Il Sindaco di Los Angeles Karen Bass ha annunciato l’imposizione del coprifuoco nel centro della città dalle 20 alle 6 ora locale, una misura drastica adottata per contrastare vandalismi e saccheggi che hanno caratterizzato cinque giorni consecutivi di intense manifestazioni contro i raid dell’Immigration and Customs Enforcement (ICE)
La decisione, comunicata durante una conferenza stampa ufficiale, prevede la dichiarazione dello stato di emergenza locale per la seconda città più grande degli Stati Uniti. Il provvedimento restrittivo riguarda un’area di circa 2,5 chilometri quadrati nel cuore della metropoli californiana, delimitata da Temple Street a nord, 3rd Street a sud, Los Angeles Street a est e Main Street a ovest. L’area coinvolta include edifici simbolici come il Metropolitan Detention Center, il Los Angeles Federal Building e il City Hall, epicentri delle manifestazioni degli ultimi giorni.
Secondo il capo del dipartimento di polizia di Los Angeles Jim McDonnell, chiunque si trovi all’interno della zona designata durante le ore del coprifuoco senza essere esentato sarà “soggetto ad arresto”. “Il coprifuoco è una misura necessaria per proteggere vite umane e salvaguardare le proprietà dopo diversi giorni consecutivi di crescenti disordini in tutta la città”, ha dichiarato McDonnell durante la conferenza stampa. Le esenzioni al divieto di circolazione riguardano esclusivamente i residenti dell’area interessata, le persone senza fissa dimora, i giornalisti accreditati e il personale di sicurezza pubblica e di emergenza.
La sindaca Bass ha giustificato la decisione evidenziando l’escalation di violenza e distruzione che ha caratterizzato la città: “La scorsa notte sono state saccheggiate 23 attività commerciali e credo che se si attraversa il centro di Los Angeles si vede che i graffiti sono ovunque e hanno causato danni significativi a esercizi pubblici, commerci e a diverse proprietà”. L’imposizione del coprifuoco rappresenta una svolta nella gestione delle proteste, che fino a quel momento erano state controllate attraverso misure meno drastiche.
Le manifestazioni hanno avuto origine venerdì 6 giugno, quando l’ICE ha condotto una serie di raid in diverse località di Los Angeles, inclusi il Fashion District, negozi di abbigliamento all’ingrosso e un Home Depot, arrestando oltre 100 persone. Le operazioni federali hanno scatenato la reazione immediata della comunità ispanica, che rappresenta una significativa porzione della popolazione locale, stimata intorno al 30% dei 14 milioni di abitanti della contea. I manifestanti hanno iniziato a radunarsi presso il Metropolitan Detention Center e altri edifici federali, dando vita a proteste che si sono intensificate progressivamente.
La situazione è degenerata quando gruppi di manifestanti hanno iniziato a compiere atti vandalici e saccheggi, particolarmente durante le ore notturne. Le forze dell’ordine hanno dovuto ricorrere a gas lacrimogeni, spray al peperoncino e granate stordenti per disperdere le folle, mentre alcuni manifestanti hanno risposto lanciando bottiglie, pietre e altri oggetti contro gli agenti. Durante gli scontri più violenti, diversi veicoli Waymo, i taxi autonomi di proprietà di Alphabet, sono stati attaccati e tre di essi sono stati incendiati nell’area del Civic Center.
L’escalation ha raggiunto il culmine con l’intervento del presidente Donald Trump, che ha dispiegato 2.000 membri della Guardia Nazionale californiana e successivamente 700 Marines presso Camp Pendleton per assistere le operazioni di controllo dell’ordine pubblico. La decisione presidenziale ha suscitato aspre critiche da parte delle autorità locali e statali, con il governatore della California Gavin Newsom che ha accusato Trump di aver “infiammato una situazione potenzialmente esplosiva”. Newsom ha sostenuto che il dispiegamento militare, avvenuto contro la volontà delle autorità locali che consideravano le proteste sotto controllo, ha contribuito ad aggravare ulteriormente la tensione.
