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È morto Mauro Di Francesco, volto iconico delle commedie italiane degli Anni 80

Addio a Mauro Di Francesco, volto iconico delle commedie anni ’80 come Sapore di Mare 2 e Abbronzatissimi.
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Il cinema italiano piange la scomparsa di Mauro Di Francesco, protagonista indimenticabile delle commedie balneari degli anni Ottanta. L’attore milanese, conosciuto affettuosamente come Maurino, si è spento nella notte tra il 24 e il 25 ottobre 2025 all’età di 74 anni in ospedale a Roma, dove era ricoverato da circa un mese per complicazioni di salute legate ai problemi epatici che lo avevano già costretto a un trapianto di fegato nel 2011.

Nato a Milano il 17 maggio 1951, Mauro Di Francesco era figlio d’arte: la madre lavorava come sarta teatrale, il padre era direttore di palcoscenico e aveva tra i suoi amici nomi illustri come Ugo Tognazzi e Raimondo Vianello. Cresciuto tra quinte e camerini, aveva respirato l’arte scenica fin dall’infanzia, debuttando sui palcoscenici a soli sei anni e partecipando a spot pubblicitari che segnarono l’immaginario collettivo dell’epoca, tra cui quello del Formaggino Mio e Carosello.

La svolta professionale arrivò nel 1966, quando a soli quindici anni entrò nella prestigiosa compagnia di Giorgio Strehler al Piccolo Teatro di Milano, diventando l’allievo più giovane mai accettato dal maestro. Recitò accanto a Valentina Cortese nel Gioco dei potenti di Shakespeare, con Strehler che lo volle nella sua accademia nonostante la giovane età, riconoscendo in lui un talento straordinario e affermando che non si poteva recitare Shakespeare con l’accento milanese. A diciassette anni arrivò il debutto televisivo con lo sceneggiato Rai La freccia nera, trasmesso tra il dicembre 1968 e il febbraio 1969, dove interpretò il ruolo del giovane Robby in quella che sarebbe diventata una delle produzioni televisive di maggior successo dell’epoca, definita la madre di tutti i teleromanzi italiani.

Gli anni Settanta segnarono il passaggio al cabaret, disciplina che avrebbe forgiato il suo stile comico. Di Francesco iniziò esibendosi in coppia con Livia Cerini, per poi entrare nel leggendario Gruppo Repellente, ideato da Enzo Jannacci e Beppe Viola. Sul palco del Derby Club di Milano, locale notturno divenuto fucina di talenti nella zona di San Siro, condivise la scena con artisti destinati a diventare icone della comicità italiana: Diego Abatantuono, che sarebbe diventato uno dei suoi più cari amici, Massimo Boldi, Giorgio Faletti, Giorgio Porcaro ed Ernst Thole. Questa esperienza fu decisiva per il suo passaggio al grande schermo, forgiando uno stile comico genuino, surreale e profondamente milanese che lo avrebbe contraddistinto per tutta la carriera e che avrebbe influenzato il panorama dello spettacolo italiano per decenni.

Gli anni Ottanta rappresentarono l’apice della sua popolarità cinematografica. Mauro Di Francesco divenne uno dei volti più riconoscibili della commedia italiana con film che hanno segnato un’epoca e che ancora oggi vengono ricordati con affetto da intere generazioni. Nel 1981 interpretò Renato in I fichissimi diretto da Carlo Vanzina, film liberamente ispirato al Romeo e Giulietta di Shakespeare ambientato nella Milano dei primi anni Ottanta, dove recitò accanto a Jerry Calà e Diego Abatantuono in una storia di gang rivali che si contendevano le discoteche milanesi. Con i Vanzina strinse un rapporto di amicizia destinato a durare nel tempo, pur non evitando qualche scelta controversa.

Nel 1982 fu protagonista di Attila flagello di Dio di Castellano e Pipolo, nei panni di Ferdulfo-Tartufo accanto all’amico fraterno Diego Abatantuono, che interpretava il re barbaro Ardarico che si identificava erroneamente con Attila. Per questo film rifiutò la parte nel primo Sapore di mare che sarebbe poi andata a Jerry Calà, scelta dettata dalla profonda amicizia che lo legava ad Abatantuono e che lui stesso avrebbe in seguito definito poco fortunata dal punto di vista commerciale, visto che Attila andò malissimo al botteghino mentre Sapore di mare divenne un cult. In un’intervista del 2024 raccontò: Con Carlo Vanzina avevo già girato I fichissimi e diventammo amici. Credo volesse darmi la parte di Jerry Calà. Ma Diego mi voleva per forza con lui in Attila il flagello di dio. A quei tempi eravamo molto uniti, come culo e mutanda. Ho scelto lui e Carlo ci è rimasto malissimo.

