Gran Bretagna, allungato da 5 a 10 anni il tempo di attesa per la cittadinanza

Il governo Starmer raddoppia il periodo necessario per ottenere la cittadinanza britannica, introducendo un modello basato sul merito per ridurre l’immigrazione nel Regno Unito.
Credit © UK Gov

Il governo britannico guidato da Keir Starmer ha annunciato un drastico irrigidimento delle regole sull’immigrazione, raddoppiando il periodo di attesa necessario per richiedere la cittadinanza britannica. I migranti dovranno ora attendere 10 anni, invece dei precedenti 5, prima di poter presentare domanda per diventare cittadini britannici. L’annuncio è arrivato lunedì 12 maggio, con la presentazione di un dettagliato Libro Bianco intitolato “Restoring Control over the Immigration System” (Ripristinare il controllo sul sistema migratorio), che delinea una radicale riforma del sistema migratorio britannico. “Questo piano garantisce che la migrazione diminuirà – questo è il mio impegno”, ha dichiarato Starmer, definendo l’attuale situazione come la conclusione di “un esperimento di frontiere aperte”.

I cambiamenti prospettati renderanno la cittadinanza britannica tra le più difficili da ottenere nel mondo anglofono. Negli Stati Uniti, considerati tra i paesi con sistemi migratori più severi, ai migranti è richiesto di vivere nel paese solo per cinque anni con un visto prima di poter iniziare l’iter per la cittadinanza. Lo stesso requisito esiste in Nuova Zelanda, mentre in Australia il periodo è addirittura inferiore, quattro anni. “Il Regno Unito diventerà un caso relativamente anomalo sulla scena globale, dove 10 anni per ottenere il permesso di soggiorno permanente è raro”, ha spiegato Jonathan Beech, managing partner dello studio legale specializzato in immigrazione Migrate UK, sollevando dubbi su “quanto sarà attrattivo il Regno Unito per coloro che possiedono le competenze e l’esperienza necessarie al paese per essere una potenza economica”.

Il nuovo modello di “Earned Settlement”

Il cuore della riforma è rappresentato dal nuovo modello di “Earned Settlement” (Insediamento guadagnato), che richiederà ai migranti di dimostrare contributi a lungo termine all’economia e alla società britannica prima di ottenere lo status permanente. Secondo il documento governativo, “non è sufficiente semplicemente trascorrere del tempo nel Regno Unito e superare il test Life in the UK” per qualificarsi per uno status così “privilegiato”. Il governo intende quindi espandere il principio alla base del Sistema a Punti, stabilendo che “gli individui devono guadagnarsi il diritto allo status di immigrazione privilegiato nel Regno Unito attraverso il contributo a lungo termine che apportano al nostro paese”.

Il governo ha specificato che continuerà ad offrire un percorso più breve, di cinque anni, verso l’insediamento permanente per i familiari non britannici di cittadini britannici, a condizione che rispettino i requisiti dei loro visti. Verranno inoltre mantenute le tutele esistenti per i gruppi vulnerabili, inclusi i diritti di insediamento per le vittime di violenza domestica e abusi. In aggiunta, il sistema a punti permetterà agli individui di ridurre il periodo di qualificazione di 10 anni in base ai loro contributi all’economia e alla società del Regno Unito. I criteri che potrebbero accelerare l’accesso alla cittadinanza includerebbero lavoro nelle infrastrutture nazionali critiche (come istruzione, sanità, difesa), talento o innovazione eccezionali, impegno comunitario o volontariato, e una forte competenza linguistica in inglese.

Rafforzamento dei requisiti linguistici

Il governo ha posto anche un nuovo accento sui requisiti linguistici per gli immigrati. I lavoratori qualificati e coloro che intendono stabilirsi nel Regno Unito vedranno aumentare il requisito linguistico dal livello B1 al B2 nel Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue, insieme ad altri cambiamenti. Questo rappresenta uno stadio superiore del livello di competenza “utente indipendente” in inglese, anche se il Regno Unito non è necessariamente un caso insolito nell’imporre questo requisito. La Nuova Zelanda, ad esempio, richiede un punteggio minimo di 6,5 nel Sistema Internazionale di Valutazione della Lingua Inglese (IELTS), che equivale alla fascia superiore di un punteggio B2 nel quadro europeo.

Anche gli adulti a carico che accompagnano lavoratori o studenti dovranno dimostrare una conoscenza di base dell’inglese per ottenere i visti, una misura che il governo ritiene fondamentale per favorire l’integrazione. Questo irrigidimento dei requisiti linguistici si aggiunge ad altre misure restrittive come la riduzione del periodo post-laurea in cui gli studenti internazionali possono lavorare nel Regno Unito, che passerà da due anni a 18 mesi.

