Nel cuore gelido dell’Antartide, dove il silenzio è rotto solo dal vento e dallo scricchiolio delle calotte glaciali, si cela una delle leggende più persistenti e controverse del Novecento: quella della Base 211, la presunta fortezza segreta nazista scavata sotto i ghiacci della Terra della Regina Maud. Un mito che affonda le radici nella storia documentata del Terzo Reich, si nutre di testimonianze ambigue, anomalie inspiegate, e rifiuta di essere sepolto dal tempo e dal rigore accademico. Più che una semplice teoria del complotto, Base 211 è una narrazione seducente che continua a sfidare la linea sottile tra realtà e leggenda.
La genesi di questa ipotesi prende corpo con la spedizione ufficiale della Germania nazista in Antartide tra il 1938 e il 1939. A bordo della nave Schwabenland, un equipaggio altamente selezionato condusse una missione esplorativa nel settore antartico denominato Neu-Schwabenland. In quell’occasione, idrovolanti Dornier Wal effettuarono ricognizioni su un’area di oltre 600.000 chilometri quadrati, scattando migliaia di fotografie aeree e paracadutando bandiere con la svastica nel cuore incontaminato del continente bianco. Sebbene la versione ufficiale parli di una mera esplorazione scientifica e cartografica, alcuni studiosi e appassionati di storia alternativa vedono in questa missione l’inizio di un’operazione molto più ambiziosa: l’edificazione di una base permanente, nascosta sotto il ghiaccio e protetta da grotte geotermiche naturali.
A corroborare questa visione vi sono dichiarazioni storicamente ambigue. Nel 1943, l’ammiraglio Karl Dönitz parlò di una “fortezza inespugnabile in un’altra parte del mondo” costruita dalla flotta sottomarina tedesca. Mai è stato chiarito a cosa si riferisse esattamente, ma il contesto temporale e l’allusione a una località remota hanno acceso, negli anni, l’immaginario collettivo. E proprio i sommergibili rappresentano un elemento chiave del puzzle. Dopo la resa ufficiale della Germania nel maggio 1945, due U-Boot – l’U-530 e l’U-977 – giunsero inspiegabilmente in Argentina, mesi dopo la fine della guerra. I loro comandanti fornirono versioni poco convincenti sul ritardo e, soprattutto, evitarono di fornire dettagli cruciali sui tragitti percorsi e sulle missioni effettuate. Il mistero si infittisce se si considera che quei battelli erano tecnicamente in grado di raggiungere le coste antartiche.
Un altro episodio avvolto dal mistero è l’Operazione Highjump, la massiccia spedizione organizzata dalla Marina americana nel 1946 sotto la guida dell’ammiraglio Richard Byrd. Ufficialmente, si trattava di un’operazione scientifica e militare volta a testare equipaggiamenti in condizioni estreme. Tuttavia, la sua improvvisa conclusione, anticipata di diversi mesi rispetto al piano originale, e la presenza imponente di mezzi militari, portarono molti a ipotizzare che il vero obiettivo fosse la neutralizzazione di una base nazista ancora attiva. A supporto di questa tesi viene citata una dichiarazione attribuita a Byrd stesso, riportata da un quotidiano cileno, secondo la quale il contrammiraglio avrebbe parlato della minaccia rappresentata da “oggetti volanti capaci di volare da polo a polo a velocità incredibili”. Parole che, vere o decontestualizzate che siano, furono sufficienti per accendere la miccia del sospetto.
Da qui in avanti, la leggenda si fonde con il mito degli UFO nazisti. Secondo alcuni autori, a partire dagli anni ’40, in Antartide sarebbe proseguito lo sviluppo di tecnologie avanzatissime, inclusi velivoli a forma di disco alimentati da misteriose energie come il “Vril”. In particolare, la presunta Base 211 sarebbe diventata il laboratorio occulto in cui scienziati del Terzo Reich, sfuggiti ai radar dell’intelligence alleata, avrebbero continuato esperimenti segreti, forse addirittura con l’ausilio di conoscenze non terrestri. Una narrazione che, sebbene respinta dalla storiografia ufficiale, continua ad attrarre appassionati e studiosi non convenzionali, anche perché alcune domande rimangono tuttora senza risposte definitive.
Non mancano, ovviamente, gli argomenti contrari. La maggior parte degli storici e dei ricercatori scientifici sottolinea l’impraticabilità logistica di una simile impresa. Nel 1939, la tecnologia tedesca – per quanto avanzata – non sarebbe stata in grado di costruire una base sotterranea nel cuore del continente antartico, in una regione tra le più inospitali del pianeta. La stessa spedizione Schwabenland non si spinse mai oltre la costa e non condusse attività terrestri, limitandosi a sorvoli aerei. Inoltre, ad oggi, nessuna prova tangibile – documenti, fotografie, reperti – è mai emersa a sostegno della teoria.
Eppure, nonostante tutto, il mito della Base 211 non si è mai estinto. Anzi, si è adattato al tempo. Nel 2011, un’immagine satellitare diffusa su Google Earth mostrava una curiosa formazione rocciosa simile all’ingresso di un hangar nella regione della Terra della Regina Maud. Le spiegazioni ufficiali parlano di artefatti grafici e distorsioni dovute all’elaborazione delle immagini satellitari. Ma per i sostenitori della teoria, si tratta dell’ennesima prova occultata. Del resto, il continente antartico resta una delle aree meno accessibili e meno esplorate della Terra, sottoposta a vincoli internazionali rigidissimi e a un monitoraggio mediatico scarso rispetto ad altre zone strategiche del globo.
C’è chi suggerisce che le tracce della Base 211 siano state deliberatamente cancellate o mascherate. Altri sostengono che ciò che resta della presunta installazione sia stato inglobato da ghiacci millenari, rendendone impossibile l’individuazione. Alcune fonti più estreme parlano di un accordo tacito tra potenze mondiali per mantenere il silenzio su ciò che realmente avvenne in Antartide tra la fine della guerra e l’inizio della Guerra Fredda. In questo scenario, l’Antartide diventa il palcoscenico di un gioco geopolitico e tecnologico ancora più vasto di quanto immaginiamo.
Se sia esistita davvero una Base 211, se si trattasse di un semplice insediamento temporaneo, di un avamposto scientifico, o di un progetto fantascientifico alimentato dal mito dell’invincibilità del Terzo Reich, è una domanda che resta sospesa. Ma come tutte le leggende dure a morire, quella della Base 211 sopravvive proprio grazie all’assenza di certezze. E in un mondo in cui la verità è spesso una costruzione fragile, non è detto che ciò che oggi appare impossibile, domani non venga riscoperto tra le pieghe del ghiaccio eterno. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!