Gli shelter israeliani rappresentano una delle caratteristiche più distintive dell’architettura civile dello Stato ebraico, costituendo un sistema capillare di protezione che si è evoluto nel corso dei decenni in risposta alle minacce che hanno caratterizzato la storia del Paese. Questi rifugi, conosciuti con i termini ebraici Mamad e Mamak, sono diventati elementi obbligatori di ogni nuova costruzione, trasformandosi da misura emergenziale a standard edilizio nazionale.
Il termine Mamad, acronimo di merkhav mugan dirati, identifica uno “spazio di protezione” ubicato all’interno di un appartamento, una casa o una struttura pubblica come asili, palestre o scuole, dove la popolazione israeliana si rifugia quando suonano le sirene d’allarme dei bombardamenti. La distinzione terminologica è precisa e riflette l’organizzazione della difesa civile israeliana: si definisce Mamak una stanza fortificata prevista su ogni piano degli edifici pubblici, mentre il Mamad è una stanza fortificata posizionata in un singolo appartamento, casa o villa.
Entrambe le tipologie richiedono nella costruzione requisiti particolari e stringenti che devono essere rispettati per legge. La superficie del Mamad non deve essere inferiore ai 9 metri quadrati, con soffitti di 2,5 metri e pareti in cemento armato di almeno 25-30 centimetri di spessore. All’interno devono essere presenti una porta metallica a chiusura stagna in grado di resistere all’onda d’urto di un’esplosione e filtri obbligatori per la protezione dagli attacchi con armi chimiche.
La genesi degli shelter israeliani affonda le radici negli eventi traumatici della Prima Guerra del Golfo del 1991, quando l’Iraq di Saddam Hussein lanciò contro Israele i missili Scud, segnando un momento di svolta nella percezione della minaccia. Durante quel conflitto, gli israeliani sperimentarono per la prima volta la vulnerabilità del territorio nazionale agli attacchi missilistici a lungo raggio, con i razzi iracheni che colpirono le città di Tel Aviv e Haifa.
In seguito a questa esperienza traumatica, il Comando del Fronte Interno stabilì nuove linee guida per la difesa civile e nel 1992 furono redatte le specifiche tecniche per spazi protetti designati anche per le case unifamiliari. Da quel momento, come riportano le fonti specializzate, in Israele sono stati costruiti più di un milione di rifugi antiaerei sotterranei e rifugi pubblici, con ogni appartamento dotato di un proprio sistema di sicurezza.
La normativa ha subito ulteriori sviluppi negli anni Duemila, quando tutti i nuovi edifici residenziali sono stati obbligati per legge a includere questi spazi protetti. Un’ulteriore specificazione geografica è emersa nel 2011, quando è diventato obbligatorio per tutti coloro che vivono entro 4 chilometri dalla Striscia di Gaza avere una stanza bunker nelle proprie abitazioni.
La distribuzione degli shelter israeliani segue criteri geografici precisi, determinati dalla prossimità alle zone di confine e dal livello di rischio. Nelle aree più esposte, come quelle limitrofe alla Striscia di Gaza, la presenza di rifugi individuali è diventata un requisito imprescindibile per ottenere l’agibilità degli edifici. Secondo precisi calcoli operativi, i residenti impiegano dai 5 ai 10 minuti per raggiungere un rifugio pubblico, un tempo considerato eccessivo per assicurare una protezione efficace dalle bombe, considerato che il margine di sicurezza tra l’allarme e l’arrivo dei razzi è stimato in appena 20 secondi.
Questa urgente necessità ha determinato l’esigenza di creare spazi protetti all’interno delle abitazioni private e dei condomini, facilmente raggiungibili in caso di emergenza. Le normative si sono progressivamente estese a tutto il territorio nazionale, con particolare attenzione alle aree metropolitane di Tel Aviv, Gerusalemme e Haifa, che rappresentano i centri nevralgici del Paese e potenziali obiettivi strategici per attacchi nemici.