La sindaca Bass ha ripetutamente chiesto all’amministrazione federale di cessare i raid che hanno innescato le proteste: “Spero che il governo federale ascolti il nostro appello: fermate i raid. Le incursioni stanno creando paura e caos nella nostra città, e sono inutili”. La tensione politica si è acuita quando Trump ha pubblicamente definito Bass e Newsom “incompetenti” nella gestione della crisi, mentre la Casa Bianca ha contrattaccato le critiche del governatore attraverso la vice portavoce Abigail Jackson, che ha dichiarato via social media: “Manuale Newsom 101: dare la colpa a Trump. Patetico e prevedibile”.
Parallelamente agli eventi di Los Angeles, l’amministrazione Trump ha annunciato piani per deportare fino a 9.000 migranti irregolari nel centro di detenzione di Guantanamo Bay a Cuba, una mossa che rappresenta un’escalation significativa nella politica immigratoria presidenziale. Secondo fonti del Washington Post, tra i deportandi vi sarebbero cittadini di diversi paesi europei, inclusi italiani, britannici, francesi, tedeschi e di altre nazionalità. Il Dipartimento di Stato americano ha precisato che Guantanamo non rappresenterebbe la destinazione finale per i migranti europei, che verrebbero successivamente trasferiti nei paesi di origine.
Le operazioni ICE si inseriscono in una strategia più ampia dell’amministrazione Trump, che secondo il vice capo di gabinetto della Casa Bianca Stephen Miller mira a raggiungere “un minimo di 3.000 arresti al giorno” per l’agenzia federale. Questa intensificazione delle deportazioni ha contribuito ad alimentare il clima di tensione nelle comunità immigrate di Los Angeles, dove si stima che circa un milione e mezzo di persone vivano senza documenti regolari.
La risposta giudiziaria non si è fatta attendere: una corte federale ha emesso un’ordinanza restrittiva temporanea che limita l’impiego delle truppe militari a Los Angeles, confinando Marines e Guardia Nazionale alla sorveglianza degli edifici federali e impedendo loro di svolgere altre funzioni di polizia. Il giudice federale Charles Breyer ha fissato un’udienza per giovedì pomeriggio per esaminare ulteriormente la richiesta della California di limitare il dispiegamento militare.
Nonostante il coprifuoco, decine di manifestanti sono rimasti nel centro di Los Angeles al momento dell’entrata in vigore del divieto, osservati dai giornalisti presenti sul posto. La polizia ha effettuato arresti di massa durante la notte, con un bilancio complessivo che secondo le autorità ha raggiunto almeno 400 persone fermate dall’inizio delle proteste. Gli scontri hanno causato ferimenti sia tra i manifestanti che tra le forze dell’ordine, mentre diversi giornalisti sono stati colpiti durante le operazioni di dispersione.
La crisi di Los Angeles ha avuto ripercussioni anche in altre città americane, con proteste di solidarietà registrate a San Francisco, dove 60 persone sono state arrestate e almeno tre agenti di polizia sono rimasti feriti durante gli scontri. Trump ha minacciato di estendere il dispiegamento militare ad altre città qualora le proteste si diffondessero ulteriormente: “Saremo molto, molto duri in termini di legge e ordine. Non lasceremo che il nostro Paese venga fatto a pezzi così”.
La sindaca Bass ha indicato che il coprifuoco potrebbe rimanere in vigore per diversi giorni, a seconda dell’evoluzione della situazione. La misura sarà rivalutata quotidianamente dalle autorità locali in base al livello di tensione e ai danni registrati nel centro cittadino. L’area interessata dal divieto, pur rappresentando una frazione minima del territorio metropolitano complessivo, include zone nevralgiche per l’attività economica e istituzionale della città.
L’imposizione del coprifuoco a Los Angeles rappresenta un momento di svolta nella gestione dell’ordine pubblico durante l’era Trump, evidenziando le tensioni crescenti tra amministrazione federale e autorità locali democratiche sulla questione immigratoria. La crisi ha messo in luce le profonde divisioni politiche americane e la difficoltà di trovare soluzioni condivise per la gestione dei flussi migratori in una delle aree metropolitane più diverse etnicamente del paese.