Il contesto politico delle nuove misure

L’annuncio di queste modifiche è coinciso strategicamente con la pubblicazione del libro bianco sull’immigrazione, pochi giorni dopo le elezioni locali in cui il partito populista Reform UK di Nigel Farage, noto per la sua posizione anti-immigrazione, ha ottenuto una significativa vittoria. La tempistica riflette la crescente pressione politica che Starmer sta affrontando dalla destra populista in ascesa nel paese. Durante la sua conferenza stampa a Downing Street, Starmer ha adottato una retorica che ricorda quella di Farage, avvertendo che senza riforme rigorose, la Gran Bretagna rischia di diventare “un’isola di estranei”.

Secondo le statistiche governative relative all’anno conclusosi a giugno 2024, oltre 700.000 persone in più sono entrate legalmente nel Regno Unito rispetto a quelle che sono uscite, una cifra notevolmente più alta di quanto entrambi i principali partiti politici avessero precedentemente inteso accettare. Questo aumento ha esacerbato la già esistente pressione su alloggi e servizi pubblici. In risposta alle dichiarazioni di Starmer, Farage lo ha etichettato come un “ipocrita che sostiene le frontiere aperte”, ma il governo è fiducioso che le sue proposte mitigheranno la recente crescita del supporto per il partito di destra, che ha attratto voti sia dal Labour che dai Conservatori con la sua piattaforma anti-immigrazione.

Impatti e critiche alle nuove politiche

Le nuove politiche hanno suscitato critiche significative da parte di organizzazioni per i diritti dei migranti e rappresentanti di settori economici. L’organizzazione per rifugiati Care4Calais ha accusato Starmer di incitare il sostegno all’estrema destra con il suo “linguaggio pericoloso”. L’amministratore delegato Steve Smith ha avvertito che Starmer “rischia di provocare rivolte razziali che minacciano i sopravvissuti ad atrocità come guerra, tortura e schiavitù moderna” e ha chiesto al primo ministro di scusarsi.

Vari settori, tra cui l’assistenza agli adulti, sostengono di non essere in grado di reclutare personale locale sufficiente, mentre i datori di lavoro nel campo della scienza e della tecnologia temono che restrizioni severe ostacoleranno il loro potenziale e avranno un impatto negativo sulla crescita economica complessiva. La decisione di interrompere il reclutamento di operatori sanitari dall’estero è particolarmente controversa, considerando le croniche carenze di personale nel settore. Il governo ha annunciato che ci sarà un “periodo transitorio” fino al 2026, durante il quale i visti attuali potranno essere estesi e i cittadini stranieri già nel Regno Unito potranno passare a lavori nell’assistenza sociale.

Un altro elemento di incertezza riguarda l’applicazione retroattiva delle nuove norme. Non è ancora chiaro se le modifiche influenzeranno coloro che sono già residenti nel Regno Unito o solo i nuovi arrivati. Giovedì, i rappresentanti del governo hanno indicato che le persone entrate nel paese con un visto familiare o come persone a carico seguiranno ancora la tempistica di cinque anni, mentre la ministra dell’Interno Yvette Cooper mira a far applicare la durata più lunga a tutte le altre categorie di migranti. Uno studio legale, Farrer&Co, ha osservato che questa nuova regola potrebbe non influenzare i migranti dell’UE che hanno richiesto lo status di residenza dopo la Brexit, poiché il loro trattamento è stato stabilito durante il ritiro del Regno Unito dall’UE nel 2020.

Conclusioni e prospettive future

Il nuovo approccio del Regno Unito alla cittadinanza e all’immigrazione rappresenta una svolta significativa nelle politiche migratorie britanniche, segnalando un allontanamento dall’approccio relativamente più aperto degli ultimi anni. Secondo le previsioni governative, questi cambiamenti potrebbero portare a una diminuzione di circa 100.000 arrivi annuali, sebbene un rappresentante del governo abbia suggerito che il calo potrebbe essere ancora più significativo, specialmente se verranno implementate ulteriori misure per frenare l’immigrazione.

Il governo ha annunciato che lancerà una consultazione sulle nuove regole per l’insediamento permanente e la cittadinanza più avanti nel corso dell’anno, offrendo l’opportunità di commentare e considerare i dettagli. Tra gli altri cambiamenti previsti figura anche una revisione del test “Life in the UK”, attualmente un requisito obbligatorio sia per il permesso di soggiorno a tempo indeterminato che per la naturalizzazione. Sebbene il governo continui a sostenere il principio di valutare la conoscenza dei valori, delle istituzioni e della storia britannica, c’è un ampio riconoscimento che l’attuale test è obsoleto, eccessivamente concentrato su fatti oscuri e non valuta adeguatamente la comprensione civica o l’integrazione.

La direzione intrapresa dal governo Starmer segna un cambiamento significativo nella politica di immigrazione britannica e potrebbe stabilire nuovi standard per i paesi occidentali, rendendo il Regno Unito uno dei paesi più difficili in cui ottenere la cittadinanza nel mondo sviluppato. Resta da vedere se queste misure raggiungeranno l’obiettivo dichiarato di ridurre l’immigrazione netta e rafforzare l’integrazione, o se finiranno per danneggiare settori economici chiave e la reputazione internazionale del paese.