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Sicilia, il Clima Cambia e Chiquita produrrà banane a Marina di Ragusa

La multinazionale Chiquita avvia la prima coltivazione italiana di banane in Sicilia sfruttando i cambiamenti climatici, ma il progetto solleva interrogativi sulla sostenibilità e l’impatto sui produttori locali.

La multinazionale statunitense Chiquita Brands International ha annunciato una svolta storica per l’agricoltura mediterranea: per la prima volta nella storia del marchio, le iconiche banane con il bollino blu saranno coltivate in territorio italiano, precisamente in Sicilia.

Il progetto, che rappresenta l’ingresso su scala industriale delle banane tropicali nel panorama agricolo siciliano, nasce dalla partnership strategica tra Chiquita e la cooperativa agricola Alba Bio, con sede a Marina di Ragusa. L’iniziativa sfrutta le mutate condizioni climatiche dell’isola, dove l’aumento delle temperature medie e le condizioni pedoclimatiche sempre più favorevoli hanno reso possibile la coltivazione di specie tradizionalmente tropicali.

La prima fase operativa del progetto prenderà avvio nell’ottobre 2025 con la messa a dimora di 20.000 piante biologiche di varietà Cavendish nell’areale di Marina di Ragusa, dove Alba Bio ha già consolidato un’esperienza pluriennale nelle coltivazioni biologiche certificate. I primi frutti "prodotto italiano" dovrebbero essere disponibili nei punti vendita a partire dal 2026, segnando l’arrivo sul mercato delle prime banane italiane a marchio Chiquita.

Clima che cambia, agricoltura che si adatta

La scelta della Sicilia non è casuale. I dati climatologici degli ultimi decenni evidenziano un incremento significativo delle temperature nell’isola: l’aumento medio regionale su base annua risulta di circa 1,5 gradi centigradi negli ultimi sessant’anni, con picchi particolarmente pronunciati nelle stagioni più calde. Questo riscaldamento progressivo ha creato condizioni favorevoli per colture fino a pochi anni fa impensabili nel Mediterraneo.

La fascia costiera ragusana, dove insistono le coltivazioni di Alba Bio, beneficia di un microclima particolarmente adatto: temperature costantemente elevate, scarsa escursione termica stagionale, irraggiamento solare intenso e terreni sabbiosi che favoriscono il drenaggio. Queste caratteristiche, unite all’esperienza maturata dai produttori locali nella gestione delle serre fredde – strutture non riscaldate che sfruttano il calore naturale – consentono una produzione continua con rese competitive.

La cooperativa Alba Bio: un modello di eccellenza biologica

Nata nel 2002 dall’unione di tre famiglie di produttori agricoli, Alba Bio si è trasformata nel 2016 in Organizzazione di Produttori, crescendo progressivamente fino a raggiungere oggi 60 coltivatori associati. La cooperativa gestisce oltre 200 ettari di terreni coltivati e commercializza annualmente più di 23 milioni di chilogrammi di prodotti biologici certificati.

Le coltivazioni sono situate nel Sud-Est della Sicilia, sulla fascia costiera ragusana caratterizzata da condizioni pedoclimatiche ottimali per l’agricoltura biologica. Alba Bio ha già sperimentato con successo la coltivazione di banane biologiche sotto serra fredda, dimostrando la fattibilità tecnica ed economica del progetto prima dell’accordo con Chiquita.

Sicilia tropicale: oltre le banane

La banana rappresenta l’ultima arrivata in una trasformazione agricola più ampia che sta interessando l’isola. Negli ultimi anni, la Sicilia ha visto espandersi significativamente le coltivazioni di frutti esotici: mango, avocado, passion fruit, papaya e persino caffè hanno trovato spazio nelle campagne siciliane. La provincia di Ragusa in particolare ospita circa 500 ettari dedicati a queste colture tropicali, con epicentri nel Palermitano e nel Catanese.

A Balestrate, sulla costa tirrenica, si è sviluppata quella che viene definita la capitale italiana del mango, mentre sulle colline alle spalle di Palermo è nata la piantagione di caffè più a nord dell’intero pianeta. Questi sviluppi testimoniano come i cambiamenti climatici stiano ridefinendo completamente il panorama agricolo mediterraneo.

Impatti ambientali e sostenibilità

Un aspetto significativo del progetto riguarda la riduzione dell’impatto ambientale legato al trasporto. Le banane tradizionalmente consumate in Italia attraversano oceani interi prima di raggiungere i consumatori, generando emissioni di CO2 equivalenti comprese tra 324 grammi e oltre un chilogrammo per ogni chilogrammo di frutto, a seconda della metodologia di calcolo utilizzata. Il trasporto marittimo, incluso l’utilizzo di refrigeranti, rappresenta la voce più significativa dell’impronta carbonica delle banane importate.

Le banane coltivate in Sicilia promettono una carbon footprint quasi nulla dal punto di vista dei trasporti, contribuendo alla filosofia del chilometro zero anche per un frutto tradizionalmente esotico. Tuttavia, permangono interrogativi sulla sostenibilità complessiva dell’operazione, considerando il passato controverso della multinazionale in America Latina.

L’ombra del passato

Chiquita Brands International porta con sé un bagaglio storico complesso. L’azienda, precedentemente nota come United Fruit Company, è stata al centro di numerose controversie in America Latina, dal coinvolgimento nel colpo di stato in Guatemala del 1954 al finanziamento di gruppi paramilitari in Colombia. Nel 2024, un tribunale federale statunitense ha condannato l’azienda a risarcire i familiari delle vittime dei paramilitari colombiani, confermando il ruolo attivo della multinazionale nel finanziamento di formazioni armate per proteggere i propri interessi commerciali.

Queste vicende hanno alimentato accuse di greenwashing e questionato l’autenticità dell’impegno ambientale e sociale dell’azienda, nonostante le certificazioni ottenute in anni più recenti e la filosofia aziendale "we are farmers at heart" che l’azienda promuove attualmente.

Prospettive future

Costabile Romano, direttore commerciale di Chiquita per l’Italia, ha sottolineato come l’iniziativa miri a consolidare il legame con i consumatori italiani, portando per la prima volta la coltivazione delle banane nel cuore del Mediterraneo. Il progetto rientra nella strategia aziendale di valorizzare le comunità locali e di innovare costantemente i metodi di coltivazione in modo efficiente e sostenibile.

Per la Sicilia, l’arrivo di Chiquita rappresenta un’opportunità di diversificazione agricola e di creazione di nuove opportunità occupazionali. Tuttavia, le preoccupazioni non mancano: piccoli produttori locali che già coltivavano banane temono l’alterazione degli equilibri di mercato e l’impatto di una multinazionale su un settore finora caratterizzato da dimensioni più contenute.

Il progetto si inserisce nel contesto più ampio delle strategie europee di adattamento ai cambiamenti climatici in agricoltura. Le linee guida per l’adattamento dell’agricoltura mediterranea ai cambiamenti climatici prevedono infatti la necessità di sviluppare nuove colture e sistemi produttivi resilienti, trasformando le sfide climatiche in opportunità di innovazione agricola.

L’iniziativa delle banane Chiquita in Sicilia rappresenta quindi un caso emblematico di come i cambiamenti climatici stiano ridisegnando la geografia agricola europea, con implicazioni che vanno ben oltre la semplice produzione di un frutto esotico. Si tratta di un esperimento che potrebbe aprire la strada a ulteriori trasformazioni nel panorama agricolo mediterraneo, con conseguenze ancora tutte da valutare dal punto di vista economico, ambientale e sociale.Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!