Un crimine di rara efferatezza ha scosso il Governatorato di Ismailia, in Egitto, dove un ragazzo di tredici anni, identificato come Youssef, ha ucciso, smembrato e parzialmente consumato il corpo di un suo compagno di classe, Mohamed, di quattordici anni. L’episodio, scoperto nella seconda metà di ottobre 2025, ha riacceso nel Paese il dibattito sull’influenza dei contenuti violenti e sulla necessità di una supervisione più rigorosa sui minori.
Secondo le ricostruzioni investigative, Youssef avrebbe attirato la vittima nella propria abitazione nel quartiere di El-Mahatta El-Gedida, approfittando dell’assenza dei genitori. Una volta entrati nell’appartamento, il giovane ha aggredito il compagno con un bastone di legno, colpendolo ripetutamente alla testa fino a causarne la morte. In seguito, utilizzando una motosega elettrica appartenente al padre, che lavora come carpentiere, ha smembrato il cadavere in piccole parti. Le indagini hanno rivelato che l’assassino ha trasportato i resti dentro il proprio zaino scolastico, disperdendoli in diverse zone della città: alcuni frammenti sono stati gettati in un laghetto, altri dietro un centro commerciale, altri ancora sotto un ponte e in un campo aperto.
Il ritrovamento dei resti umani è avvenuto grazie alla segnalazione di alcuni residenti che hanno notato parti del corpo non identificato nei pressi dell’area commerciale Carrefour. Le autorità, ricevuta contemporaneamente la denuncia di scomparsa di Mohamed da parte della famiglia residente nel villaggio di Nafisha, hanno avviato un’indagine che ha portato rapidamente all’identificazione del colpevole attraverso l’esame delle immagini di videosorveglianza e le testimonianze raccolte. Durante gli interrogatori, Youssef ha confessato il delitto ammettendo di essersi ispirato a scene violente viste in film e videogiochi, in particolare alla serie televisiva statunitense Dexter, che narra le vicende di un serial killer che smembra le vittime.
La confessione del ragazzo ha però assunto contorni ancora più inquietanti quando ha dichiarato agli inquirenti di aver consumato una porzione del corpo della vittima “per curiosità”, paragonando il sapore della carne umana a quello del “pollo impanato”. Questo particolare ha suscitato sconcerto nell’opinione pubblica egiziana e ha spinto le autorità a sottoporre immediatamente l’imputato a una valutazione psicologica e psichiatrica approfondita. La Procura della Repubblica ha disposto la custodia cautelare del minorenne per quindici giorni in attesa del completamento delle indagini e ha ordinato che venisse costituita una commissione specializzata per accertare il suo stato mentale al momento del crimine.
L’episodio ha riacceso in Egitto il dibattito sull’esposizione dei minori a contenuti mediatici violenti e sulla necessità di rafforzare i controlli parentali nell’era digitale. Secondo quanto emerso dalle indagini, il giovane assassino aveva guardato nei giorni precedenti al delitto materiale estremamente violento sul proprio telefono cellulare, dichiarando agli inquirenti di aver voluto “provare il metodo” visto sullo schermo. Le autorità egiziane hanno condotto una ricostruzione del crimine sul luogo dei fatti con la presenza dell’imputato, accompagnato da un massiccio dispiegamento di forze di polizia, per verificare la dinamica degli eventi e localizzare tutte le zone in cui erano stati dispersi i resti della vittima.
Il caso di Ismailia si inserisce in una serie di episodi che negli ultimi anni hanno visto protagonisti minori egiziani coinvolti in crimini efferati, sollevando interrogativi sulla tutela dell’infanzia e sul ruolo delle istituzioni nel prevenire fenomeni di violenza giovanile. Esperti di psicologia infantile e rappresentanti delle organizzazioni per i diritti umani hanno sottolineato la necessità di implementare programmi educativi mirati e di rafforzare i meccanismi di protezione dei minori, sia all’interno delle famiglie che negli ambienti scolastici, per evitare il ripetersi di tragedie simili. La vicenda ha inoltre rilanciato il tema della vigilanza sui contenuti digitali accessibili ai più giovani, con molti osservatori che hanno invocato l’introduzione di regolamentazioni più stringenti e di strumenti di controllo genitoriale più efficaci per proteggere i minori dall’esposizione a materiale inappropriato.
Le foto di entrambi i ragazzi, vittima e aggressore, hanno rapidamente circolato sui social media egiziani, alimentando un acceso dibattito pubblico e richieste di misure legali severe per contrastare il ripetersi di crimini di tale gravità. Numerosi cittadini hanno espresso indignazione e hanno chiesto alle autorità di adottare soluzioni a lungo termine per affrontare le cause profonde di questi fenomeni, tra cui la mancanza di supervisione familiare, l’esposizione indiscriminata a contenuti violenti online e le carenze nel sistema educativo e di protezione sociale. Il crimine di Ismailia rappresenta un campanello d’allarme per la società egiziana e per le istituzioni preposte alla tutela dei diritti dei minori, evidenziando la necessità di un intervento coordinato tra famiglia, scuola e Stato per prevenire il diffondersi di comportamenti violenti tra i giovani e garantire un ambiente sicuro per la crescita delle nuove generazioni. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!