Delitto di Garlasco, caccia all’attizzatoio sparito: riaperto il caso dopo 18 anni

A 18 anni dall’omicidio di Chiara Poggi a Garlasco, la caccia all’arma del delitto mai ritrovata, probabilmente un attizzatoio o martello scomparso dalla casa, torna al centro delle indagini che vedono un nuovo indagato: Andrea Sempio, amico del fratello della vittima.

Dall’agosto 2007 il caso dell’omicidio di Chiara Poggi continua a suscitare interrogativi rimasti senza risposta, nonostante la condanna definitiva inflitta ad Alberto Stasi. La giovane 26enne fu trovata senza vita nella villetta di famiglia a Garlasco, in provincia di Pavia, colpita ripetutamente alla testa con un oggetto contundente mai ritrovato. Oggi, a distanza di quasi 18 anni, la ricerca dell’arma del delitto è tornata al centro dell’attenzione degli inquirenti che hanno riaperto le indagini con un nuovo indagato: Andrea Sempio, amico del fratello della vittima.

L’attizzatoio sparito dalla casa Poggi rappresenta uno degli elementi più enigmatici dell’intera vicenda giudiziaria. Già nel 2007, a pochi giorni dall’omicidio, il padre della vittima aveva riferito ai carabinieri che dalla cassetta degli attrezzi nel garage di casa poteva essere scomparso un oggetto. Gli inquirenti mantennero il massimo riserbo su quale fosse questo strumento, considerando la possibilità che si trattasse proprio dell’arma del delitto, poi fatta sparire dall’assassino. Dalle fotografie della scena del crimine emerse anche un dettaglio significativo: alla base delle scale, dove fu ritrovato il corpo della ragazza, era visibile un porta-attizzatoio rovesciato dal quale sembravano mancare alcuni elementi, tra cui almeno un attizzatoio e una paletta. Un indizio che avrebbe potuto fornire risposte decisive ma che non portò alla conclusione delle indagini.

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Il dettaglio dell’attizzatoio mancante si intreccia con la testimonianza di un operaio, Marco Demontis Muschitta, che nel settembre 2007 affermò davanti ai magistrati di Vigevano di aver visto, la mattina del delitto, una ragazza bionda in bicicletta uscire da via Pascoli reggendo in mano un attizzatoio da camino, in un orario compreso tra le 9:30 e le 9:45. Il testimone dichiarò di averla poi riconosciuta in televisione qualche giorno dopo: si sarebbe trattato di una delle cugine di Chiara Poggi. La deposizione durò tre ore, ma dopo la chiusura del verbale, inspiegabilmente riaperto meno di un’ora dopo, Muschitta ritrattò integralmente quanto affermato, definendosi “uno stupido”. Cosa abbia spinto l’uomo a cambiare versione in così poco tempo resta un enigma che oggi, alla luce delle nuove indagini, potrebbe assumere un significato diverso.

Dal punto di vista medico-legale, le ferite riportate da Chiara Poggi sarebbero compatibili con un’arma dotata di manico che avrebbe svolto un’azione “brandeggiante”, come confermato dal perito Roberto Testi durante il processo. I pubblici ministeri ipotizzarono l’utilizzo di un martello, forse proprio quello normalmente conservato nel garage della villetta. “Un martello levachiodi”, precisò l’accusa, “che solitamente veniva deposto sulla finestra” e che non venne più ritrovato. Secondo la tesi accusatoria, “solo chi conosceva la logistica della casa e le cose che vi erano contenute poteva sapere dell’esistenza del martello in un luogo tanto prossimo”, elemento che orientò i sospetti verso Alberto Stasi.

