Referendum, ecco perché non votare è una scelta legittima

In vista dei referendum abrogativi dell’8 e 9 giugno, è importante ricordare che il non voto rappresenta una legittima espressione democratica prevista dalla Costituzione italiana.

I prossimi 8 e 9 giugno gli italiani saranno chiamati alle urne per esprimersi su cinque quesiti referendari, quattro riguardanti il lavoro e uno sulla cittadinanza. Come ogni volta che si avvicina un referendum abrogativo, si riapre il dibattito sull’astensionismo e sulla legittimità del non voto. Una questione che merita di essere affrontata con chiarezza, sgombrando il campo da equivoci e strumentalizzazioni.

La Costituzione italiana, all’articolo 75, prevede esplicitamente che per la validità di un referendum abrogativo sia necessario che partecipi al voto la maggioranza degli aventi diritto, il cosiddetto quorum. Questa disposizione non è casuale, ma rappresenta una precisa scelta dei padri costituenti, che hanno voluto garantire che l’abrogazione di una legge tramite referendum fosse espressione di una volontà popolare ampia e condivisa, e non di una minoranza, per quanto determinata.

Il significato costituzionale del quorum

Il meccanismo del quorum non è semplicemente un ostacolo tecnico, ma uno strumento di equilibrio democratico che conferisce significato politico anche all’astensione. Se la Costituzione prevede che la non partecipazione della maggioranza degli aventi diritto comporti la nullità della consultazione, è evidente che non recarsi alle urne rappresenta una forma legittima di espressione della propria volontà politica.

Questa impostazione trova conferma nelle parole dell’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che, in occasione del referendum sulle trivelle del 2016, affermò con chiarezza: «Se la Costituzione prevede che la non partecipazione della maggioranza degli aventi diritto è causa di nullità, non andare a votare è un modo di esprimersi sull’inconsistenza dell’iniziativa referendaria». Una posizione netta che conferma come l’astensione sia una delle opzioni costituzionalmente riconosciute all’elettore.

La differenza tra elezioni e referendum

È fondamentale distinguere tra la partecipazione alle elezioni politiche, amministrative o europee e quella ai referendum abrogativi. Se nelle prime l’astensione ha come unico effetto la rinuncia a far sentire la propria voce, nel caso del referendum abrogativo il non voto ha un valore politico specifico e riconosciuto dal sistema costituzionale. Non a caso, mentre per le elezioni politiche il voto è definito dall’articolo 48 della Costituzione come un «dovere civico», per i referendum la Costituzione prevede esplicitamente che il mancato raggiungimento del quorum determini la conservazione della norma che si vorrebbe abrogare.

Non si tratta quindi di indifferenza verso la vita democratica del Paese, ma di utilizzare uno strumento previsto dal nostro ordinamento per esprimere la propria contrarietà all’abrogazione delle norme oggetto di referendum. Chi ritiene che una legge non debba essere abrogata ha due possibilità: recarsi alle urne e votare «NO», oppure non partecipare al voto contribuendo al non raggiungimento del quorum. Entrambe le scelte sono perfettamente legittime e producono, se maggioritarie, lo stesso effetto: il mantenimento della legge vigente.

L’astensione come strumento democratico

La storia dei referendum in Italia dimostra come l’astensione sia stata utilizzata ripetutamente come strumento democratico. Dal 1974 (anno del referendum sul divorzio) al 2022, in metà dei referendum abrogativi proposti il quorum non è stato raggiunto. Non si tratta di un’anomalia del sistema, ma del funzionamento fisiologico di uno strumento che richiede, per la sua validità, una partecipazione significativa del corpo elettorale.

Altrettanto eloquenti sono le statistiche: i 33 referendum in cui il quorum non è stato raggiunto hanno registrato un’affluenza media del 29,42%, a fronte del 67,63% dei 39 referendum in cui il quorum è stato superato. Questi dati dimostrano come l’astensione non sia un fenomeno marginale o accidentale, ma una precisa scelta politica esercitata da una parte consistente dell’elettorato.

La critica secondo cui invitare all’astensione sarebbe antidemocratico si scontra con la realtà costituzionale. Come ha sottolineato il professor Maurizio Gasparri: «È un diritto promuovere un referendum. È un nostro diritto non votare per scelte che non condividiamo». Non si tratta di negare la validità dello strumento referendario, ma di utilizzarlo nella sua interezza, compresi i meccanismi di garanzia previsti dalla Costituzione.

I referendum dell’8 e 9 giugno

I cinque quesiti su cui saremo chiamati a votare l’8 e 9 giugno riguardano temi complessi e delicati. I primi quattro concernono aspetti del diritto del lavoro: licenziamenti illegittimi, licenziamenti nelle piccole imprese, contratti a termine e responsabilità solidale negli appalti. Il quinto riguarda la riduzione da dieci a cinque anni della residenza legale necessaria agli stranieri extracomunitari per richiedere la cittadinanza italiana.

Si tratta di questioni su cui è legittimo avere posizioni diverse. Per questo motivo, la Costituzione garantisce a ciascun cittadino la piena libertà di esprimere la propria opinione, sia recandosi alle urne per votare SÌ o NO, sia decidendo di non partecipare alla consultazione. Come ha chiarito la Corte costituzionale nella sentenza n. 173 del 2005, «il non partecipare alla votazione costituisce una forma di esercizio del diritto di voto significante solo sul piano socio-politico».

La libertà di scelta dell’elettore

L’elemento fondamentale da sottolineare è la libertà di scelta dell’elettore. L’articolo 48 della Costituzione stabilisce che «Il voto è personale ed eguale, libero e segreto». La libertà del voto implica anche la libertà di non votare, soprattutto quando questa scelta ha un significato politico riconosciuto dal sistema costituzionale, come nel caso dei referendum abrogativi.

In vista dell’appuntamento dell’8 e 9 giugno, è fondamentale che ciascun cittadino sia consapevole delle proprie opzioni e possa esercitare liberamente la propria scelta, senza condizionamenti e senza accuse di antisistema o antidemocraticità. Se ritenete che le leggi oggetto dei referendum debbano essere abrogate, recatevi alle urne e votate SÌ. Se pensate che debbano essere mantenute, potete scegliere di votare NO oppure di non votare, contribuendo al non raggiungimento del quorum.

Entrambe le opzioni sono pienamente legittime e costituzionalmente garantite. Questo è il senso autentico della democrazia: non l’imposizione di un unico comportamento considerato virtuoso, ma la libertà di scegliere tra diverse opzioni costituzionalmente riconosciute. Il diritto al non voto nei referendum abrogativi non è un’anomalia, ma una garanzia di libertà per tutti gli elettori.