Il suo ruolo più iconico e memorabile arrivò nel 1983 con Sapore di mare 2 – Un anno dopo, diretto da Bruno Cortini. Interpretò Uberto Colombo, detto Maurino, l’autista squattrinato e scapestrato del Commendator Carraro che, in vacanza a Forte dei Marmi, cerca di conquistare una donna ricca per accasarsi. Respinto da Tea Guerrazzi che scopre immediatamente il suo gioco, riesce a far colpo su Alina, la giovane amante francese del Commendator Parodi interpretata da Pascale Reynaud. Tra una bugia e l’altra, il personaggio mette in conto un imprevisto: quello di innamorarsi sul serio della ragazza, creando un mix di comicità e romanticismo che ancora oggi commuove gli spettatori.

La scena in cui, con gli occhiali Ray-Ban a nascondere le lacrime, gridava sulla spiaggia di Forte dei Marmi Sei andata via Alina? E chi se ne frega! sulle note malinconiche di Bruno Lauzi è rimasta impressa nella memoria collettiva di un’intera generazione, diventando una delle sequenze più citate e amate del cinema italiano degli anni Ottanta. Sul set nacque anche l’amore con Pascale Reynaud, e come spesso accade nel cinema, la vita finì per imitare la finzione. Stavo con Laura Belli, confessai il mio sbandamento ma tornai a casa. Lei però mi fece trovare le valigie fuori dalla porta, raccontò in un’intervista. I due rimasero insieme dal 1983 al 1985 e dalla loro relazione nacque il figlio Daniel, detto Danny.

Proseguì la carriera con altre commedie balneari di successo che consolidarono la sua immagine di protagonista delle estati italiane. Nel 1984 recitò in Chewingum di Biagio Proietti, teen comedy ambientata a Roma con Isabella Ferrari e Massimo Ciavarro, presentata alla 41esima Mostra del Cinema di Venezia nella sezione De Sica. La storia seguiva un gruppo di liceali romani che invece di studiare per la maturità trascorrevano le giornate al bar Chewingum, locale all’aperto vicino al Colosseo, tra scommesse sulle auto di passaggio e relazioni intrecciate. Nel 1985 fu protagonista di Yesterday – Vacanze al mare, miniserie televisiva diretta da Claudio Risi dove interpretò Mauro detto Mao, trasmessa su Italia 1 nel dicembre 1985. La storia, ambientata tra Cattolica, Rimini e Gabicce Mare, vedeva un gruppo di amici organizzare una festa d’addio in un vecchio locale in riva al mare destinato alla demolizione, alla ricerca del tempo passato tra ricordi di estati felici.

Nel 1986 arrivò Ferragosto OK, film televisivo diretto da Sergio Martino e trasmesso da Italia 1, ambientato al Grand Hotel International di San Benedetto del Tronto durante il Ferragosto, data classica di vacanza ed evasione dove gli ospiti erano in cerca di avventure sentimentali. Di Francesco interpretò Severo, titolare di un’autofficina insieme al socio Giusto, in una serie di vicende esilaranti che coinvolgevano anche Eva Grimaldi e Sabrina Salerno. Gli anni Novanta lo videro protagonista dei due capitoli di Abbronzatissimi, diretti da Bruno Gaburro con Jerry Calà e Teo Teocoli. Il primo, del 1991, ambientato nella riviera romagnola tra Rimini e Riccione, fu un grande successo di pubblico. Di Francesco interpretò Mauro, uno squattrinato che in coppia con Teo, entrambi spacciandosi per imprenditori, cercava di rimorchiare ricche turiste per non dover più lavorare. Il sequel del 1993, Abbronzatissimi 2 – Un anno dopo, non ottenne lo stesso riscontro ma consolidò ulteriormente il suo status di icona delle commedie estive.

