La prima giornata di votazioni per i cinque referendum abrogativi su lavoro e cittadinanza si è conclusa con un dato di affluenza che si attesta intorno al 22%, una percentuale che colloca il raggiungimento del quorum costituzionale ancora molto distante dall’obiettivo del 50% più uno degli aventi diritto necessario per la validità della consultazione popolare.
I dati diffusi dal Ministero dell’Interno alle ore 23 di domenica 8 giugno evidenziano una partecipazione elettorale significativamente inferiore rispetto ai precedenti referendum che si sono svolti nell’arco di due giornate. Il confronto più significativo è quello con il referendum abrogativo sull’acqua pubblica e sul nucleare del 2011, l’ultimo a raggiungere il quorum con una partecipazione finale del 57% circa, quando alla stessa ora del primo giorno aveva registrato un’affluenza del 41% degli aventi diritto. La differenza di quasi venti punti percentuali rappresenta un indicatore preoccupante per le possibilità di successo della consultazione referendaria, considerando che storicamente la partecipazione del secondo giorno tende a essere inferiore rispetto a quella domenicale.
L’andamento dell’affluenza durante la giornata ha mostrato una crescita costante ma limitata, partendo dal 7,4% alle ore 12, per arrivare al 16,16% alle ore 19 e concludersi con il 22% definitivo alle ore 23. Questi numeri, seppur in linea con l’andamento dei referendum più recenti che non hanno raggiunto il quorum, risultano decisamente al di sotto delle aspettative dei promotori della consultazione e lasciano presagire difficoltà nel superare la soglia costituzionale nelle prossime ore di votazione.
L’analisi territoriale dell’affluenza rivela significative disparità regionali che riflettono le diverse sensibilità politiche e sociali del territorio nazionale. La Toscana si conferma la regione con la più alta partecipazione, sfiorando il 30% degli aventi diritto, seguita dall’Emilia-Romagna con oltre il 28%. Queste due regioni, tradizionalmente caratterizzate da una maggiore partecipazione civica e da orientamenti politici più favorevoli agli strumenti di democrazia diretta, hanno trainato la media nazionale pur non riuscendo a compensare completamente il dato complessivo.
All’estremo opposto della classifica si posizionano il Trentino-Alto Adige con il 16,1%, la Calabria con il 16,3% e la Sicilia con il 16,5%. Particolarmente significativo è il dato calabrese, che alle ore 19 aveva registrato la più bassa affluenza nazionale con appena il 10,11%, evidenziando una scarsa mobilitazione elettorale che trova probabilmente origine nelle specificità socio-economiche del territorio e nell’assenza di una campagna referendaria capace di coinvolgere efficacemente l’elettorato meridionale.
La normativa costituzionale italiana, stabilita dall’articolo 75 della Carta fondamentale, prevede che per la validità di un referendum abrogativo sia necessaria la partecipazione della maggioranza degli aventi diritto al voto, corrispondente al 50% più uno degli oltre 50 milioni di elettori italiani. Questo meccanismo del quorum, che distingue l’ordinamento italiano da molti altri sistemi europei dove spesso non esiste o è fissato a soglie inferiori, rappresenta una garanzia contro decisioni prese da minoranze organizzate ma costituisce al tempo stesso un ostacolo significativo all’effettiva realizzazione della volontà popolare.
La distanza attuale dal raggiungimento del quorum appare particolarmente evidente se si considera che, con l’affluenza del 22% registrata nella prima giornata, servirebbero ulteriori 14 milioni di votanti nella sola giornata di lunedì 9 giugno per raggiungere la soglia minima di validità. Tale risultato appare statisticamente improbabile, considerando che storicamente la partecipazione del secondo giorno di votazione risulta sempre inferiore a quella domenicale e che i seggi rimarranno aperti solo dalle ore 7 alle ore 15, un arco temporale più limitato rispetto alle sedici ore di apertura domenicale.
L’analisi dei precedenti referendum abrogativi evidenzia come il raggiungimento del quorum rappresenti una sfida sempre più complessa per l’istituto referendario italiano. Dal 1974, primo referendum della storia repubblicana sul divorzio, ad oggi si sono tenuti 67 referendum abrogativi, di cui solo 39 hanno raggiunto il quorum necessario per la validità. Negli ultimi anni, la tendenza è stata particolarmente negativa: nel 2022 i referendum sulla giustizia si fermarono al 20,4% di affluenza, nel 2016 quello sulle trivelle raggiunse circa il 30%, mentre nel 2009 quello sulla legge elettorale, pur svolgendosi su due giorni come l’attuale consultazione, non superò la soglia costituzionale.
Le ragioni di questa crescente difficoltà nel mobilitare l’elettorato italiano intorno agli strumenti di democrazia diretta sono molteplici e complesse. Da un lato, la natura tecnica dei quesiti referendari, spesso caratterizzati da formulazioni complesse e di difficile comprensione per l’elettore medio, riduce l’interesse e la partecipazione popolare. Dall’altro, le strategie di astensionismo attivo promosse da alcune forze politiche, che invitano esplicitamente i propri elettori a non recarsi alle urne per impedire il raggiungimento del quorum, rappresentano un fattore determinante nel fallimento di molte consultazioni referendarie.
Le prospettive per la giornata conclusiva
La seconda e ultima giornata di votazioni, che si svolgerà lunedì 9 giugno dalle ore 7 alle ore 15, rappresenta l’ultima opportunità per i promotori dei cinque referendum abrogativi di mobilitare l’elettorato e tentare il recupero necessario per raggiungere il quorum costituzionale. Tuttavia, le condizioni oggettive appaiono particolarmente sfavorevoli, non solo per l’entità del gap da colmare ma anche per le caratteristiche specifiche della giornata del lunedì, tradizionalmente meno favorevole alla partecipazione elettorale rispetto alla domenica.
Gli otto ore di apertura dei seggi nella giornata conclusiva dovranno compensare una differenza di oltre 25 punti percentuali rispetto al quorum richiesto, un obiettivo che richiederebbe una mobilitazione straordinaria dell’elettorato difficilmente realizzabile nelle attuali condizioni. L’esperienza dei precedenti referendum suggerisce che, salvo eventi eccezionali, l’affluenza del secondo giorno raramente supera quella del primo, rendendo matematicamente molto improbabile il raggiungimento della soglia costituzionale necessaria per la validità della consultazione referendaria sui temi del lavoro e della cittadinanza.
I dati dell’affluenza emersi dalla prima giornata di votazione configurano uno scenario che rende estremamente improbabile il raggiungimento del quorum per i cinque referendum abrogativi in corso. La partecipazione del 22% registrata alle ore 23 di domenica, seppur superiore ad alcuni precedenti recenti, risulta insufficiente per garantire la validità costituzionale della consultazione e testimonia le crescenti difficoltà dell’istituto referendario nel coinvolgere attivamente la cittadinanza italiana. Le prossime ore di votazione rappresenteranno quindi più un epilogo formale che una reale opportunità di inversione di tendenza, confermando probabilmente il trend negativo che caratterizza la democrazia diretta italiana negli ultimi decenni.