La prima puntata di Belve Crime, andata in onda martedì 10 giugno 2025 su Rai 2, ha suscitato un’ondata di polemiche e reazioni contrastanti, non ultima quella dei genitori di Yara Gambirasio, Fulvio Gambirasio e Maura Panarese
Francesca Fagnani ha intervistato dal carcere di Bollate Massimo Bossetti, condannato all’ergastolo in via definitiva per l’omicidio della tredicenne di Brembate, in un faccia a faccia che ha raggiunto 1,58 milioni di telespettatori e il 12,4% di share, risultando il programma più visto della serata. Durante l’intervista, registrata direttamente nella struttura penitenziaria dove Bossetti sconta la sua pena, l’uomo ha ribadito per l’ennesima volta la propria innocenza, contestando le prove del DNA e avanzando dubbi sulla conduzione delle indagini.
Secondo quanto riportato dal settimanale Giallo, i genitori di Yara hanno espresso il loro disappunto attraverso una dichiarazione in cui definiscono l’apparizione televisiva di Bossetti come un tentativo di “fare la star in tv aggiungendo dolore a dolore“. La famiglia Gambirasio, che da sempre ha mantenuto un profilo estremamente riservato e ha raramente rilasciato dichiarazioni pubbliche, ha fatto trapelare attraverso fonti vicine la propria contrarietà alla concessione di spazio mediatico al condannato.
Questa reazione si inserisce in un atteggiamento di costante riservatezza che ha contraddistinto Fulvio Gambirasio e Maura Panarese fin dall’inizio della tragica vicenda che ha colpito la loro famiglia nel novembre 2010. Come ha ricordato la stessa Fagnani durante l’intervista, i genitori di Yara hanno sempre scelto di affidare alla giustizia il compito di fare chiarezza, evitando il clamore mediatico e le apparizioni televisive.
Durante il colloquio con Francesca Fagnani, Bossetti non si è limitato a ribadire la propria innocenza, ma ha anche messo in discussione il comportamento di Fulvio Gambirasio nei giorni immediatamente successivi alla scomparsa di Yara. L’uomo ha raccontato di aver visto il padre della vittima in un cantiere di Palazzago poco dopo la sparizione della ragazza, insinuando che fosse strano per un genitore preoccupato recarsi al lavoro invece di cercare la figlia scomparsa.
Queste dichiarazioni hanno provocato una reazione immediata e ferma da parte della conduttrice, che ha prontamente replicato ricordando a Bossetti che, dalla sua posizione di condannato, non aveva alcun diritto di giudicare il modo in cui un genitore affronta il dolore per la perdita di un figlio. La Fagnani ha sottolineato come ogni persona reagisca diversamente ai traumi e che tornare alla routine lavorativa può rappresentare un meccanismo di difesa psicologica.
La reazione dei genitori di Yara all’intervista di Bossetti si inquadra in un contesto più ampio di tensioni tra la famiglia e i media che si occupano del caso. Già nel 2024, Fulvio Gambirasio e Maura Panarese avevano presentato un esposto al Garante della Privacy contro Netflix per la diffusione, nella docuserie “Il caso Yara – Oltre ogni ragionevole dubbio”, di registrazioni private contenenti i messaggi strazianti che la madre aveva lasciato sulla segreteria telefonica della figlia nei giorni della scomparsa.
I legali della famiglia, gli avvocati Andrea Pezzotta ed Enrico Pelillo, avevano definito quella diffusione come “un’incursione nella vita privata” dei genitori, sottolineando che quelle intercettazioni non erano mai state utilizzate nemmeno durante i processi perché ritenute inutili ai fini della ricostruzione giudiziaria. Gli avvocati avevano espresso indignazione per il fatto che materiale così intimo e doloroso fosse stato reso pubblico “per suscitare attenzione morbosa”.
La posizione dei genitori di Yara riflette una concezione del lutto come dimensione privata che deve essere tutelata dall’invadenza mediatica. Fin dall’inizio della vicenda, Fulvio Gambirasio e Maura Panarese hanno scelto di non trasformare la loro tragedia personale in uno spettacolo pubblico, limitando al minimo indispensabile le apparizioni televisive. La loro unica eccezione significativa risale al dicembre 2010, quando lanciarono un appello televisivo per chiedere la restituzione della figlia, all’epoca ancora considerata scomparsa.
Negli anni successivi, i Gambirasio hanno mantenuto questo atteggiamento di riservatezza e dignità, dedicandosi piuttosto ad attività benefiche attraverso l’associazione “La passione di Yara”, costituita nel 2015 per sostenere le attività sportive e artistiche dei giovani. Come ha spiegato Fulvio Gambirasio in una delle rare interviste concesse, l’obiettivo è che “il nome di Yara sia collegato più al bene che al male”.
L’intervista a Bossetti ha riacceso il dibattito sulla spettacolarizzazione dei casi di cronaca nera e sul diritto dei condannati di accedere ai media per proclamare la propria innocenza. Diversi commentatori hanno paragonato il programma di Fagnani a “Storie Maledette” di Franca Leosini, evidenziando come esista un pubblico affascinato dai misteri irrisolti e dalle versioni alternative dei fatti.
Tuttavia, nel caso di Bossetti, la situazione appare diversa rispetto ad altri casi controversi, poiché la sua colpevolezza è stata stabilita “oltre ogni ragionevole dubbio” da tutti e tre i gradi di giudizio, basandosi su prove scientifiche considerate incontrovertibili dalla magistratura. Il DNA dell’uomo è stato trovato sugli indumenti intimi della vittima in quantità significative, elemento che costituisce la prova principale della sua responsabilità.
La puntata di Belve Crime ha ottenuto un notevole successo in termini di ascolti, superando persino “Le Iene” su Italia 1 e confermando l’interesse del pubblico per questo tipo di contenuti. Tuttavia, il programma ha anche suscitato critiche significative da parte di osservatori e giornalisti, alcuni dei quali hanno parlato di “effetto disturbante” e hanno messo in discussione l’opportunità di concedere spazio mediatico a un condannato per omicidio.
Selvaggia Lucarelli, tra le voci più critiche, ha definito il programma una sorta di “Leosini più truzza”, evidenziando come l’intervista creasse un effetto straniante nel vedere Bossetti comportarsi come un personaggio televisivo qualunque, salvo poi ricordare che si trattava di un condannato per omicidio. Queste critiche riflettono un disagio più ampio riguardo alla trasformazione della cronaca nera in intrattenimento televisivo.
La reazione dei genitori di Yara Gambirasio all’intervista di Massimo Bossetti rappresenta, in definitiva, la rivendicazione di un diritto al rispetto del proprio dolore privato e della memoria della figlia, contro quella che percepiscono come una strumentalizzazione mediatica della tragedia familiare. La loro posizione sottolinea l’esistenza di un conflitto irrisolto tra il diritto all’informazione, l’interesse del pubblico per i casi di cronaca nera e il rispetto dovuto alle vittime e ai loro familiari.