Selvaggia Lucarelli ha sollevato il velo su uno dei segreti più inconfessabili dell’industria musicale italiana attraverso un’inchiesta dettagliata pubblicata nella sua newsletter “Vale Tutto”, rivelando i meccanismi perversi che trasformano gli apparenti successi commerciali in trappole finanziarie per gli artisti. La giornalista, dopo aver raccolto numerose testimonianze da professionisti del settore discografico rimasti anonimi su loro richiesta, ha tracciato un quadro allarmante fatto di finti sold out, cachet gonfiati e cantanti che finiscono per indebitarsi invece di guadagnare.
L’analisi della Lucarelli prende le mosse da un fenomeno apparentemente paradossale: l’esplosione dei concerti estivi negli stadi con biglietti venduti a prezzi irrisori, talvolta anche a dieci euro, che rappresentano soltanto “alcune avvisaglie di un problema più vasto”, quello di “un sistema che spesso illude i cantanti di guadagnare un sacco di soldi, indebitandoli”. Questo sistema, alimentato dalla pressione delle case discografiche e dall’ossessione per i numeri, spinge artisti emergenti a lanciarsi in tour nei palazzetti senza una reale domanda del pubblico, per poi doversi adattare spostando le date in teatri più piccoli o annullando direttamente gli spettacoli.
L’esplosione di Spotify e degli altri servizi di streaming musicale ha pesantemente ridimensionato le economie delle case discografiche, dal momento che i guadagni che una volta derivavano dalle vendite dei dischi non sono nemmeno paragonabili ai proventi dello streaming. La Lucarelli documenta come oggi cento milioni di ascolti online, un numero che solo pochi grandi nomi del panorama musicale italiano riescono a mettere insieme, fruttano alla casa discografica di turno circa trecentocinquantamila euro lordi, dei quali tra gli ottanta e i novanta mila andranno poi all’artista.
“Oggi cento milioni di ascolti online – un numero che solo pochi grandi nomi del panorama musicale italiano riescono a mettere insieme – fruttano alla casa discografica di turno circa 350.000 euro lordi, dei quali tra gli 80 e i 90 mila andranno poi all’artista. Significa che il successo di una canzone, anche il più cristallino, dal punto di vista discografico non ha più nessuna ricaduta economica“.
Questi dati acquisiscono maggiore significato se confrontati con le tariffe delle diverse piattaforme di streaming: Apple Music risulta essere la più generosa con gli artisti, pagando 0,009 euro per ogni streaming e richiedendo centododici riproduzioni per generare un euro, mentre YouTube Music ne elargisce cifre ancora più ridotte. In media, Spotify paga agli artisti una cifra compresa tra 0,03 e 0,05 dollari per stream, ma è importante sottolineare che gli artisti non ricevono l’intero importo generato dagli stream, poiché le entrate vengono suddivise tra etichette discografiche, distributori digitali e altri detentori di diritti.
I finti sold out svelati da Federico Zampaglione
La denuncia della Lucarelli ha trovato un autorevole supporto nelle dichiarazioni di Federico Zampaglione, frontman dei Tiromancino, che ha pubblicato un dettagliato post su Facebook spiegando i meccanismi dei cosiddetti “finti sold out”, una pratica che l’artista afferma di aver visto “succedere per circa trent’anni con un’impennata spaventosa in tempi recenti, soprattutto ovviamente ai danni di artisti ancora giovani ed inesperti”.
Zampaglione ha illustrato il meccanismo attraverso una “sceneggiatura” immaginaria tra un artista e un organizzatore di concerti, dove quest’ultimo convince il cantante che “dopo il successo virale del tuo singolo, meriti qualcosa di più, dobbiamo fare il grande salto”, proponendo “un tour nei palazzetti, anzi negli stadi, e deve essere sold out”. Quando i biglietti non si vendono, l’organizzatore propone la soluzione: “Te lo riempio io lo stadio, ci sono biglietti gratuiti, a un euro, dieci euro, invitiamo tutti i dipendenti di banche, assicurazioni, aziende vicine”.
Il sistema prevede una distribuzione massiccia di biglietti omaggio attraverso inviti a dipendenti di aziende, biglietti in regalo con la spesa nei supermercati, contest con influencer e retate nei locali per distribuire i ticket. L’obiettivo è creare l’illusione del sold out mantenendo alta l’immagine dell’artista e generando un effetto di scarsità che spinge il pubblico ad acquistare i biglietti più rapidamente.
Questa dinamica mette in difficoltà soprattutto i cantanti emergenti che, spinti dalle case discografiche e dai loro manager, si trovano a organizzare tournée in spazi troppo grandi rispetto alla reale domanda. Quando gli spazi si svuotano, scatta il problema di spostare le date in location più piccole, con costi aggiuntivi e una logistica complicata, oppure di cancellare direttamente gli eventi. Il risultato per l’artista è una perdita economica e, in alcuni casi, un indebitamento.