I suoi personaggi incarnavano spesso il giovane milanese impacciato e sognatore, squattrinato ma ricco di aspirazioni sentimentali, che cercava l’amore e l’avventura nelle località balneari italiane. Con il suo sorriso ironico, lo sguardo malinconico e la risata contagiosa, Di Francesco conquistò il cuore di una generazione, portando sullo schermo un umorismo solare e riconoscibile che raccontava con leggerezza e nostalgia l’Italia che fu. Le sue interpretazioni non erano mai banali, anche quando giocava con gli stereotipi del milanese in vacanza, riuscendo sempre a trovare quella verità umana che rendeva i suoi personaggi credibili e amabili.

Nel 2011 l’attore dovette affrontare una grave crisi di salute che segnò profondamente la sua vita e la sua carriera. Si sottopose a un trapianto di fegato a causa di una cirrosi epatica dovuta all’abuso di alcol, di cui parlò apertamente in diverse interviste senza nascondersi dietro false giustificazioni. Ho cominciato a bere a dieci anni e ho smesso a cinquantacinque. Sono un miracolato, raccontò con la sua consueta franchezza. Era anche predisposto geneticamente alla malattia, fattore che aggravò la situazione. Dopo l’intervento che gli salvò la vita si impegnò a fare da testimonial per i donatori di organi, riconoscendo il debito di gratitudine verso chi aveva reso possibile la sua seconda chance.

L’operazione lo costrinse a fermarsi e lasciare per un po’ le scene, ma col passare del tempo fu lui stesso a decidere di allontanarsi in maniera definitiva dal mondo dello spettacolo, scegliendo una vita più tranquilla lontano dai riflettori. Nel 1997 aveva sposato Antonella Palma di Fratianni, che gli rimase accanto fino alla fine condividendo con lui la scelta di ritirarsi in campagna. Io e mia moglie Antonella proveniamo da famiglie molto unite e questa tradizione la continuiamo con i nostri figli, avendo io anche allargato la famiglia, raccontò in un’intervista riferendosi anche al figlio Daniel avuto dalla precedente relazione con Pascale Reynaud.

Gli ultimi anni trascorsero nella campagna toscana, dove aveva scelto di vivere in una casa immersa nel verde, dedicandosi alla pittura, alla scrittura e alla vita privata con la famiglia. Nel 2010 pubblicò un libro intitolato La logica del paradosso, frutto delle sue riflessioni e della sua vena creativa. Oggi scrivo, dipingo, ho alcune attività che mi permettono di vivere dignitosamente, perché non potrei campare solo con la pensione, raccontò nel 2017 alla rivista Spy, spiegando le ragioni del suo ritiro volontario dalle scene.

In un’intervista del 2019 al quotidiano Il Tempo dichiarò apertamente di aver deciso volontariamente di smettere di recitare, respingendo le voci secondo cui fosse stato dimenticato dal mondo dello spettacolo. Mi è venuta la nausea, una crisi di rigetto. In tv si vedono cose improponibili. Non rinnego Carlo Vanzina, lo amavo, ma non mi va più di girare cinepanettoni e affini. Ho proprio deciso di non fare più questo lavoro. A meno che non venga uno come Sorrentino. Ma con una cosa bella, un ruolo importante. Mi muoverei soltanto se mi chiamassero Sorrentino o Tornatore, Pupi Avati, magari Quentin Tarantino. Allora ci ripenserei. Mi dà fastidio soltanto leggere sul web ha smesso perché non lo chiamano più. Mi chiamano, sono io che dico di no. Il lavoro, in realtà, ci sarebbe anche stato, ma era lui a dire no.

Nonostante il ritiro, mantenne i rapporti con gli amici di sempre. Nel 2012 tornò a teatro nella commedia Vengo a prenderti stasera con Ninì Salerno, tratta dal romanzo La morte dei comici di Lorenzo Beccati, che vide l’esordio alla regia dell’amico Diego Abatantuono. Diego all’inizio mi faceva aprire i suoi spettacoli al Derby. È un vero creativo e ho pensato subito a lui per la regia dello spettacolo, raccontò in quell’occasione, ricordando i tempi del cabaret milanese quando il loro sodalizio artistico e umano era fortissimo. Originariamente Paolo Villaggio mi ha chiamato per questo progetto, ma poi le nostre strade si sono divise, come spesso succede, e io ho proseguito grazie alla produzione di Ruggeri che ha creduto in me, aggiunse.