L’implementazione della normativa sugli shelter ha registrato un’accelerazione significativa negli ultimi anni, soprattutto in seguito all’escalation dei conflitti regionali. Il Consiglio Nazionale per la Pianificazione e l’Edilizia, presieduto da Natan Elnatan, ha raccomandato al Ministro dell’Interno di estendere l’ordinanza temporanea per l’esenzione dai permessi per la costruzione di spazi protetti in edifici a due piani e case unifamiliari.
Durante le discussioni ufficiali, un rappresentante del Comando del Fronte Interno ha presentato dati che evidenziano l’ampiezza del fenomeno: dal momento dell’approvazione delle normative per l’esenzione dai permessi, sono state presentate 4.470 richieste per una stanza di sicurezza aggiuntiva in edifici residenziali, di cui 3.732 sono state approvate. Additionally, sono state presentate 441 richieste per una stanza di sicurezza aggiuntiva negli istituti educativi.
Il 17 ottobre 2023, il Consiglio Nazionale per la Pianificazione e l’Edilizia ha approvato una serie di decisioni per affrontare le questioni relative alla preparazione del Fronte Interno, stabilendo regolamenti che esentano dai permessi per le stanze di sicurezza in case unifamiliari e edifici a due piani dove le linee edilizie dell’area consentono la costruzione della stanza di sicurezza.
Le specifiche tecniche degli shelter israeliani riflettono decenni di esperienza nella protezione civile e nell’ingegneria della sicurezza. Le stanze sono progettate per resistere non solo agli attacchi convenzionali, ma anche a minacce nucleari, chimiche e biologiche, oltre che a terremoti e infiltrazioni cibernetiche. I telefoni cellulari non hanno ricezione all’interno di questi spazi, garantendo un isolamento completo dalle interferenze esterne.
La progettazione prevede inoltre sistemi di ventilazione autonomi e filtri specializzati per garantire la sopravvivenza degli occupanti anche in caso di attacchi con armi chimiche o biologiche. Le porte metalliche sono realizzate con criteri di tenuta stagna e resistenza alle onde d’urto, mentre le pareti in cemento armato garantiscono protezione anche contro proiettili e schegge di artiglieria.
L’integrazione degli shelter nella vita quotidiana israeliana ha comportato un profondo adattamento sociale e psicologico della popolazione. Gli israeliani hanno sviluppato nel tempo una routine consolidata per l’utilizzo di questi spazi, che spesso vengono impiegati anche come depositi o stanze aggiuntive in periodi di calma. Durante le emergenze, tuttavia, questi ambienti si trasformano rapidamente in rifugi salvavita, come dimostrato durante gli episodi bellici più recenti.
L’efficacia di questi sistemi è stata verificata empiricamente in numerose occasioni. Un esempio significativo è quello dell’attacco a Rishon LeZion del 20 novembre, quando gli abitanti di un palazzo colpito da un razzo proveniente da Gaza sono sopravvissuti grazie al rifugio nel Mamad, mentre i piani superiori dell’edificio venivano completamente distrutti.
L’evoluzione del sistema degli shelter israeliani continua a seguire le dinamiche geopolitiche regionali e l’evoluzione delle minacce. Il Consiglio Nazionale ha approvato l’espansione delle normative per includere la realizzazione di stanze di sicurezza negli edifici pubblici, con regolamenti che permettono la costruzione di spazi protetti aggiuntivi negli edifici pubblici esistenti con esenzione dal permesso di costruzione.
Queste disposizioni si applicano a edifici religiosi, centri comunitari, cliniche, stazioni di polizia, uffici delle autorità locali e altre strutture pubbliche, con limitazioni fino a 2 piani di altezza e un’area dello spazio protettivo fino a 30 metri quadrati netti. L’approccio israeliano agli shelter rappresenta oggi un modello di riferimento internazionale per la protezione civile, dimostrando come la pianificazione urbana possa integrarsi efficacemente con le esigenze di sicurezza nazionale in contesti di alta tensione geopolitica.