Un esempio concreto di questa problematica è rappresentato dal caso di Rkomi, che ha cancellato tutte le date del tour 2025 nei palazzetti annunciate su TicketMaster con la dicitura “Le date di Rkomi previste per il 2025 sono cancellate”. Le ipotesi circolate sui social parlano di divergenze tra l’artista e Live Nation, l’agenzia organizzatrice del tour, con il cantautore che desiderava un contesto più intimo e raccolto rispetto ai grandi palazzetti, sostituendo successivamente il progetto con “Mirko nei Teatri 2025”.
L’inchiesta della Lucarelli evidenzia come il passaggio dallo storico guadagno derivante dalle vendite dei dischi allo streaming abbia stravolto completamente le dinamiche di potere nell’industria musicale. Il successo di una canzone, anche il più cristallino, dal punto di vista discografico non ha più nessuna ricaduta economica significativa, costringendo artisti e case discografiche a cercare alternative nei concerti dal vivo.
La pandemia di Covid-19 ha ulteriormente accelerato questa trasformazione, con l’industria musicale che si è trovata maggiormente preparata dopo anni di cambiamenti nell’era dello streaming. Durante il lockdown, artisti e label discografiche hanno trasformato una fase particolarmente complicata in un’opportunità per testare nuovi modelli di business e sfruttare le caratteristiche delle piattaforme online, con lo streaming audio che è tornato a crescere posizionandosi al diciassette percento in più rispetto allo stesso periodo del 2019.
La pratica dei biglietti scontati, il caso Elodie
La Lucarelli ha documentato personalmente l’esistenza dei famosi biglietti a prezzi stracciati attraverso l’acquisto di un ticket per il concerto di Elodie a Napoli presso lo stadio Diego Armando Maradona. L’accesso avviene tramite un link “segreto” aperto e senza password che porta direttamente su TicketOne con un campo aggiuntivo denominato “Promo10”, che permette di acquistare biglietti della curva superiore non numerata a dieci euro invece dei cinquanta euro del prezzo standard.
Questi sconti riguardano vari artisti e, al momento della rilevazione della giornalista, coinvolgevano un solo organizzatore. La pratica solleva interrogativi sulla correttezza verso i fan che pagano il prezzo intero, creando una disparità di trattamento che la stessa Lucarelli definisce problematica: “vale la pena deludere dei fan facendoli sentire più fessi di altri?”.
L’inchiesta della Lucarelli si basa su numerose testimonianze raccolte da professionisti che lavorano nell’ambito della discografia, del management di artisti e dell’organizzazione di concerti, ciascuno dei quali ha contribuito a spiegare un pezzo del puzzle che raffigura il nuovo volto dell’industria musicale. Nessuno ha voluto essere citato, preferendo rimanere anonimo per timore di ripercussioni, testimonianza della delicatezza e della pervasività del problema.
Secondo quanto emerge dalle fonti consultate dalla giornalista, la pratica dei cosiddetti “finti sold out” risulta molto più diffusa di quanto si creda, con numeri dei biglietti venduti che vengono gonfiati artificialmente per creare l’illusione di un grande successo. Questi dati alterati servono a mantenere alta la reputazione di un artista o ad aumentare la pressione sull’acquisto da parte dei fan, mentre contestualmente si trovano ticket venduti a prezzi molto bassi per riempire i palazzetti o le arene senza che questo si traduca in guadagni reali per chi suona.
L’elemento più inquietante emerso dall’inchiesta riguarda il capovolgimento della logica economica tradizionale: quello che dovrebbe essere un investimento redditizio si trasforma in una fonte di indebitamento per gli artisti. Il meccanismo descritto da Zampaglione rivela come l’ottantacinque percento di ciò che guadagnano gli artisti finisca nelle tasche di chi gestisce i loro tour, lasciando i cantanti con il peso economico dell’operazione senza i benefici sperati.
Questa situazione è particolarmente grave per gli artisti emergenti, che si trovano esposti a rischi finanziari significativi in una fase della carriera in cui la stabilità economica è fondamentale per la crescita professionale. La promessa del “grande salto” si trasforma così in una trappola che sfrutta l’inesperienza e l’ambizione legittima dei giovani talenti.
L’inchiesta di Selvaggia Lucarelli rappresenta un contributo fondamentale alla comprensione dei meccanismi nascosti che governano l’industria musicale contemporanea, evidenziando come la trasformazione digitale e le conseguenze della pandemia abbiano creato nuove dinamiche di potere che spesso penalizzano proprio gli artisti che dovrebbero essere i principali beneficiari del sistema. La denuncia solleva interrogativi importanti sulla sostenibilità del modello attuale e sulla necessità di maggiore trasparenza nei rapporti tra artisti, organizzatori e pubblico.