiche. La loro sussistenza è garantita dalle rispettive congregazioni religiose, che provvedono a tutte le necessità materiali in uno spirito di condivisione comunitaria dei beni, come previsto dai voti di povertà che caratterizzano la vita consacrata.

I tagli agli stipendi e la generale politica di austerità promossa da Papa Francesco si inseriscono in una più ampia strategia di riforma finanziaria, che ha incluso la centralizzazione della gestione economica, il rafforzamento dei controlli interni, la limitazione di privilegi storici come gli affitti gratuiti per cardinali e dirigenti, e l’imposizione di una maggiore trasparenza nella gestione dei fondi vaticani. Una rivoluzione che non è stata accolta senza resistenze, ma che riflette la convinzione del Pontefice che la credibilità della Chiesa passi anche attraverso la coerenza tra il messaggio evangelico e le scelte economiche concrete delle istituzioni ecclesiastiche.