La svolta nelle indagini è arrivata nel marzo 2025, quando la Procura di Pavia ha riaperto il caso indagando Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara, con l’accusa di omicidio in concorso con ignoti o con lo stesso Alberto Stasi. Il nuovo avviso di garanzia è scaturito da una nuova analisi del DNA sviluppata con metodi e tecniche di ultima generazione. Dagli ultimi rilievi risulterebbero due profili genetici distinti, appartenenti ad altrettanti soggetti maschili, nessuno dei quali riconducibile ad Alberto Stasi. Il primo è stato prelevato da due dita di entrambe le mani di Chiara Poggi, il secondo soltanto da un’unghia della sinistra. Questi elementi hanno indotto gli inquirenti a riprendere le indagini che potrebbero riscrivere la storia di uno dei più controversi casi di cronaca nera italiana.

Sempio, che all’epoca dei fatti aveva 19 anni, era già stato al centro di indagini tra il 2016 e il 2017, sollecitate dai legali di Alberto Stasi proprio in relazione alle tracce di DNA trovate sotto le unghie della ragazza. La sua posizione era stata archiviata dalla Procura di Pavia che aveva sottolineato la pretestuosità delle indagini difensive nei suoi confronti e l’assoluta infondatezza delle accuse. Oggi, tuttavia, l’uomo si trova nuovamente sotto la lente d’ingrandimento degli inquirenti ed è stato sottoposto al prelievo coatto del DNA dopo essersi inizialmente rifiutato di fornirne un campione volontariamente. L’obiettivo è quello di confrontare il suo profilo genetico con quello rinvenuto sulle unghie di Chiara e su altri reperti della scena del crimine, tra cui il pigiama della vittima, il tappetino del bagno e la tastiera del computer.

Gli investigatori stanno anche riesaminando i tamponi conservati nel Dipartimento di medicina dell’Università di Pavia e le stringhe delle impronte digitali rilevate nella villetta di via Pascoli, già analizzati dal RIS di Parma ma che, grazie ai nuovi kit per rilevare il DNA, potrebbero fornire elementi inediti. Particolare attenzione è rivolta alla porta della cantina, sicuramente chiusa dall’assassino per nascondere il corpo di Chiara Poggi. La porta, come ricordano gli inquirenti, fu smontata e portata nei laboratori del RIS, ma all’epoca non furono rilevate impronte utilizzabili.

Nel frattempo, altre piste d’indagine stanno emergendo. La difesa di Sempio ha avanzato l’ipotesi che l’omicidio possa essere stato commesso da un sicario, mentre i legali di Alberto Stasi continuano a sostenere l’innocenza del loro assistito. Giada Bocellari, avvocato di Stasi, ha recentemente precisato di non aver mai denunciato piste sataniche, ma solo di aver segnalato alle autorità messaggi minatori ricevuti che facevano riferimento a possibili contesti inquietanti legati al delitto. La stessa legale ha sottolineato come l’inchiesta attualmente in corso da parte della Procura di Milano sia “un’indagine seria” che non ha nulla a che vedere con ipotesi sensazionalistiche.

Da non sottovalutare anche il “giallo nella villetta dei misteri”, come è stata definita la casa della nonna materna di Chiara a Gropello Cairoli, dove la famiglia si trasferì temporaneamente dopo l’omicidio. Il 6 ottobre 2007, qualcuno si introdusse in quella abitazione, compiendo un furto mai completamente chiarito. Alcuni vicini avevano inoltre riferito di strani movimenti proprio in quella villetta la notte prima dell’omicidio, con luci accese intorno alle 22:10 e un’auto parcheggiata davanti all’ingresso fino a notte inoltrata. Dettagli rimasti a lungo nell’ombra che oggi, alla luce dei nuovi sviluppi investigativi, potrebbero assumere un significato diverso.

L’udienza che darà il via all’incidente probatorio per analizzare e rivalutare i reperti ancora disponibili si terrà venerdì 16 maggio, e potrebbe rappresentare un momento cruciale per le sorti del caso. Dopo 18 anni dal delitto di Garlasco, la ricerca dell’attizzatoio scomparso e delle tracce lasciate dall’assassino potrebbe finalmente portare a una verità definitiva su uno dei casi di cronaca nera più discussi e controversi della storia giudiziaria italiana.