Il suo ultimo film fu Odissea nell’ospizio del 2019, diretto da Jerry Calà, dove interpretò Billy Campobasso, il direttore di una casa di riposo per artisti chiamata Walter Chiari. La pellicola vedeva la reunion dei Gatti di Vicolo Miracoli con Jerry Calà, Franco Oppini, Nini Salerno e Umberto Smaila, che interpretavano un quartetto comico chiamato I Ratti, riunitosi dopo trent’anni in una casa di riposo. Una reunion ideale della commedia italiana che riuniva sul set vecchi amici e compagni di avventure artistiche, in un film che parlava di memoria, amicizia e seconde opportunità, temi che sembravano rispecchiare la vita stessa di Di Francesco.

Negli ultimi tempi le sue condizioni di salute erano nuovamente peggiorate, portandolo al ricovero in ospedale a Roma dove è rimasto per circa un mese prima di spegnersi nella notte tra il 24 e il 25 ottobre. Non sono state diffuse informazioni precise sulle cause specifiche del decesso, ma si sa che erano legate alle complicazioni derivanti dai problemi epatici che lo avevano afflitto per anni e che il trapianto del 2011 aveva solo temporaneamente risolto.

Toccante il saluto dell’amico Jerry Calà, che con lui aveva condiviso set, nottate folli e la passione per il cinema: Ciao Maurino… Quante risate, quante scene insieme, quanta vita condivisa sul set e fuori. Te ne vai in silenzio, ma lasci dietro di te un ricordo enorme e un affetto che non si spegnerà mai. Buon viaggio amico mio. Parole che racchiudono il senso di un’amicizia vera e di un’epoca che non tornerà più, quando il cinema italiano sapeva raccontare con leggerezza storie di gente comune in cerca di felicità nelle vacanze estive.

Mauro Di Francesco lascia il figlio Daniel avuto da Pascale Reynaud, la moglie Antonella Palma di Fratianni, e un’eredità artistica fatta di personaggi indimenticabili che hanno accompagnato intere generazioni di italiani nelle loro estati al mare. Il suo curriculum cinematografico conta 61 film, oltre a numerose apparizioni televisive e teatrali, un palmares che testimonia una carriera intensa e prolifica dedicata interamente alla commedia e alla leggerezza.

Con la sua comicità discreta e malinconica ha rappresentato un’epoca spensierata del cinema italiano, quella delle commedie balneari che raccontavano con nostalgia e ironia l’Italia degli anni Ottanta, un paese che si affacciava al boom economico e che trovava nelle vacanze estive il momento di evasione e libertà. I suoi personaggi, ingenui e pieni di entusiasmo, squattrinati ma ricchi di sogni, impacciati ma determinati nella ricerca dell’amore, restano simboli di un modo di fare cinema che sapeva ancora ridere di sé, lasciando al pubblico il sorriso e la malinconia di un tempo che non tornerà più. Non era solo quello dei film estivi, ma un artista versatile, cresciuto nel teatro più serio con Strehler, formato nel cabaret più creativo del Derby Club, divenuto icona del cinema leggero italiano senza mai perdere autenticità e quella genuinità milanese che lo rendeva immediatamente riconoscibile e amabile.

Con Mauro Di Francesco se ne va un pezzo della storia del cinema comico italiano, quel cinema fatto di mare, sole, amori estivi e risate che ha accompagnato le vacanze di milioni di italiani. Se ne va Maurino, il ragazzo con gli occhiali da sole che sulla spiaggia di Forte dei Marmi gridava il nome di Alina nascondendo le lacrime, il milanese squattrinato alla ricerca della donna giusta, il simbolo di un’Italia che sapeva ancora sognare e divertirsi con semplicità. La sua faccia pulita, il suo sguardo malinconico, la sua risata contagiosa continueranno a vivere nei film che hanno fatto la storia della commedia all’italiana, ricordandoci che dietro ogni sorriso c’è sempre un po’ di malinconia, e che il tempo passa ma i ricordi restano, come quelle estati al mare che non tornano più ma che continuano a scaldare il cuore di chi le ha vissute. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!