Il movimento palestinese Hamas ha consegnato ufficialmente ai mediatori la propria risposta al piano di pace in venti punti proposto dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, dichiarando la disponibilità a riliasciare tutti gli ostaggi israeliani, sia vivi che morti, secondo il meccanismo di scambio delineato nella proposta americana.
La dichiarazione, diffusa attraverso il canale Telegram ufficiale dell’organizzazione, rappresenta una svolta significativa nelle trattative dopo quasi due anni di conflitto che ha devastato la Striscia di Gaza. Hamas ha precisato di apprezzare “gli sforzi arabi, islamici e internazionali, così come gli sforzi del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che mirano a porre fine alla guerra nella Striscia di Gaza”.
L’organizzazione ha tuttavia posto delle condizioni precise per l’attuazione dell’accordo, specificando che la liberazione degli ostaggi avverrà “a condizione che esistano le condizioni sul terreno per farlo”. In questo contesto, il movimento ha confermato “la propria disponibilità ad avviare immediatamente negoziati, tramite i mediatori, per discutere i dettagli” del piano.
Particolarmente rilevante appare la disponibilità di Hamas a trasferire il controllo di Gaza a un organismo palestinese indipendente, composto da tecnocrati, “sulla base del consenso nazionale palestinese e del sostegno arabo e islamico”. Questa concessione rappresenterebbe un cambiamento fondamentale nella governance dell’enclave palestinese, dove Hamas mantiene il controllo dal 2007.
Il piano di Trump, strutturato in venti punti dettagliati, prevede una cessazione immediata delle ostilità e il rilascio di tutti gli ostaggi entro settantadue ore dall’accettazione pubblica dell’accordo da parte di Israele. In cambio, Israele dovrebbe liberare duecentocinquanta detenuti palestinesi condannati all’ergastolo, oltre a millesettecento abitanti di Gaza arrestati dopo il 7 ottobre 2023, compresi donne e minori.
La proposta americana contempla inoltre la creazione di una zona deradicalizzata a Gaza, libera dal terrorismo, e un piano di ricostruzione completa della Striscia per il beneficio della popolazione civile. Il documento prevede l’istituzione di una forza di stabilità internazionale temporanea, guidata da americani e arabi, per supervisionare la sicurezza e addestrare le forze di polizia locali.
Tuttavia, permangono questioni controverse che potrebbero complicare l’implementazione dell’accordo. Il piano richiede il disarmo completo di Hamas, punto sul quale l’organizzazione ha storicamente mostrato resistenza, considerando le armi come un “diritto nazionale” del popolo palestinese. Hamas ha precisato che “rimangono questioni aggiuntive, menzionate nella proposta di Trump, che richiedono ulteriori discussioni”.
L’ultimatum lanciato da Trump prevede che Hamas accetti definitivamente il piano entro domenica alle 18:00, ora di Washington (mezzanotte in Italia), minacciando che altrimenti “si scatenerà contro Hamas un inferno come nessuno ha mai visto prima”. Il presidente americano ha sottolineato su Truth Social che “tutti i Paesi hanno firmato” e che questo rappresenta “l’ultima possibilità” per raggiungere un accordo.
Le consultazioni interne ad Hamas coinvolgono sia l’ala politica che quella militare dell’organizzazione, con la leadership politica basata in Qatar che appare più aperta all’accordo rispetto ai comandanti militari presenti a Gaza. I mediatori di Qatar, Egitto e Turchia stanno esercitando pressioni considerevoli sul movimento palestinese affinché accetti la proposta americana.
La risposta di Hamas arriva in un momento critico, con la popolazione di Gaza che ha subito perdite enormi durante il conflitto. Secondo i dati dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari, almeno 45.936 palestinesi sono stati uccisi e 109.274 sono rimasti feriti tra il 7 ottobre 2023 e l’8 gennaio 2024.
Attualmente, rimangono in ostaggio a Gaza 97 israeliani delle 251 persone rapite durante l’attacco del 7 ottobre 2023, anche se 34 sono state dichiarate morte dall’esercito israeliano. Il piano Trump prevede specificamente il rilascio di 48 ostaggi, di cui 20 si ritiene siano ancora vivi.
La proposta americana ha ottenuto il sostegno di otto importanti nazioni arabe e musulmane – Egitto, Giordania, Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Turchia, Indonesia e Pakistan – che hanno salutato i “sinceri sforzi” dell’accordo. Anche l’Autorità Palestinese ha accolto favorevolmente gli “sforzi sinceri e determinati” del presidente Trump.
Tuttavia, l’implementazione pratica dell’accordo presenta sfide significative. Il piano non definisce chiaramente i tempi del ritiro militare israeliano e rimane vago su diversi punti cruciali. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha ribadito che “i nostri soldati resteranno a Gaza”, sollevando interrogativi sulla reale portata del ritiro previsto.
La questione del futuro governo di Gaza sotto supervisione internazionale rappresenta un altro elemento complesso dell’accordo. Il piano prevede che il territorio sia posto sotto governance internazionale, con la supervisione dello stesso Trump e dell’ex primo ministro britannico Tony Blair, ma non stabilisce un percorso chiaro per un’eventuale riunificazione con la Cisgiordania in un futuro Stato palestinese.
Le prossime ore risulteranno decisive per determinare se questa apertura di Hamas possa effettivamente tradursi in un cessate il fuoco duraturo e nell’avvio di un processo di pace che ponga fine a uno dei conflitti più devastanti della storia recente del Medio Oriente. La scadenza dell’ultimatum di Trump rappresenta un momento cruciale che potrebbe determinare il futuro della regione per gli anni a venire.Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!